«Chiediamo soltanto di vivere in sicurezza le nostre città. Non ci stiamo a essere ostaggio di cento miserabili che si sentono coperti da una politica che dovrebbe tutelare i cittadini onesti e che invece tutela chi in Italia non dovrebbe starci». La sicurezza in città è al centro delle arringhe, online e offline, di Simone Carabella, l’influencer romano noto alle cronache come uno dei principali ispiratori delle cosiddette ronde contro la microcriminalità.

Dal suo profilo Instagram da più di 52mila follower prende di mira, tra gli altri, «chi vive di espedienti» nelle palazzine occupate di Tor Tre Teste a Roma e «tutti i maranza di Corvetto, quartiere di Milano in preda al crimine e al degrado». La scorsa settimana ha parlato a una platea di un centinaio di persone (invitati anche Frank Mascia e “lady pickpockets” Monica Poli) radunate davanti alla stazione di Lambrate a Milano. Ha annunciato che si sarebbero ripresi il quartiere andando «a fare aperitivo in ogni bar della piazza», ma non prima di aver lanciato una raccolta firme per chiedere più forze di polizia nelle stazioni.

Farsi giustizia

Le ronde “anti-maranza” suggeriscono come la differenza tra “sicuro” e “securitario” ridisegni i profili delle città. «Farsi giustizia da soli denota una mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni, nata da un deterioramento dell’immaginario democratico», dice Florencia Andreola, urbanista di genere e autrice, insieme alla ricercatrice e collega Azzurra Muzzonigro, del libro Libere, non coraggiose. Le donne e la paura nello spazio pubblico. «Decidere che la sicurezza vada affrontata con strumenti securitari, come la militarizzazione delle città, significa delegare a qualcuno una gestione repressiva e quasi violenta della società», continua.

Il rischio è che la retorica securitaria finisca per punire gruppi di persone marginalizzate e razzializzate. Sono le «condizioni di povertà, di mancata dignità, di instabilità abitativa e lavorativa», secondo Andreola, la principale fonte di insicurezza. «Ma la politica vuole ottenere sempre risposte valide qui e ora, invece di avere in mente un’idea complessiva di città».

«Le ronde anti-maranza non possono produrre sicurezza, perché osservano il problema sbagliato», dice Demetrio, attivista del centro sociale Lambretta di Milano, parte della rete “A pieno regime - No ddl sicurezza. «A Milano e in Italia, l'insicurezza più diffusa è quella lavorativa e abitativa. Destra e sinistra liberale hanno svuotato il concetto di sicurezza dell’elemento di critica al sistema economico».

Questo tipo di retorica securitaria ha guidato diversi provvedimenti adottati dalla politica in Italia. «Le zone rosse stanno avendo gli effetti più tangibili sulle città - continua Demetrio - Rendono esclusivi luoghi che non possono più essere attraversati da persone migranti, straniere, senza fissa dimora». Sono state istituite su direttiva del Ministero dell’Interno, in città come Milano, Roma e Napoli, tra la fine del 2024 e il 2025 e puntano ad allontanare individui considerati pericolosi, con fogli di via e daspo urbani, da aree sensibili come stazioni ferroviarie, piazze della movida e zone note per attività illecite. «Il decreto Sicurezza, di cui le zone rosse sono un'anticipazione, per certi aspetti, è lo strumento che questo governo ha scelto per silenziare le voci di chi, con la propria presenza o attraverso iniziative, testimonia l'insicurezza sociale, come migranti, famiglie indigenti e movimenti sociali».

Immaginare una città alternativa, però, è possibile. «La sicurezza è legata a presidi spontanei - spiega Andreola, che insieme a Muzzonigro collabora con il Comune di Milano per mappare iniziative virtuose di urbanistica inclusiva - Cioè, si lega alla responsabilizzazione dei cittadini, che con la loro presenza garantiscono non tanto che in città non succeda più nulla di male, ma che vi siano luoghi in cui sia facile chiedere e ricevere aiuto». Un esempio concreto è il caso dell’iniziativa "Bellarquà” in via Arquà a Milano. «È un progetto di rivitalizzazione della strada, dove le persone inibiscono risse o reati, perché ormai quella è una via in cui si sta insieme».

Da “Bellarquà” è nata l’iniziativa Musica dalla finestra, dove vicini di casa possono affacciarsi al balcone o scendere in strada ad ascoltare la musica suonata da una delle finestre. Gli “Affacci solidali”, invece, accompagnano, guardandole dal balcone, le persone che attraversano la via per farle sentire al sicuro sotto lo sguardo dei vicini. «È un progetto nato proprio da questa emergenza della sicurezza - dicono Andreola e Muzzonigro - Oggi fa sì che quelle persone, che ormai si conoscono e si riconosono, possano contare su un aiuto reciproco».

© Riproduzione riservata