Nell’indimenticabile caldo agosto del 2022 c’era la guerra in europa, il fascismo era pronto, l’America andava verso una guerra civile. E in Italia si si preparava a votare, con brutti presagi….

Però, secondo il mio personale fornitore di notizie riservatissime, è praticamente impossibile prevedere il risultato delle elezioni italiane, perché sono le prime che si svolgono “in tempo di guerra”. C’è l’Ucraina, il governo Draghi ha sostenuto con decisione Zelensky, la Nato, l’invio di armi con grande partecipazione popolare; i vincitori annunciati Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni sono invece schieratissimi con Vladimir Putin, Viktor Orbán e il patriarca Kirill. Ma quando c’è una guerra in corso, molte sorprese possono accadere: la storia insegna. Per esempio il fascismo in Italia cadde, e Mussolini venne arrestato, quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia, luglio 1943.

Quindi, per uscire dalla depressione, il mio pusher di ottimismo mi ha regalato un film in dvd.

Marilyn Monroe

Il film, del 1951, si chiama Il principe e la ballerina, cast stellare con Lawrence Olivier e Marilyn Monroe. Trama: il reggente di un piccolo stato dei Carpazi, con tanto di monocolo, è a Londra per i funerali della Regina Vittoria nel 1901; sbrigati gli impegni diplomatici si concede un piccolo flirt con una pimpante-svampita ballerina americana, quando arriva un telegramma: il giovane nipote del reggente sta organizzando un colpo di stato approfittando dell’assenza dello zio.

Che fare? L’uomo è distrutto e apre il suo cuore alla ballerina, che gli spiega cosa deve fare: «Convochi le elezioni, Sua Reggenza. Le elezioni sono uno spasso, non si sa mai chi vince. E faccia sapere a suo nipote che avrà quella motocicletta che desidera».

Ah, se solo Enrico Letta avesse una consigliera così, nei pochi giorni che restano.

Altra cosa che può cambiare le carte in tavola: l’America. Tutta la destra italiana ha fatto sempre, e fa ancora, un tifo sfacciato per Donald Trump, che come sapete vuole assolutamente candidarsi per tornare presidente nel 2024. Solo che adesso è scoppiata questa grana del Fbi con gravi accuse di spionaggio annesse: il solito complotto contro di lui o una valanga che lo travolgerà?

A questo proposito vi segnalo una storia del passato, il cui inizio ho preso paro paro da Wikipedia:

Tra Mar-a-Lago e Parigi

AP Photo/Julia Nikhinson

«Il 26 settembre 1894, Madame Bastian, un’anziana donna impiegata come addetta alle pulizie nell’ambasciata di Germania a Parigi, consegnò come al solito il contenuto del cestino per la carta straccia dell’attaché militare Maximilian von Schwarzkoppen, al maggiore Hubert Joseph Henry, addetto alla vice-direzione del Bureau di controspionaggio del Ministero della Guerra francese, chiamato eufemisticamente “section de statistiques”. Il maggiore Henry trovò una nota, chiamata d'ora in poi bordereau, in cui si dava una lista con «qualche informazione interessante: 1) una nota sul freno idraulico del 120 e sul comportamento di quel pezzo; 2) una nota sulle truppe di copertura (…); 3) una nota sulle modificazioni alle formazioni d'artiglieria; 4) una nota relativa al Madagascar; 5) il progetto del manuale d'artiglieria da campagna (14 marzo 1894)», che l'anonimo scrivente (la lettera non era firmata né datata) si offriva di vendere ai tedeschi. Alla Sezione statistica si pensò che solo un ufficiale di stato maggiore, che avesse prestato di recente servizio nell'artiglieria, avrebbe potuto aver accesso ai documenti in questione. Fra i 4 o 5 ufficiali sospettabili c'era...»

Beh, un colpevole è sempre meglio trovarlo. Chi è la talpa che ha segnalato al Fbi dov’erano i documenti top secret che Trump si era portato con sé dopo la caduta? Si aspettano sorprese, e tutti dicono saranno grosse.

Per quanto riguarda invece il famoso bordereau, lo Stato Maggiore indicò il capitano Alfred Dreyfus, l’ebreo. La sua storia la conoscete tutti: l’affaire Dreyfus cambiò la storia dell’Europa per mezzo secolo. Ora è possibile che le venti scatole top secret spingano l’America verso la guerra civile. E può darsi anche che il complotto di Mar-a-Lago abbia un seguito nelle elezioni italiane; un viaggio in America, prima del voto, lo si fa sempre, per portarsi dietro una fotografia. Forse però Salvini e Meloni ci penseranno due volte. Più facile piuttosto che l’Fbi (il Bureau) abbia un dossier su di loro.

