L’Ucraina a un passo dalla bancarotta. Appello Ue: «Servono 70 miliardi»

Il primo ministro polacco, Donald Tusk, ha denunciato lunedì 17 novembre un sabotaggio «senza precedenti». Un ordigno di piccole dimensioni ha danneggiato una linea ferroviaria a 60 chilometri dalla capitale Varsavia, la stessa tratta per cui passano i rifornimenti diretti all’Ucraina. «Cattureremo i responsabili, chiunque siano i loro mandanti», ha detto Tusk. Il sospettato numero uno è, ovviamente, il Cremlino: la sua campagna di sabotaggi in Europa è sempre più intensa. Episodi preoccupanti, certo, ma in questi giorni a Bruxelles è un altro il problema principale che riguarda l’Ucraina: entro febbraio, l’Ue avrà finito i soldi stanziati per sostenere Kiev, mentre nel solo 2026 il buco da ripianare nel bilancio ucraino ammonterà a 70 miliardi di euro solo e quasi altrettanti l’anno successivo. Senza questo denaro, Kiev non potrà pagare né stipendi né pensioni. Toccherà agli europei coprire in gran parte questa cifra, ha scritto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in una lettera allegata al rapporto destinato ai leader degli Stati membri su come far fronte a questo impegno e visionata dall’agenzia Afp. Se vuole salvare l’Ucraina, l'Europa deve uscire dalla sua ambiguità Effetti a cascata A quanto pare, infatti, la strada che passava per l’utilizzo degli asset russi congelati in Belgio, sembra sbarrata: troppo forte la resistenza del governo di Bruxelles, timoroso di effetti a cascata di questa mossa. In un modo o nell’altro, quindi, toccherà agli Stati membri sborsare il denaro. Ma su questa strada c’è un grosso ostacolo che si chiama “corruzione”. Per i leader europei sta diventando sempre più difficile giustificare il sostegno a Kiev senza una contropartita, soprattutto ora che lo scandalo esploso a Kiev sulle tangenti nel settore dell’energia si allarga ogni giorno – è stato tirato in mezzo il braccio destro di Zelensky, il potente capo di gabinetto, Andrii Yermak, mentre l’ex ministro della Difesa, Rustem Umerov, non torna nel paese da una settimana, secondo molti per timore di un arresto. Tra i molti che lo pensano, il premier ungherese Viktor Orbán è stato tra i primi a dirlo apertamente: «Quando è diventato chiaro che una mafia della guerra sta dirottando i soldi dei contribuenti europei, invece di chiedere un vero controllo o la sospensione dei pagamenti, la presidente della Commissione suggerisce di inviare ancora più fondi. Incredibile. Tutta questa faccenda è un po’ come cercare di aiutare un alcolizzato inviandogli un'altra cassa di vodka». Truppe in ritirata e scandali, il duro inverno di Zelensky. Kallas: «L’Ue si prepari alla guerra» L’accordo di Parigi Zelensky sembra essere cosciente di questa difficile situazione. «No, gli sforzi per contrastare la corruzione fino ad ora non stati sufficienti», ha ammesso di fronte alle domande dei giornalisti. Zelensky si trovava a Parigi, dove ha firmato una lettera di intenti per acquistare armamenti dalla Francia. In particolare, il leader ucraino e il presidente francese, Emmanuel Macron, si sono accordati per la vendita all’Ucraina di 100 caccia francesi Rafale e nuovi sistemi antiaerei SAMP-T, un pacchetto che da solo potrebbe valere oltre 20 miliardi di euro, quasi un terzo di tutti gli aiuti che l’Ucraina dovrebbe ricevere nel 2026. Anche se il contratto è spalmato su un decennio, lo scetticismo sull’accordo è molto diffuso tra i commentatori internazionali. L’accordo non è vincolante, la produzione di caccia Rafale ha già accumulato ritardi di anni e non è chiaro se l’anno prossimo Kiev avrà i soldati per pagare le pensioni, figurarsi le decine di miliardi necessari ad acquistare jet che difficilmente entreranno in servizio prima della fine del conflitto. In Ucraina la Russia sta trasformando i giornalisti in bersagli di guerra La “regina” Volodymyr La visita di Zelensky a Parigi mostra le difficoltà nel trattare con l’Ucraina dei leader europei. Se Macron ha optato per l’endorsment del leader di Kiev, in cambio di un (molto incerto) investimento nell’industria del paese, in Germania, il cancelliere, Friedrich Merz, ha deciso di usare un altro tono e, venerdì, ha chiesto a Zelensky di «fermare i giovani ucraini che stanno venendo in Germania e che dovrebbero invece servire il loro paese». Una frase che in molti hanno letto come un invito ad abbassare l’età di reclutamento degli ucraini, al momento fissata a 25 anni. Richiesta impopolare in Ucraina e nella sua classe politica, dove però le cose sembra che stiano iniziando a cambiare. Pochi giorni prima del discorso di Merz, il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, aveva detto al giornale Politico, di proprietà dell’editore tedesco Axel Springer, che l’età di mobilitazione in Ucraina andrebbe abbassata fino a 23 o 22 anni. Spingere in questa direzione rischia di coinvolgere l’Ue nel contraccolpo che questa mossa impopolare rischia di avere presso il pubblico ucraino. I media di Kiev ipotizzano anche altre soluzioni. Una delle più accreditate è il “commissariamento” di Zelensky, o l’ipotesi “regina d’Inghilterra”, cioè trasformare il presidente ucraino in una figura simbolica, ad esempio favorendo la formazione di un “governo di unità nazionale” che includa anche l’opposizione nazional-liberale del suo nemico giurato, l’ex presidente Petro Poroshenko; oppure costringendolo a liberarsi della sua cerchia ristretta, guidata dal potente e controverso Yermak. Scenari fantapolitici per ora, ma nell’attuale situazione tutto sembra possibile. Mosca martella l’Ucraina, Zelensky è azzoppato e Putin ne approfitta