Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha accusato la Russia di bloccare l’esportazione di cibo. «Oggi ci sono 22 milioni di tonnellate di grano bloccati e i russi lo rubano costantemente e lo portano da qualche altra parte». «La comunità mondiale deve aiutare l’Ucraina a sbloccare i porti marittimi, altrimenti la crisi energetica sarà seguita da una crisi alimentare», ha detto il capo dello Stato.

«La Russia ha bloccato quasi tutti i porti e tutte le opportunità marittime per esportare cibo: il nostro grano, orzo, girasole e altro ancora. Queste strade devono essere sbloccate perché ci sarà una crisi nel mondo. Ci sono diversi modi per sbloccarla e un modo è l’esercito. Ecco perché ci rivolgiamo ai nostri partner con la richiesta di armi».

La crisi alimentare

L’Ucraina è considerata il granaio d’Europa e il blocco dei porti ucraini da parte della flotta russa nel mar Nero sta facendo lievitare i prezzi dei prodotti alimentari nel mondo e spinto l’India, nel timore di ulteriori rialzi dei prezzi e di scarsità di approvvigionamenti, a bloccare l’export di grano.

Dopo la terribile crisi alimentare ed energetica che ha devastato lo Sri Lanka nel continente indiano ora tocca all’Africa del Nord. «Milioni rischiano la morte» mentre la guerra in Ucraina colpisce le scorte di cibo, ha avvertito l’Egitto, il più popoloso paese della regione nordafricana. Il ministro delle Finanze egiziano, Mohamed Maait, ha così fatto eco all’avvertimento delle Nazioni unite che la crisi alimentare potrebbe durare per anni con pesanti conseguenze sulla stabilità dell’area e dei flussi migratori.

L’impegno italiano

Sul tema il premier italiano, Mario Draghi, ha chiamato il presidente ucraino e «ha assicurato il costante sostegno dell’Italia anche per approvare il sesto pacchetto di sanzioni alla Russia, pacchetto ormai svuotato della parte più significativa relativa al bando del petrolio e del gas russo, per l’ingresso di Kiev nella Ue e per sbloccare i porti ucraini».

Si tratta in dettaglio dei cosiddetti corridoi marittimi che dovrebbero, secondo Roma, consentire, a Kiev di far defluire le derrate alimentari fuori dai confini ucraini nonostante il blocco dei porti. Zelensky ha ringraziato Draghi per l’iniziativa a difesa della libertà di esportare i prodotti agricoli.

Lettonia indipendente

L’ex capo della società russa energetica Lukoil, Vagit Alekperov, ha messo in guardia, in una intervista al Financial Times, contro il divieto dell’Unione europea sul petrolio russo ritenuto «insostituibile». Sarà pure così ma la Lettonia la pensa diversamente.

Per non finanziare la «macchina da guerra» del presidente russo, a partire da oggi la Lituania non importerà né petrolio, né gas, né elettricità dalla Russia. Un passo «estremamente importante» verso «l’indipendenza energetica», secondo il ministro dell’Energia Dainius Kreivys.

È solo propaganda? Forse, ma il governo lituano vuole esprimere la sua solidarietà concreta all’Ucraina. Il carbone russo è già nella lista delle sanzioni dell’Ue, ma non il petrolio, né il gas, per i timori dei paesi più dipendenti da Mosca sul piano energetico tra cui Germania e Italia. Mosca ha tagliato le forniture di gas a Polonia, Bulgaria e Finlandia perché hanno rifiutato di pagare le forniture in rubli.

La doccia fredda di Parigi

Ma se l’Italia, secondo le parole espresse dal premier Draghi in parlamento, è favorevole all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea, la Francia del secondo mandato di Emmanuel Macron frena sulle aspettative di adesione di Kiev.

Il neo ministro francese per gli Affari europei, Clement Beaune, ha gelato gli animi con il suo cinismo travestito da realismo: «Bisogna essere onesti, mente chi dice che l’Ucraina entrerà nell’Unione tra sei mesi, un anno o due. Non è vero. Per l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue ci vorranno 15 o 20 anni. Sarà molto lunga».

Beaune ha poi aggiunto che nel frattempo Kiev potrebbe entrare a far parte della comunità politica europea proposta dal presidente Emmanuel Macron, un progetto che manterrebbe due percorsi diversi di avvicinamento a Bruxelles, il primo di seria A e un secondo di serie B, con meno obblighi e vincoli per i contraenti.

Intanto è arrivato in Ucraina il presidente della Polonia Andrzej Duda. La Polonia è uno dei principali paesi di destinazione dei rifugiati ucraini e uno snodo logistico strategico da cui arrivano i fondamentali rifornimenti esteri a Kiev dal giorno dell’attacco russo il 24 febbraio scorso.

L’attacco nel Donbass

Il presidente ucraino Zelensky ha parlato di situazione estremamente difficile nel Donbass dove i russi hanno ripreso l’offensiva. Secondo l’amministrazione militare di Lugansk, i russi dopo Mariupol stanno tentando di sfondare a Severodonetsk da quattro direzioni ma per ora sono stati respinti.

Fuoco su case e strutture civili, ha reso noto la polizia ucraina, nella regione di Donetsk, azioni che hanno provocato 7 morti. I russi inoltre hanno minato strade e ponti in quella di Kherson.

I militari della Azofstal

I negoziatori russi smentiscono di aver aperto alla possibilità di uno scambio di prigionieri tra i combattenti del battaglione Azov e l’oligarca filorusso Medvedchuk che, nei piano russi, avrebbe dovuto prendere il posto di Zelensky.

Il presidente ucraino in una dichiarazione ha legato però la sorte dei militari alla ripresa degli stessi negoziati di pace che sono di fatto congelati dall’ultimo tentativo svoltosi a Istanbul sotto la mediazione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Ma Mosca, su pressione dei deputati della Duma, ha fatto dietrofront e ora vorrebbe processare i prigionieri della Azofstal per crimini di guerra. Infine in Russia si registrano i primi segni di opposizione alla guerra. Sui social molti utenti russi hanno postato un video con molte persone davanti ad un palco che cantano contro la guerra. La registrazione sarebbe stata fatta durante un concerto del gruppo rock russo Kiss Kiss venerdì scorso a San Pietroburgo. Una piccola crepa nel sistema di controllo sociale in Russia che in futuro potrebbe però allargarsi.

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