Pronto un decreto per abolire il dipartimento dell’istruzione. E partono tagli alla Cia. Ma non ha un potere illimitato: una giudice federale boccia la norma contro lo Ius soli
«Ho detto a Linda, “spero che tu faccia un ottimo lavoro nel toglierti dal tuo posto di lavoro”», ha riferito Donald Trump parlando di Linda McMahon, che non è ancora stata confermata dal Senato come segretaria del dipartimento dell’Istruzione ma già si deve preparare a lasciare il posto.
Nella logica di Trump, l’autoeliminazione è il segno non del fallimento ma del compimento della missione che le ha affidato, cioè tagliare anche questo ramo della burocrazia federale, sul quale sono appollaiati – nel racconto della Casa Bianca – burocrati pagati dai contribuenti per indottrinare studenti a forza di precetti woke.
Trump sta lavorando a un ordine esecutivo per iniziare il processo che porterà all’abolizione il dipartimento, obiettivo che il tycoon ha promesso durante la campagna elettorale e che è perfettamente in linea con le roboanti manovre di inizio mandato e i pieni poteri affidati a Elon Musk, incaricato di sventrare le strutture dello stato amministrativo.
«Spendiamo più soldi per studente di qualunque altro paese nel mondo, e siamo in fondo alla lista», ha detto il presidente, che propone di dare la gestione del sistema scolastico ai singoli stati. L’amministrazione spiega le bonifiche di alcuni dipartimenti con gli argomenti dell’efficienza, della razionalizzazione e del contenimento delle spese, ma nel caso dell’istruzione Trump ha anche legato il progetto alle culture wars dei conservatori sociali e della destra religiosa, componenti decisive della coalizione elettorale che lo ha riportato alla Casa Bianca. Nel caso dell’istruzione, le esigenze dei conti pubblici e quelle dello smantellamento ideologico convergono.
«Prosciugheremo la palude dell'educazione pubblica e fermeremo gli abusi dei dollari dei contribuenti per indottrinare i giovani americani con tutte le cose che non vorreste che i giovani sentissero», aveva detto in campagna elettorale.
L’amministrazione ha già costretto decine di funzionari del dipartimento ad andare in aspettativa nell’ambito della generale spinta alle dimissioni esercitata su milioni di dipendenti pubblici. Martedì Trump ha invocato politiche che rendano più semplice per le famiglie usare soldi pubblici per scegliere l’istruzione privata, e mentre tutti gli occhi sono su Gaza ha dato mandato ai suoi di redigere un drastico ordine esecutivo.
Non è il primo presidente che propone una riforma radicale del dipartimento per l’Istruzione, fino al passo estremo di abolirlo, ma il Congresso ha sempre resistito, riallocando fondi e competenze ad altri enti e agenzie.
Nel primo mandato, Trump aveva tentato di accorpare il dipartimento dell’Istruzione e quello del Lavoro sotto un’unica agenzia federale, ma perfino la maggioranza repubblicana alla Camera e al Senato non aveva votato per dirottare i fondi.
Tagli alla Cia
Musk ha anche brandito la scure verso gli apparati della sicurezza nazionale, che in un primo momento erano stati risparmiati dalla furia potatrice. I dipendenti della Cia hanno ricevuto l’offerta di abbandonare l’agenzia in cambio del pagamento dello stipendio, senza lavorare, fino al 30 settembre.
L’offerta è in quasi tutto identica a quella presentata agli altri dipendenti federali, ma nel caso della Cia sono stati disposti alcuni accorgimenti per evitare che un’ondata di dimissioni generi una crisi negli apparati di sicurezza. Il tentativo dovrebbe essere in particolare indirizzato all'ampio bacino degli agenti assunti dopo l’11 settembre 2001.
La più ampia federazione sindacale del paese ha lanciato una campagna per resistere ai tagli chiamata il Dipartimento delle persone che lavorano per guadagnarsi da vivere, in spregio al nome del dipartimento guidato da Musk.
Limiti all’onnipotenza
In questa orgia di decisioni su tutti i fronti, Trump sperimenta talvolta i limiti della sua onnipotenza. È successo mercoledì 5 febbraio, quando un giudice federale ha bloccato – per la seconda volta – l’ordine esecutivo con cui il presidente ha abolito lo Ius soli, disposizione subito congelata da un tribunale.
La giudice distrettuale del Maryland Deborah Boardman ha ulteriormente bocciato la misura, dopo che cinque madri che hanno avuto figli sul suolo degli Stati Uniti hanno presentato un ricorso.
La giudice ha detto che l’ordine di Trump è «probabilmente incostituzionale» (spetta alla Corte suprema stabilire l’incompatibilità con la Carta) ed «è contrario ai 250 anni di storia del nostro paese, segnati dalla cittadinanza sulla base del luogo di nascita». «Nessun tribunale nel paese ha mai approvato l’interpretazione che dà il presidente, e questo non sarà il primo», ha detto Boardman, motivando una decisione importante per dare forza alla lotta legale contro il provvedimento.
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