Con un lungo discorso di quasi 50 minuti, il presidente russo Vladimir Putin ha spiegato ieri le ragioni che lo hanno spinto a riconoscere le repubbliche separatiste dell’Ucraina orientale e a ordinare il dispiegamento di forze russe sul loro territorio, una decisione che potrebbe portare a un’escalation militare.

Nel suo excursus prima di comunicare la decisione dell’annessione, Putin ha ripercorso la storia della Russia e quella dell’Ucraina, esponendo le sue ragioni e la sua idea del mondo. È un insieme di fatti, date ed episodi che Putin esprime ormai da anni.

Contestato da molti nelle sue basi storiche e politiche, non di meno è un sistema coerente, che analisti di tutto il mondo usano per spiegare e, a volte, prevede i comportamenti del leader russo.

Rifiuto del mondo unipolare

Il primo assioma del mondo di Putin è il rifiuto dell’assetto “unipolare”, quello teorizzato alla fine della Guerra fredda e che considera gli Stati Uniti l’unica superpotenza rimasta.

«Considero il modello unipolare non solo inaccettabile, ma impossibile nel mondo di oggi», aveva detto Putin nel suo discorso alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007, considerato da molti il suo manifesto della politica estera e non solo (potete leggerlo per intero qui). Secondo il presidente russo, «si tratta di un mondo con un solo padrone, un solo sovrano».

Ma per Putin un simile mondo unipolare non può esistere perché in realtà ci sono molti attori con sufficiente forza militare ed economica da poter agire in modo indipendente. Questo sistema è non solo impossibile, ma anche ingiustificato. «Ancora più importante è che questo modello ha un difetto costitutivo e ciò che non può essere il fondamento morale della moderna civilizzazione». In altre parole, un modo unipolare è ingiusto, perché consegnato all’arbitrio di una sola potenza non tenuta a rispettare regole comuni.

L’idea che il mondo della Guerra fredda fosse pericoloso, ma che avesse un suo equilibrio che si è perso con la caduta dell’Unione sovietica, Putin lo ha espresso anche anni dopo, in una famosa intervista concessa all’allora direttore del Financial Times Lionel Barber pubblicata nel giugno del 2019.

All’epoca della Guerra fredda, aveva detto Putin, «c’erano almeno alcune regole a cui tutti i partecipanti della comunità internazionale aderivano o almeno cercavano di seguire». Regole dettate dalla forza relativa dei due contendenti, ma comunque regole che davano ordine al mondo.

L’ipocrisia degli Stati Uniti

Il secondo assioma di Putin deriva da questa considerazione: gli Stati Uniti e i suoi alleati ora non rispettano più alcuna regola, si arrogano il diritto di essere nel giusto, ma questa è una posizione ipocrita, giustificata solo dalla loro pretesa, erronea, di essere la potenza egemone al mondo.

«Siamo testimoni di una tendenza in cui paesi che proibiscono la pena di morte anche per gli assassini partecipano ad operazioni militari che è difficili considerare legittime. E queste operazione generano conflitti che uccidono centinaia, migliaia di persone!», aveva detto Putin a Monaco.

Putin si riferisce alle numerose operazioni militari, spesso intraprese dalla Nato, senza il consenso dell’Onu: dai bombardamenti in Serbia del 1999 all’invasione dell’Iraq nel 2003. Ma l’unica fonte di legittimità internazionale non possono che essere le Nazioni Unite, l’istituzione che rappresenta l’antitesi del mondo unipolare e l’unica in cui Russia e altre potenze, come la Cina, godono di un diritto di veto.

«Resto convinto che l’unico meccanismo che può prendere decisioni sull’utilizzo della forza come ultima risorsa sia la carta delle Nazioni Unite – aveva detto Putin a Monaco – La Nato e l’Unione europea non possono essere un sostituto dell’Onu».

Il ruolo delle armi atomiche

In un mondo in cui una potenza cerca di diventare egemone a scapito di attori indipendenti, a volte aggirando l’unico consesso internazionale in cui potenze minori come Russia e Cina possono far valere il loro diritto di veto, l’equilibrio militare diviene l’unico ostacolo alla realizzazione concreta di un mondo unipolare.

Non sorprende che quindi il terzo assioma di Putin siano le accuse agli Stati Uniti di voler alterare l’attuale bilanciamento di forze. Per questo, il presidente russo è, almeno a parole, uno dei più convinti sostenitori dei tratti per il controllo delle armi, in particolare di quelle nucleari. 

Per Putin, il principale rischio di destabilizzazione delle relazioni internazionali «è collegato alla stagnazione dei trattati sul disarmo». Il presidente russo, infatti, sa che con il suo potenziale industriale la Russia non può in alcun modo competere con la Nato. Anche se la Russia ha un esercito convenzionale numeroso e tecnologicamente avanzato, le risorse dei suoi avversari sono incomparabilmente maggiori. 

L’unico settore in cui al momento esiste una qualche forma di parità è quello delle armi nucleari ed è questa forza atomica a garantire l’autonomia della Russia, come Putin non si stanca di ripetere.

Ma questo bilanciamento, per Putin come per molti dei suoi consiglieri, è minacciato dalla ricerca tecnologica degli Stati Uniti, che negli ultimi anni è tornata a progredire nella ricerca antimissile e nella “militarizzazione” dello spazio, due strade che potrebbero portare alla neutralizzazione della “parità nucleare” tra i due paesi.
«L’opinione russa è che la militarizzazione dello spazio potrebbe avere conseguenze impreviste per la comunità internazionale e potrebbe provocare anche l’inizio di una nuova era nucleare», aveva detto Putin a Monaco prima di esporre un suo piano per rinnovare gli sforzi di disarmo e limitare la ricerca di quelli che definisce sistemi «destabilizzanti», come i missili anti-missile.

Anche su questo tema, Putin accusa Stati Uniti e gli alleati di ipocrisia. Mentre infatti si proclamano interessati alla pace, si sono ritirati da una serie di trattati sul disarmo, come quello sui missili a gittata intermedia e quello sulla ricerca dei missili anti-missile. Inoltre, e questo è un cavallo di battaglia della retorica putiniana, la Nato ha proseguito la sua avanzata verso i confini della Russia, allargando l’alleanza, costruendo nuove basi sempre più ad est, proprio mentre la Russia ritirava le sue.

Ma secondo Putin non è solo la Russia a essere vittima di questo comportamento. Anche la Cina si trova nella stessa situazione. Nella sua intervista al Financial Times, Putin ricordava al suo intervistatore: «Lei ha ricordato lo sviluppo delle forze navali cinesi. La Cina spende in tutto 117 miliardi di dollari in difesa, se la memoria non mi inganna. Gli Stati Uniti ne spendono più di 700. E voi vorreste spaventare il mondo con le spese militari della Cina?».

Arriviamo così alla conclusione del discorso di Putin a Monaco, una sorta di riassunto-manifesto di questo desiderio di autonomia e parità, da garantire con le armi se necessario: «La Russia è una paese con una storia lunga più di un millennio e ha sempre avuto il privilegio di condurre una politica estera indipendente. Noi non cambieremo questa tradizione».

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