Quello che non uccide, fortifica. Questo può essere uno dei motti di Donald Trump, quello che ha mosso la sua carriera politica fino a questo punto.

Alcuni indicatori dicono che anche l’incriminazione da parte del procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg corrisponda perfettamente a questa tipologia di “ferite trumpiane”, come già accaduto con la sconfitta ai caucus dell’Iowa nel 2016, vinti a sorpresa dal senatore Ted Cruz, con la conquista della maggioranza da parte dei dem alle elezioni di midterm del 2018 e anche con i due processi di impeachment subiti prima e dopo l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.

Quest’evento sarebbe stato abbastanza per concludere la carriera di qualsiasi altro politico. Non la sua, che anzi ha costruito una mitologia su questo sempre più aderente alla narrazione diffusa dai seguaci di QAnon, quella teoria cospirazionista che lo presenta come alfiere delle forze del bene in lotta contro un’élite di satanisti pedofili della quale farebbero parte anche alcuni esponenti democratici, prima tra tutti Hillary Clinton.

Trump sta affrontando la vicenda aderendo pienamente a  questo spirito complottista. L’incriminazione riguardante l’accusa di aver pagato 130mila dollari alla pornostar Stormy Daniels, al secolo Stephanie Gregory Cliffords, per tacere durante la prima campagna elettorale nel 2015, falsificando i dati della sua organizzazione imprenditoriale, la Trump Organization.

Sondaggi in crescita

Per la legge di New York questo sarebbe un illecito, ma la procura non rivela al pubblico la fattispecie del reato, che forse mostrerebbe un collegamento a un crimine vero e proprio.

Se da un lato c’è l’esultanza dei progressisti e dei repubblicani antitrumpiani, che credono di aver trovato la pallottola magica per far fuori il Moloch, le cose sembrano non andare in questo modo.

Mentre le voci provenienti dall’ufficio del procuratore diventavano sempre più insistenti, il gradimento nei sondaggi aumentava, dopo un inizio di campagna elettorale piuttosto fiacco e noioso.

La forza di Ron DeSantis, il governatore della Florida che ha puntato tutte le sue carte su un rafforzamento delle guerre culturali contro la comunità Lgbt e le minoranze etniche, sta calando, anche per le sue giravolte sulla questione ucraina.

DeSantis stesso ha dichiarato che cercherà di impedire l’estradizione di Trump dalla Florida verso lo stato di New York, anche se in realtà può fare ben poco.

Anche la rete televisiva Fox News, che da tempo ha raffreddato i suoi entusiasmi nei confronti dell’ex presidente, racconta la vicenda come una «vendetta politica», un «ingerenza giudiziaria» o anche il rafforzamento delle sue chance nel 2024.

Del resto, Alvin Bragg, candidandosi a procuratore distrettuale della contea di New York nel 2021, aveva accusato il suo avversario di essere morbido nei confronti degli affari di Trump, esponendosi facilmente quindi alle accuse di politicizzazione.

La debolezza del caso viene anche notato non solo sulle pagine del Wall Street Journal, forse il più autorevole tra i giornali conservatori, che puntano il dito anche sulle possibili conseguenze future: cosa accadrebbe, ad esempio, se un procuratore di un altro distretto decidesse di indagare su Joe Biden in futuro? Si aprirebbe «un vaso di Pandora giudiziario».

Critiche anche da sinistra

Sorprendentemente, anche da parte progressista sono arrivate delle critiche a questo caso: il commentatore politico della Cnn Van Jones gli aveva consigliato di fare un passo indietro rispetto ad altre indagini in corso, ad esempio quella sulle pressioni illegali fatte per via telefonica al segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger per ribaltare l’esito delle elezioni nello stato.

Persino il Washington Post, uno dei giornali che è prosperato negli anni trumpiani per le sue critiche feroci all’ex presidente (Durante il suo mandato è stato aggiunto il motto sotto la testata “Democracy dies in darkness”) ha pubblicato un commento firmato dal board della redazione dove si pongono dei dubbi sulla solidità del caso con cui si dovrebbe incriminare l’ex presidente, sollevando precedenti come quello dell’ex senatore dem della North Carolina John Edwards, accusato nel 2011 di aver usato dei fondi della sua campagna presidenziale 2008 per coprire una relazione extraconiugale.

Procedimento legale, fanno notare i commentatori, finito con un nulla di fatto. Quindi, si conclude l’articolo, «se il caso non è inconfutabile, meglio non proseguire». Dal canto suo Donald Trump sta usando i suoi vari canali di comunicazione con i suoi sostenitori per ricavare nuovi fondi.

Soltanto nella settimana successiva al 18 marzo, quando Trump aveva dichiarato che il suo arresto era «imminente», ha raccolto 2 milioni di dollari in piccole donazioni.

Il 15 aprile, quando verranno pubblicati i dati riguardo al primo trimestre 2023, sapremo quali cifre saranno state raggiunte per «combattere contro questa caccia alle streghe politicamente motivata», come si legge in una mail spedita dal gruppo di fundraising Save America.

A completare il quadro ci potrebbe essere anche il suo arresto, che Trump vorrebbe spettacolarizzare con una sfilata in manette sotto l’ufficio del procuratore distrettuale Bragg (che probabilmente gli negherà l’opportunità) per meglio incarnare quell’immagine di leader in guerra contro forze oscure, immagine che è stata promossa anche durante un comizio nella città di Waco, in Texas, scelta non casuale anche perché nell’immaginario dell’estrema destra americana rimane legata all’assedio lanciato dall’Fbi tra il febbraio e l’aprile del 1993 al quartier generale della setta dei Branch Davidians di David Koresh, che si concluse con la morte di Koresh e di 85 suoi seguaci.

Trump vuole fare suo il ruolo del Profeta della destra radicale che viene perseguitato da un potere oscuro. Stranamente, i militanti repubblicani sembrano ancora essere dalla sua parte.

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