A volte sono le notizie che non si notano, quelle che si trovano nascoste e non vanno in prima pagina, a rivelare molto di più se collocate in maniera opportuna nel quadro generale. Così l’intervista che Donald Trump ha rilasciato qualche giorno fa in esclusiva a Religion News Service sembra rivelare ed aprire una finestra su un mondo che ribolle negli Stati Uniti e vive l’imminente elezione presidenziale con prospettive che potremmo definire addirittura apocalittiche. Il bene contro il male, la vita contro la morte.

Trump ha infatti dichiarato di non essere più presbiteriano, ma di sentirsi un cristiano non appartenente a nessuna denominazione specifica. Il viaggio spirituale di Donald Trump è un capitolo della storia recente degli Stati Uniti di notevole interesse che nei prossimi anni impegnerà storici e politologi.

Ignoranza religiosa

In The Faith of Donald Trump David Brody e Scott Lamb avevano già provato a ripercorrere alcune delle tappe più significative dell’itinerario spirituale del presidente degli Stati Uniti. Una storia che nasce in grembo alla riforma protestante. Sua madre, presbiteriana, emigrò negli Stati Uniti dalla Scozia nel 1930.

La famiglia di suo padre emigrò negli Stati Uniti dalla Germania luterana. Donald Trump potrebbe rappresentare bene il prodotto di quella che Olivier Roy ha definito come “ignoranza religiosa”.

Come scrivono Brody e Lamb nel loro libro tuttavia Trump non rappresenta un’anomalia nel contesto statunitense. E’ nato e cresciuto in un contesto sociale che ha vissuto la crisi teologica e la perdita di numerosi membri delle comunità religiose. Oggi sono ormai una minoranza gli americani che conoscono le Sacre Scritture e la storia religiosa del paese e della propria comunità.

Interazione fra religione e politica

La conoscenza della Bibbia ha ormai livelli risibili anche fra i credenti, il tasso dei divorzi si è impennato, i comportamenti degli individui sono raramente influenzati dalle norme religiose. Tuttavia è forte l’interazione fra religione e politica.

Già a fine 2016, in quello che si rivelerà essere un intervento profetico, Russell Moore durante l’Erasmus lecture organizzata dalla rivista First Things aveva avvertito i suoi amici della destra religiosa del “problema Trump”: «La biografia e i valori di Trump potrebbero essere difficilmente più incompatibili con i principi e il tradizionale modello di vita cristiano».

Nel loro libro Brody e Lamb riportano uno scambio telefonico con il texano James Robinson, amico di Donald Trump e suo consulente spirituale. Robison “urla al telefono” a Brody e Lamb: “Dio utilizza persone imperfette per compiere la sua volontà perfetta. Lo ha sempre fatto e lo farà ancora”.

Sembra la saga della miniserie The Family che ha avuto un discreto successo su Netflix. Tutto è legittimo per fermare l’avanzata del secolarismo e la scristianizzazione definitiva del paese.

Così Donald Trump nell’intervista ha sottolineato che dall’inizio della pandemia, come molti americani, ha avuto modo di collegarsi ripetutamente con alcune chiese virtuali e di seguirne le cerimonie online. Quando gli elettori sono chiamati alle urne non votano semplicemente per un candidato, scelgono un messaggio.

La conferma di Amy Coney Barrett

Così il candidato Trump ha voluto mandare un ulteriore messaggio a quella Religious Right che lo ha scelto con percentuali che non lasciano adito a dubbi. Trump vuole essere percepito ancora di più come uno di loro, uno strumento imperfetto pronto però a compiere la volontà del Signore.

Anche la conferma di Amy Coney Barrett a giudice della Corte suprema degli Stati Uniti va in questa direzione. Le opere del resto, per tutto un mondo, non sono conferma o fondamento della propria fede che ha invece come unica base incrollabile la parola di Dio. La giustificazione del peccatore è opera di sola grazia. Donald Trump però è un costruttore e alle opere sembra tenerci.

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