Nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre, una barca salpata da Smirne, in Turchia, con a bordo numerosi migranti si è rovesciata nel mar Egeo, a largo delle coste greche. La guardia costiera greca ha subito avviato una ricerca dei dispersi in mare, ma a rendere difficile il lavoro dei soccorritori sono forti venti che complicano sia la navigazione sia la localizzazione.

In nove in salvo

Nonostante le difficoltà nelle ricerche la guardia costiera greca ha riferito di aver trovato e tratto in salvo nove uomini che, sfuggiti dalle correnti marine, si erano riparati su un isolotto roccioso disabitato nello stretto di Kafirea tra le due isole Evia e Adnros, a est di Atene. I nove uomini hanno riferito che al momento della partenza da Smirne sull’imbarcazione erano presenti 68 uomini. 

Gli altri naufragi

A inizio del mese di ottobre 2022 a largo della Grecia hanno naufragato altre due imbarcazioni che trasportavano migranti dalla Turchia. Il primo naufragio, avvenuto a nord est del mar Egeo, vicino a Levos, ha provocato la morte di 18 persone, tra cui 16 donne e un bambino. L’altro è avvenuto di fronte all'isola greca di Kythira, a sud del Peloponneso, in questo caso sono stati ritrovati 11 corpi, ma restano ancora disperse numerose persone. Il ministro greco dell'Immigrazione, Notis Mitarachis, allora su Twitter aveva invitato l’Europa a farsi carico della questione dei migranti scrivendo: «Le persone annegano dopo essere salite su imbarcazioni inadatte alla traversata. L'Unione europea deve agire». 

La crisi tra Grecia e Turchia

La prima crisi tra i due paesi nata dallo scontro per la gestione dei flussi migratori nasce a marzo 2020, quando almeno 135mila migranti, secondo le stime ufficiali, si assiepano al confine tra Turchia e Grecia in pochissime ore. La pressione dei migranti sul confine turco-greco è effetto di una sorta di ritorsione della Turchia sull’Unione europea.

Nel 2016, infatti, l’Ue e lo stato turco raggiungono un accordo che prevede che sia Ankara ad occuparsi della gestione dei flussi dietro l’esborso di una cifra di sei miliardi di euro. Le cose vanno bene fin quando il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, chiede all’Unione un sostegno per intervenire militarmente in Siria contro l’avanzata dell’Isis e, in contemporanea, sostenere il regime di Bashar al Assad. L’Europa nega gli aiuti ed Erdogan decide di spostare al confine tra Grecia e Turchia i profughi sparsi all’interno del proprio territorio proprio per mettere sotto pressione l’Europa. 

La situazione attuale

Ora la situazione, che allora si era risolta anche grazie all’intervento del presidente del parlamento europeo David Sassoli, rischia di precipitare di nuovo. Il 21 settembre 2022 il ministro della protezione dei cittadini, Takis Theodorikakos, ha denunciato un “piano organizzato” di Ankara per spingere nuovamente i migranti al confine greco turco. Il ministro dell’immigrazione, invece, ha proposto di estendere di 80 metri il muro di Evros che separa i due stati e alluso alla possibilità di rimpatriare i migranti visto che «la Turchia non è un paese in guerra». 

La Turchia, da parte sua, accusa la Grecia di aver militarizzato le isole dell’Egeo, in particolare Lesbo, prossima alle coste turche e vero e proprio hotspot a cielo aperto, violando così delle convenzioni internazionali in materia di migrazione.

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