Dopo circa un mese dalle dimissioni della rettrice dell’Università della Pennsylvania Liz Magill, sono arrivate quella della sua omologa di Harvard Claudine Gay. Non esattamente per lo stesso motivo.

A causare il ritiro di Magill dalla sua carica era stata l’indignazione per un’audizione di fronte alla Commissione Istruzione e Forza Lavoro della Camera lo scorso dicembre dove, oltre a Magill e a Gay, era stata protagonista anche un’altra rappresentante universitaria, Sally Kornbluth.

Il motivo della loro convocazione riguardava la crescita degli episodi di antisemitismo nei campus universitari nelle settimane successive allo scoppio della guerra in Medio Oriente tra Israele e Hamas.

Le tre accademiche avevano dato risposte evasive alla domanda della deputata repubblicana Elise Stefanik riguardo al fatto se certi episodi anche violenti di esplicito antisemitismo avessero violato o meno le regole di condotta degli atenei. A differenza di Magill però, Kornbluth e Gay hanno scelto di non dimettersi.

In quest’ultimo caso, la decisione è stata corroborata dal sostegno del consiglio dell’Harvard Corporation, che insieme al Collegio dei Supervisori governa gli affari del prestigioso istituto d’istruzione superiore.

Il plagio

A spingere Gay a gettare la spugna però è stato qualcos’altro: un’accusa circostanziata di plagio contenuta in un dettagliato articolo pubblicato dal giornalista Aaron Sibarium nel giornale online d’orientamento conservatore Washington Free Beacon, pubblicato lo scorso 11 dicembre.

Peraltro, già delle insinuazioni riguardanti la tesi dottorale di Gay e alcuni degli undici articoli pubblicati all’interno di riviste scientifiche stavano già circolando in un forum online dedicato all’università e anche un giornalista di nome Chris Brunet aveva scritto un articolo su questi rumor all’interno della sua newsletter.

Però gli articoli in questione erano scritti con un tono fazioso e pieno di livore personale (Brunet si era già scontrato con Gay quando era presidente della facoltà di Arti e Scienze nell’aprile 2022) e alla fine avevano avuto un impatto limitato soltanto in una ridotta fetta dell’elettorato conservatore.

L’articolo di Sibarium, invece, ha utilizzato un altro metodo: ha esaminato gli articoli di Gay, una politologa, mettendoli a confronto con quelli dei presunti lavori copiati anche attraverso l’uso di immagini.

Grazie all’aiuto di circa dodici accademici, tra cui spicca il nome di Peter Wood, antropologo e presidente della conservatrice National Scholars Association, ha valutato ventinove passaggi incriminati. Il giudizio di alcuni dei professori interpellati è stato tranchant: Steve McGuire, docente presso la Vilanova University, un ateneo di matrice cattolica della Pennsylvania, ha affermato che «certe cose non si accettano nemmeno da una matricola al primo semestre».

Altri invece, come Stephen Voss, uno dei presunti plagiati, hanno minimizzato la cosa dicendo che alla fine è soltanto qualcosa di inappropriato ma che non richiede sanzioni, anche perché fino a qualche anno fa non c’era la tecnologia per individuare rapidamente quando venivano copiati vari passaggi e persino interi paragrafi.

Secondo Dave Tomar, autore del libro The Complete Guide To Contract Cheating In Higher Education, il fenomeno è stato spesso diffuso più di quanto si pensi. Interpellato dal sito di National Public Radio, Tomar ha dichiarato che, per anni, è stato un «imbroglione» che scriveva articoli per conto di studenti e ricercatori facendo copia e incolla di interi passaggi andandoli a pescare nei lavori già scritti da altri su Google o su altri motori di ricerca più specifici.

La destra esulta

Anche se la destra esulta in modo esplicito, a cominciare dallo speaker repubblicano della Camera Mike Johnson che ha definito le dimissioni di Gay «a lungo attese», e anche uno dei principali agitatori delle guerre culturali di matrice conservatrice Chris Rufo parla di «un’operazione perfetta», l’autore dell’articolo Aaron Sibarium ricorda che le sue informazioni sono frutto di un lavoro giornalistico rigoroso, sul quale il mondo che simpatizza per i repubblicani, rispetto ai progressisti, ha sempre avuto un deficit, preferendo concentrarsi sulla battaglia delle idee.

Se in questo caso è stato un lungo articolo scritto interpellando esperti e mettendo a confronto dei ponderosi scritti accademici a causare la caduta della potente presidente dell’università di Harvard, in carica per appena sei mesi, la prima afroamericana in 387 anni di storia, il mondo conservatore si prepara tra meno di un anno a scegliere nelle urne un candidato come Donald Trump che ha fatto dell’imprecisione e dell’esplicita falsità delle informazioni che riporta quasi il suo marchio di fabbrica.

Un contrasto stridente che però passerà presto sottotraccia, sempre che anche altri lavori accademici non vengano passati al setaccio nelle prossime settimane. Del resto già nel recente passato il rettore di Stanford Mark Tessier-Lavigne si era dimesso dalla sua carica lo scorso 19 luglio 2023 per aver manipolato alcuni dati all’interno di diversi suoi articoli.

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