Il paese sotto shock dopo le scene di Washington: «Non è diplomazia, è bullismo». Il presidente sempre più isolato, l’Ue e il Canada sono rimasti gli unici partner
Un agguato pianificato per umiliare e costringere Volodymyr Zelensky ad accettare una pace alle condizioni del Cremlino. Per molti ucraini è questa l’unica lettura possibile di quanto accaduto venerdì 28 febbraio nello Studio Ovale della Casa Bianca, dove il ricevimento del presidente ucraino si è trasformato in un assalto senza precedenti da parte di Donald Trump e del suo vice, JD Vance.
Per cinque minuti abbondanti i due hanno incalzato il leader ucraino di fronte ai giornalisti prima di proseguire l’incontro a porte chiuse. Il resto della riunione è durato circa un’ora. Zelensky ha lasciato la Casa Bianca in anticipo, annullando la conferenza stampa prevista. Del famigerato accordo sui minerali che i due avrebbero dovuto firmare, nessuna notizia. Probabilmente l’unico a festeggiare oggi è Putin.
Un agguato?
Le cose tra Washington e Kiev non stavano andando bene, ma negli ultimi giorni sembrava che ci fosse stato un miglioramento nelle relazione. Trump aveva rinunciato alle più esose richieste presenti nel accordo minerario proposto all’Ucraina e aveva persino moderato i suoi toni.
Nessuno si aspettava che Trump annunciasse un invito per Kiev nella Nato, ma se dall’incontro fosse uscita una firma sull’accordo minerario, qualche generico impegno a offrire garanzie militare all’Ucraina in futuro e la promessa di continuare a consegnare, o almeno a vendere, armi a Kiev, il viaggio di Zelensky si sarebbe potuto considerare un successo.
Invece, il rituale coreografato si è trasformato in una rissa. Il che è doppiamente strano, considerato che prima che i toni si scaldassero, Trump aveva aperto proprio alla prosecuzione degli aiuti militari, affermando che li avrebbe ridotti, ma non fermati, almeno fino a che non si fosse giunti alla pace.
Difficile dire cosa sia accaduto a quel punto. A Kiev si pensa che almeno una parte degli attacchi rivolti a Zelensky fossero decisi in precedenza, con il vicepresidente Vance che a un certo punto ha interrotto una conversazione che appariva tranquilla per dire che trovava «irrispettoso» che Zelensky fosse venuto negli Stati Uniti a «litigare davanti ai giornalisti».
Zelensky ha risposto punto per punto, non accettando di farsi mettere in un angolo e mostrando visibilmente la sua frustrazione. «Non hai carte da giocarti», gli ha detto a un certo punto Trump. «Non sono venuto qui a giocare a carte», la risposta di Zelensky. L’immagine dell’ambasciatrice ucraina negli Stati Uniti che si copriva la faccia con una mano dice tutto quello che serve sul clima nella stanza.
Ed ora?
La conseguenza principale dello scontro di venerdì è che, fino a che Trump siederà alla Casa Bianca la leadership di Kiev e più in generale gli ucraini, faticheranno a riporre qualsiasi fiducia negli Stati Uniti. Per molti Washington non è più il principale alleato e nemmeno una grande potenza che si lava le mani del loro destino, ma un attore malizioso deciso a umiliarli.
Questo significa che qualsiasi eventuale accordo sulle risorse minerarie, qualsiasi garanzia di sicurezza, consegna di armamenti o promessa di futura vendita di missili o aeroplani, saranno trattate da Kiev come un’apprezzabile surplus, ma che i fondamentali per garantire la sicurezza del paese andranno cercati altrove. Principalmente, in Europa e Canada.
Il tavolo si è completamente rovesciato rispetto a soltanto un mese fa, quando Zelensky dichiarava che le garanzie militari fornite dall’Europa non sarebbero mai state sufficienti senza l’apporto degli Usa. Ora invece, l’Europa è la sua unica possibilità per non dover affrontare da solo la Russia in guerra e, dopo il futuro cessate il fuoco, per non doverla fronteggiare senza alleati anche in pace.
Il futuro di Volodymyr
In Ucraina, l’incontro avrà conseguenze al momento difficili da valutare. Non c’è dubbio che gli ucraini abbiano deciso chi è il cattivo di questa storia e che la gran parte di quelli che hanno seguito lo scambio in diretta, non ha incolpato certo il proprio presidente per la situazione in cui si è infilato.
«Quello che Trump e Vance stanno facendo è semplicemente una vergogna», ha scritto ad esempio il giornalista ucraino Ilya Ponomarenko sui social. Secondo la commentatrice Olga Tokariuk, quella andata in scena nello studio ovale «non è diplomazia, è bullismo».
Il traballante supporto per Zelensky si era già coagulato intorno a lui nelle scorse settimane, dopo che Trump lo aveva definito «un dittatore». Giornalisti, commentatori, leader politici, compresi i partiti di opposizione, si erano uniti a difesa della legittimità del loro presidente sotto attacco. C’è qualche segnale che lo stesso accadrà anche nei prossimi giorni dopo questo ennesimo attacco senza precedenti.
A Kiev in pochi si fanno illusioni sul medio-lungo termine: se ci saranno elezioni, Zelensky sarà battuto dall’ex comandante in capo delle forze armate, Valery Zaluzhny. Ma gli attacchi di Trump contribuiscono a ridare fiato alla sua leadership, appannata dopo oltre un anno privo di vittorie e di una prospettive positive per mettere fine al conflitto.
Oggi però si sono visti anche segnali che vanno in direzione opposta. Oleksiy Goncharenko, astro nascente del partito di opposizione Soldiarietà europea, guidato dall’ex presidente Petro Poroshenko, ha incolpato Zelensky per essersi fatto coinvolgere nella discussione e si è poi rivolto all’amministrazione Trump affermando: «L’Ucraina non è una sola persona».
La completa rottura delle relazioni con Washington potrebbe finalmente fornire agli ucraini meno soddisfatti del loro presidente l’occasione per dire, per la prima volta in tre anni, che è arrivato il momento di cambiare leader.
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