Che succede alla lira turca che ultimamente viaggia sulle montagne russe? Asli Aydintasbas ha scritto sul Washington Post del 23 dicembre che, «la dottrina di fondo del presidente Erdogan consiste nella convinzione che i tassi di interesse sono la madre di tutti i mali e causano inflazione, sebbene l'ortodossia economica dica esattamente il contrario».

Inoltre Erdogan si schiera per motivi religiosi contro l’usura e quindi contro l’aumento dei tassi di interesse, passo però necessario per frenare la spirale inflazionistica. Queste due convinzioni di fondo, sono alla base di un esperimento sociale, politico ed economico che potrebbe far deragliare l’economia turca, un tempo sedicesima economia globale e ora arretrata al ventunesimo posto come riportato da un recente report del Fondo monetario internazionale.

I signori dei tassi

Asli Aydintasbas spiega che secondo la nuova disciplina economica sorta sulle sponde del Bosforo, che potremmo chiamare “Erdoganomics”, «mentre la valuta si svaluta e i cittadini si accalcano per convertire i propri risparmi in dollari, la conseguente volatilità del mercato può essere gestita, dichiarando una “guerra di indipendenza” contro i nemici stranieri». Insomma si butta la palla in tribuna e si accusano i “signori dei tassi” di inesistenti complotti internazionali.

Al centro del problema c'è il tentativo di Erdogan di prendere in mano una sofisticata e dinamica economia aperta ai commerci e gestirla come farebbe un emirato, sostituendo le istituzioni statali con un governo personalizzato.

Un altro crollo

Persone cercano di scambiare i loro soldi ad Ankara, in Turchia (AP Photo/Burhan Ozbilici)

 Così la Turchia rischia di diventare simile al Sud America per l'inflazione galoppante. E pensare che, dopo le misure imposte dall’allora ministro delle Finanze, ed ex direttore per l’Europa centrale della Banca mondiale Kemal Derviş, in carica dal marzo 2001 ad agosto 2002, l’economia turca venne rimessa in carreggiata, le banche ricapitalizzate e la banca centrale resa indipendente e dotata di poteri di controllo severi sulla gestione del credito. Fatte le riforme impopolari Dervis perse le elezioni nel 2002 e Erdogan si trovò il lavoro già fatto. Ora sta smontando le riforme ereditate da Dervis con il rischio di corsa agli sportelli bancari.

In questo quadro la lira è crollata di quasi l'8 per cento rispetto al dollaro lunedì a causa della persistente preoccupazione degli investitori sulla politica monetaria troppo espansiva della Turchia, dopo aver recuperato oltre il 50 per cento del suo valore la scorsa settimana dopo i massicci interventi di mercato per ben 8 miliardi di dollari sostenuti dalla banca centrale e dalla onerosa promessa del Tesoro di pagare le perdite di svalutazione ai risparmiatori che avessero tenuto i conti correnti in lire. Una mossa che secondo molti osservatori è un rialzo mascherato dei tassi.

Il costo degli interventi statali

Il rally della scorsa settimana ha riportato la valuta turca ai livelli di metà novembre. La lira era precipitata al minimo storico di 18,4 per dollaro, dopo uno scivolone durato mesi a causa dei timori di un'inflazione galoppante guidata da una serie di tagli dei tassi di interesse imposti da Erdogan.

Comunque ai livelli attuali la valuta turca ha perso ancora il 35 per cento rispetto alla fine dello scorso anno. Erdogan non demorde e ha presentato una riforma in base al quale il Tesoro e la banca centrale avrebbero rimborsato le perdite sui depositi in lire convertite contro valute estere, innescando il più grande rimbalzo giornaliero della lira.

Ma i problemi restano sotto il tappeto. Gli interventi statali sono costati alla banca centrale più di 8 miliardi di dollari la scorsa settimana, secondo stime di mercato. Erdogan ha promesso anche di aumentare i salari minimi del 50 per cento, salari che coprono il 40 per cento della forza lavoro complessiva, in una mossa simile alla scala mobile italiana degli anni Ottanta.

La fila ai negozi

(AP)

Intanto i turchi fanno la fila nei negozi per acquistare pane a prezzi calmierati grazie al sostegno delle municipalità in mano all’opposizione del Chp come Istanbul e Ankara, mentre i funzionari della annonaria controllano i prezzi minacciando multe salate ai negozianti e spinge verso il mercato nero.   

Erdogan ha affermato che i turchi hanno mostrato fiducia nella lira e che i depositi sono aumentati dopo l'annuncio del piano di tutela dei conti in valuta locale. Ma i dati dell'autorità di vigilanza bancaria, Bddk, mostrano che i depositanti turchi detenevano 163 miliardi di dollari, la stessa cifra di prima dell’annuncio.

La lira ha ricevuto sostegno dalla banca centrale che ha venduto dollari, ma ha altresì ridotto le riserve strategiche in valuta forte. Una politica di sostegni alla lira che ha il fiato corto mentre l'inflazione potrebbe superare il 30 per cento l'anno prossimo.

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