Elezioni e propaganda

Nessuno, in genere – tranne forse a Sparta – anela ad andare in guerra. E quando c’è una guerra in vista, tutti i politici promettono di proteggere i nostri ragazzi. Nixon e Johnson fecero il grande errore di introdurre la leva obbligatoria per il Vietnam, ma furono poi quegli adolescenti mandati a morire, con la loro ribellione, a fare finire la guerra. E la stessa cosa successe all’Urss quando mandò un corpo di spedizione di ragazzi in Afghanistan.

Oggi la seconda guerra mondiale domina il nostro immaginario, il patto di Monaco, Stalingrado, lo sbarco in Normandia sembrano essere avvenuti appena ieri. Pierino Carlo Calenda viene chiamato “il Churchill dei Parioli”.

Franklin Delano Roosevelt era il candidato democratico alle elezioni del 1940. Aveva risollevato l’economia dalla depressione, ma ora la guerra era cominciata in Europa. La stragrande maggioranza dell’opinione pubblica voleva starne lontano; la grande stampa, i grandi industriali che facevano buoni affari con Hitler, gli eroi del populismo di allora. E così Roosevelt dovette promettere solennemente che l’America non sarebbe entra in guerra per proteggere l’Inghilterra e la Francia e che non un solo ragazzo americano sarebbe stato mandato a combattere in Europa. Non solo, l’America avrebbe garantito la sua neutralità non inviando armi a Londra.

Naturalmente vinse a valanga, ma Londra veniva bombardata ogni giorno dalla Luftwaffe.

Ci fu però un episodio quasi buffo. Churchill riuscì a comunicare via telefono con Roosevelt e lo implorò di inviargli aerei, bombardieri. Roosevelt trovò una soluzione bizzarra e la sottopose a Churchill. Possiamo fare così. Prendo degli aerei e li faccio arrivare in una base vicina al confine con il Canada. Qui li svuotiamo della benzina, e quindi non solo più oggetti volanti. Poi li facciamo trasportare via terra trainati da cavalli, oltre il confine.

Lì tocca a voi (il Canada era territorio della Regina) riempirli di benzina e farli partire. E funzionò, ci sono le foto di quadrimotore trainati da cavalli nella neve.

La neutralità venne rispettata, ma non bastò a proteggere l’America che venne attaccata dal Giappone a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941. Nel giro di un mese le forze armate americane assommarono 2,2 milioni di soldati, la metà dei quali volontari. Circa 290.00 vennero uccisi in combattimento, 670.000 tornarono a casa feriti con le loro facoltà mentali deteriorate.

“I cannoni di agosto”

Ci saranno sorprese, mi ripete il mio uomo, di qui al 25 settembre in Italia e al 5 novembre in America. August Surprise, September Surprise, October Surprise. Ha detto che mi terrà informato.

Aspettando, mi sono immerso nella lettura de I cannoni di Agosto (Mondadori), di Barbara Tuchman. Nella quarta di copertina, l’autrice si descriveva come una cinquantenne casalinga, madre di tre ragazze e moglie di un medico di New York. Oggi è considerata una delle maggiori storiche del Novecento. Il libro uscì in America nel 1962, fu l’inaspettato bestseller dell’anno, vinse il premio Pulitzer, e dire che il soggetto non era dei più allettanti: una dettagliata cronaca militare dell’avanzata del gigantesco esercito germanico nel primo mese, agosto 1914, della prima guerra mondiale, attraverso il Belgio, in territorio francese. Oltre 700mila uomini, le divise, i cannoni, l’artiglieria, i cavalli, i carri attraverso le strade polverose della Francia del nord, una marea senza ostacoli, guidata da una sicurezza: arrivare, come promesso dai generali al Kaiser, a Parigi in sei settimane e porre fine alla guerra sul fronte occidentale.

Il lettore sfoglia avidamente le pagine, ma conosce la storia: sa che non arriveranno mai, che ci sarà la battaglia della Marna, le trincee, milioni di morti, ma la forza del racconto è tale che il lettore se lo dimentica e diventa egli stesso un testimone diretto di quell’avventura, in un eterno presente come Fabrizio ad Austerlitz.

E per questa settimana è tutto. Adesso vediamo come evolvono le cose…

 

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