Il presidente ucraino martedì sarà in Arabia Saudita, ma non parteciperà ai colloqui Usa-Russia. Mentre tra Kiev e Washington scende un gelo sempre più profondo, il leader ucrino guarda all’Europa
Martedì 18 in Arabia Saudita si troveranno tutti, o quasi, i protagonisti della crisi in Ucraina. La delegazione USA, capeggiata dal segretario di Stato Marco Rubio, e quella russa, guidata dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Anche il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sarà a Riad, ma soltanto per discutere con il governo saudita. «L’Ucraina non parteciperà ai colloqui – ha detto Zelensky – Non sappiamo nulla di questi incontri e consideriamo inutile ogni negoziazione sull’Ucraina senza la partecipazione dell’Ucraina. Non riconosceremo nessun accordo raggiunto senza di noi».
Le parole del presidente ucraino arrivano dopo che le relazioni tra Washington e Kiev hanno raggiunto un nuovo punto basso, prima con la telefonata Trump-Putin, poi con le dichiarazioni, parzialmente ritrattate, del segretario alla Difesa, Pete Hegseth, che aveva proposto come posizione negoziale degli Stati Uniti una sostanziale capitolazione di fronte a tutte le richieste del Cremlino.
Come se non bastasse, l’amministrazione Trump ha proposto a Zelensky di cedere agli Stati Uniti il 50 per cento dei diritti di sfruttamento delle risorse naturali del Paese come risarcimento per gli aiuti militari forniti fino a questo momento. Gelida la risposta di Zelensky: «A mio avviso non è un accordo che ci offre garanzie». Per Kiev, che sperava di “comprare” nuove armi e garanzie militari con questa proposta, è stato l’ennesimo schiaffo.
Le opzioni di Kiev
La lista di opzioni per Kiev si fa sempre più corta. La speranza principale, qui nella capitale ucraina, resta quella di uno spettacolare fallimento dei negoziati, una rottura tra Trump e Putin che spinga l’imprevedibile leader americano a raddoppiare il sostegno a Kiev per punire il Cremlino. Ma nell’attesa, e con segnali di intesa tra i due poco incoraggianti («I russi hanno una macchina potente, hanno sconfitto Hitler, Napoleone», ha detto Trump), servono altre soluzioni.
Zelensky prova quindi a guardare all’Europa. Dopo aver auspicato la nascita di un esercito europeo durante uno dei suoi interventi alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha detto: «Abbiamo fatto progressi importanti sulla presenza di contingenti europei in Ucraina». Un riferimento alla possibilità che, dopo un eventuale cessate il fuoco, in Ucraina venga dispiegato un contingente internazionale.
Era stato lo stesso Zelensky a escludere questa possibilità, affermando che senza la presenza americana un simile contingente sarebbe inutile. Ora, però, l’idea si sta facendo sempre più concreta. Washington vorrebbe la presenza di una forza internazionale, mentre diversi leader europei pensano a una spedizione formata da truppe del Vecchio Continente. Il premier britannico, Keir Starmer, ha detto che il suo Paese è pronto a schierare una forza di pace in Ucraina, e anche il francese Emmanuel Macron sembra sulla stessa linea.
In queste ore stanno circolando molte ipotesi sulla forma che potrebbe assumere questo contingente, ma è già chiaro che, con Washington che appare sempre meno affidabile, Zelensky sta guardando con crescente interesse al possibile aiuto europeo. Rimane, come su tutto, l’incognita russa. Il Cremlino ha già fatto capire che non ritiene accettabile la presenza di truppe straniere in Ucraina, un Paese che, a suo avviso, deve restare strettamente “neutrale”.
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