La più grande delle batoste per l’ex presidente porta la firma di Fani Willis, che ha raccolto oltre 40 capi d’accusa per dimostrare che il repubblicano e la «gang» di 18 sodali volevano ribaltare il voto
È arrivata anche l’imputazione georgiana: il portafoglio di accuse per il candidato alla presidenza statunitense Donald Trump si riempie sempre più. Le quasi cento pagine che compongono l’atto di accusa riferiscono che il repubblicano Trump ha tentato di ribaltare gli esiti elettorali del 2020 in Georgia perché a lui sfavorevoli.
Gli piombano ora addosso accuse pesanti di «cospirazione elettorale»; e oltre all’ex presidente finiscono accusati anche altri suoi 18 sodali, tra i quali Rudy Giuliani e figure che con Trump hanno svolto compiti importanti alla Casa Bianca.
Le indagini di Fani Willis
Le carte parlano di «un’organizzazione criminale». Quarantuno le accuse, 19 gli imputati. Questa vicenda giudiziaria ha inizio a febbraio del 2021, quando Fani Willis comincia la sua indagine.
Willis è la procuratrice distrettuale della contea di Fulton, in Georgia. Ed è «steely»: d’acciaio, tenace; così la descrivono i commentatori statunitensi, riferendosi al fatto che di fronte ai crimini è abituata a non demordere. In questo caso ha fatto leva su dispositivi normativi originariamente concepiti per le gang, le organizzazioni criminali; ma che sono già stati utilizzati anche per colletti bianchi.
Questa volta la «organizzazione» in questione è composta da Trump e dai suoi sodali.
Tra i cospiratori ci sono l’ex avvocato di Trump, Rudy Giuliani, e l’ex capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows.
Le 98 pagine riportano che i 19 accusati «si sono consapevolmente e volontariamente uniti a una cospirazione per cambiare illecitamente l'esito del voto perché risultasse a favore di Donald Trump».
La «cospirazione» di Trump
L’ex presidente e i suoi stretti alleati hanno, in sintesi, cercato di ribaltare l’esito elettorale.
I capi di accusa sono 41, tra i quali 22 relativi a documenti e dichiarazioni falsi, 3 su frodi elettorali o allo stato; non manca la manomissione di computer, o i tre capi d’accusa relativi al tentativo di influenzare testimoni. Essendo oltre 40, si può parlare per legge di un «modello di attività di racket».
Questa non è la prima volta che Trump finisce in un’indagine, ovviamente. Si tratta per la precisione del quarto procedimento penale contro di lui nel giro di qualche mese.
Ma è al contempo la più grande delle batoste. E in generale, con Trump, è la prima volta che un ex presidente statunitense affronta accuse penali.
Tra le oltre 40 accuse formulate da Willis, c’è quella di aver il “RICO” (il Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act), il che è punibile con fino a 20 anni di carcere.
Cosa succede ora
La procuratrice ha dato alla «organizzazione criminale» tempo fino al 25 agosto per arrendersi volontariamente alle autorità, dopodiché li processerà tutti insieme.
La strategia già seguita in passato dagli avvocati dell’ex presidente, e che si suppone verrà utilizzata anche stavolta, consisterà nel cercare di spostare il procedimento da un tribunale statale a un tribunale federale. Intanto i legali di Trump hanno già bollato come «scioccanti e assurde» le accuse. E le casse della campagna elettorale si smagriscono per le spese legali...
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