«Io non ho nulla a che fare con questa guerra». È questo il messaggio di Trump, scritto tutto in lettere maiuscole, a 24 ore dall’attacco aereo che a Sumy, in Ucraina, ha ucciso almeno 35 civili, secondo l’ultimo bilancio.Trump ha poi definito nuovamente il bombardamento che ha colpito un edificio dell’università nella città dell’Ucraina settentrionale «un errore» le ragione dietro ai suo sforzi di trovare un compromesso. «Il presidente Zelensky e Joe Biden il Corrotto hanno fatto un lavoro assolutamente orribile nel permettere che questa tragedia iniziasse», ha poi proseguito il presidente degli Stati Uniti. Parole che se da un lato presentano le solite critiche agli ucraini e al suo predecessore, dall’altro trasmettono tutta la frustrazione del leader convinto di poter ottenere la pace in 24 ore che ora si trova impelagato in una missione che appare ogni giorno più impossibile e che, cosa forse per lui ancora peggiore, lo fa apparire uno sciocco.

Era stato lo stesso Trump, venerdì, ad esprimere «frustrazione» per l’atteggiamento del Cremlino, che nonostante le continue aperture a parole nei confronti del cessate il fuoco, nei fatti sta facendo di tutto per ritardare qualsiasi compromesso. Venerdì,Trump era arrivato al punto da formulare un quasi-ultimatum al Cremlino: una pace entro aprile, o sarebbero arrivate nuove sanzioni. Ma il Cremlino è andato a vedere il bluff. L’incontro tra l’inviato di Trump, Steve Witkoff, e il presidente Putin si è risolto in un nulla di fatto, l’aviazione russa continua a bombardare le città ucraine e il presidente degli Stati Uniti continua a sembrare incapace di cambiare la situazione.

La reazione di Kiev

Intanto dall’Ucraina arrivano ulteriori conferme che nell’area dell’università era in corso una cerimonia militare per la consegna di medaglie. Il sindaco di Konotop, la seconda città della regione di Sumy, ha chiesto le dimissioni degli ufficiali che hanno autorizzato l’incontro.Ieri è anche uscita la notizia della morte di un colonnello dell’esercito nell’attacco. I militari presenti all’incontro si sarebbero salvati poiché si trovavano in un rifugio sotterraneo al moment dell’attacco.

Nel frattempo, le difficoltà di Trump sembrano aver dato nuova energia al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che negli ultimi giorni è tornato a incalzare la leadership americana, nonostante i rischi – già sperimentati – di ritorsioni. In un’intervista al programma del network Cbs, 60 minutes, zelensky ha invitato Trump a visitare l’Ucraina e a «incontrare la gente, i civili, i combattenti, gli ospedali, le chiese distrutti e i bambini uccisi» prima di prendere qualsiasi decisione sui futuri negoziati – l’intervista è stata registrata prima dell’attacco su Sumy. Zelensky è stato ancora più duro con il numero due di Trump. «Il vicepresidente Vance sta in qualche modo giustificando le azioni di Putin – ha detto Zelensky – Credo, purtroppo, che negli Stati Uniti prevalgano le narrazioni russe».

Zelensky aveva già mosso queste accuse un mese fa e Trump aveva prontamente risposto prima definendolo un «dittatore» e poi attaccandolo duramente durante l’incontro nello Studio Ovale, trasformatosi in un incidente diplomatico trasmeso in diretta mondiale. Gli attacchi di Trump e la conseguente sospensione temporanea degli aiuti militari, sono stati un problema per l’Ucraina, ma hanno contribuito ad alzare considerevolmente la popolarità di Zelesnky che, dopo essere stata in calo per due anni, è tornata oggi quasi ai livelli che aveva toccato nelle prime settimane di guerra.

Ma questo atteggiamento non è gradito a Trump che sembra aver già trovato il modo di rispondere a Zelensky. Sempre ieri, il presidente ucraino ha detto che il suo paese è pronto a spendere 15 miliardi di dollari per acquistare dieci sistemi antimissile Patriot (armi che renderebbero più difficili attacchi come quello di Sumy). Il messaggio sembra pensato per allettare Trump, che ha sempre criticato le donazioni gratuite di armi all’Ucraina. Ora però, sembra che nemmeno pagarle con soldi contanti sia sufficiente. Zelensky? «È sempre lì a cercare di comprare armi – gli ha risposto Trump ieri – Non inizi una guerra contro qualcuno grande venti volte te per poi sperare che qualcuno ti dia qualche missile».

Gli europei

Se tra Kiev e Washington i rapporti sembrano tornare verso il punto più basso toccato lo scorso marzo, l’Europa si sta invece lentamente muovendo per riempire il vuote che rischia di essere lasciato dal ritiro degli Stati Uniti. Ieri, il futuro cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha detto che la Germania è pronta a fornire all’Ucraina i missili a lungo raggio Taurus, se ci sarà un accordo con gli altri paesi europei.

Veloci, in grado di penetrare spesse blindature e con un raggio di centinaia di migliaia di chilometri, i Taurus sono una delle armi più desiderate dall’aviazione ucraina, ma fino ad oggi la loro esportazione era sempre stata vietata dal cancelliere socialdemocratico, Olaf Scholz, che temeva che l’uso di queste armi su suolo russo (dove si trova la maggior parte dei suoi possibili bersagli, come aeroporti e centri di comando) avrebbe potuto causare un’escalation. E infatti è arrivata puntuale la risposta del Cremlino alle parole di Merz.

La decisione di Merz, ha detto il portavoce di Putin, Dimitri Peskov, «porterà inevitabilmente ad un’ulteriore escalation della situazione intorno all’Ucraina». Peskov ha poi accusato l’Europa di fomentare il conflitto: «Sfortunatamente, le capitali europee non sembrano intenzionate a trovare una via per risolvere il conflitto, ma piuttosto a provocare un’ulteriore esclation della guerra».

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