Uno dei primi compiti che avrà davanti a sé il governo di Giorgia Meloni sarà quello di riorganizzare almeno sette ministeri che hanno cambiato nome o competenza. La prima novità riguarda il ministero della Transizione ecologica che torna a essere ministero dell’Ambiente ma perde il mare - sua storica competenza- e continuerà a occuparsi di energia solo per quanto riguarda i profili di sicurezza, perdendo le funzioni relative alle infrastrutture e all’efficienza energetica. La scelta di riportare in vita il ministero dell’Ambiente deve essere valutata positivamente anche perché il tentativo di scimmiottare l’omologo ministero francese, senza averne alcuna cultura, è parso a tutti un vero fallimento.

Il ministero e le imprese

Il ministero dello Sviluppo economico tornerà a occuparsi di imprese a 360° gradi, comprese quelle cruciali del settore energetico, e riprenderà il commercio con l’estero che era stato trasferito al ministero degli Esteri; essendo, poi, divenuto il ministero del Made in Italy, dovrebbe acquisire dall’Agricoltura la promozione e la difesa del made in Italy agroalimentare. Ugualmente appare razionale che a tale ministero sia attribuita la competenza in materia di innovazione digitale, editoria e informazione.

A sua volta il ministero dell’Agricoltura, ora guidato da Francesco Lollobrigida, perde, nel nome, la gestione delle politiche forestali (che potrebbe razionalmente essere ricondotta al ministero dell’Ambiente, così da avere una tutela più efficace di boschi e foreste, specialmente dinanzi all’aumento degli incendi) e chiarisce, sempre nel nome, che le politiche alimentari devono essere dirette ad assicurare la sovranità alimentare: quest’ultimo concetto, erroneamente confuso con sovranismo o autarchia, traduce la volontà di preservare la biodiversità e la ricchezza delle colture tipiche e tradizionali non tanto per fare una guerra alle lobby del settore quanto per sostenere le produzioni locali in una logica di riscoperta dei territori e, quindi, di mantenimento dei paesaggi rurali storici.

Dalla Salute, questo ministero potrà prendere anche le competenza della sicurezza alimentare, uno dei principi cardine della sovranità alimentare.

Altra novità rilevante riguarda il neo-super ministro Raffaele Fitto che oltre alle tradizionali deleghe agli affari europei ha ricevuto quelle per le politiche di coesione e il Pnrr (funzione, quest’ultima, suddivisa tra Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia). Anche questa scelta appare del tutto funzionale a organizzare in modo più efficiente sia le risorse umane sia i negoziati europei: occorrerà capire, nel concreto, di quali strutture potrà giovarsi il ministro per gestire compiti di così grande responsabilità.

In ultimo il ministro delle Politiche del Mare e per il Sud dovrebbe acquisire, da un lato, le competenze del ministero dell’Ambiente relative a protezione della biodiversità marina, gestione delle aree marine protette, controllo in mare mediante la Guardia Costiera (competenza condivisa col ministero delle Infrastrutture) e, dall’altro, le competenze del ministero dell’Agricoltura in materia di pesca.

Il decreto necessario

Queste scelte, ancorché in molti casi siano sensate, pongono il governo in una situazione di immediata criticità: occorreranno, dapprima, un decreto legge, poi almeno nove decreti del presidente del Consiglio, circa 18 decreti ministeriali, e infine una quarantina di decreti direttoriali.

I processi di riorganizzazione dei ministeri – come confermato da ultimo in occasione della nascita dei ministeri del Turismo e della Transizione Ecologica – richiedono almeno 8-9 mesi in cui la macchina amministrativa resta totalmente ferma (se va bene… altre volte rema contro), in attesa di conoscere che fine farà, quali saranno i nuovi direttori generali, i nuovi obiettivi e la nuova sede di lavoro.

Per evitare questo blocco, occorrerà che i ministri interessati dalle riorganizzazioni non si lascino intrappolare dalla burocrazia ministeriale che, pur composta anche da eccellenze, tende a stritolare i nuovi arrivati in una morsa di priorità e urgenze indifferibili lasciando loro credere di essere l’unica a poterle affrontare. Sarà questo il primissimo banco di prova e da come sarà gestito molto si comprenderà sul futuro del governo.

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