A Milano, il sindaco uscente Beppe Sala sembra aver ormai in tasca la rielezione e potrebbe vincere già al primo turno con il sostegno di quasi tutto il centrosinistra. Non era un risultato scontato in primavera, ma le difficoltà del centrodestra nel trovare un candidato e poi i litigi e le divisioni interne alla coalizione hanno quasi azzerato le possibilità di vittoria del pediatra Luca Bernardo, il candidato individuato con qualche difficoltà da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Il sindaco manager

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, detto Beppe, ha 63 anni e un passato da manager in numerose grandi società. Ritenuto vicino al centrodestra, nel 2009 è stato chiamato dall’allora sindaca di Milano Letizia Moratti nel ruolo di direttore generale del comune, incarico che Sala ha mantenuto per un anno e mezzo. Moratti e il centrodestra cittadino lo hanno anche nominato amministratore delegato di Expo 2015 Spa, la società incaricata di realizzare l’esposizione universale di Milano.

Ironicamente, sarà questa nomina a portarlo a candidarsi con il centrosinistra, sei anni dopo. Nel 2013, il presidente del Consiglio Pd Enrico Letta lo nomina commissario straordinario per l’esposizione universale. La manifestazione viene giudicata un successo e c on l’appoggio dell’allora segretario del Pd e presidente del Consiglio Matteo Renzi, Sala si candida a Milano. Nel 2016 vince al ballottaggio battendo per meno di tre punti percentuali il candidato di centrodestra, Stefano Parisi.

Nei cinque anni di amministrazione Sala, Milano ha continuato a godere della spinta generata da Expo, ha portato a compimento numerosi progetti avviati dalle giunte precedenti, comprese quelle di centrodestra, e sono stati avviati nuovi importanti progetti, come la riqualificazione degli scali ferroviari dismessi.

La pandemia ha colpito duramente la città e alcune uscite infelici hanno appannato l’immagine del sindaco vincente e di successo. Ma Sala è ancora giudicato di gran lunga il favorito. Negli ultimi anni ha utilizzato interventi di urbanistica tattica, poco costosi e rapidi da eseguire, per creare nuove aree pedonali e piste ciclabili e ha dato una svolta verde alla sua ricandidatura. Anche se la sua vittoria è stata risicata cinque anni fa, oggi ci vorrebbe uno sforzo quasi miracoloso da parte del centrodestra per insidiarlo.

Il caos del centrodestra

Il centrodestra milanese ha faticato a trovare le energie necessarie per riuscire in questo difficile obiettivo. Dallo scorso giugno, più di 25 candidature sono state proposte e bocciate da questo o quel partner della coalizione.

Tra i nomi fatti ci sono l’ex sindaco Gabriele Albertini e il deputato Maurizio Lupi, il manager ed ex giornalista Roberto Rasia dal Polo e il consigliere della camera di commercio americana in Italia Simone Crolla. In un momento di particolare confusione, la Lega ha provato a spingere Oscar Di Montigny, manager della banca Mediolanum, genero del fondatore e amico personale di Berlusconi Ennio Doris e curiosa figura di futurologo new age.

Alla fine la scelta è caduta su una figura poco conosciuta in città e praticamente sconosciuta nel resto del paese: Luca Bernardo, 54 anni, pediatra del Fatebenefratelli.

Bernardo ha fatto una campagna in “guanti bianchi”. Di Sala, ad esempio, ha detto che è «un bravo sindaco e un gran signore». Fino a ora, quello per cui si è fatto più notare Bernardo è il fatto che detiene un porto d’armi. Alcuni oppositori politici e giornali lo hanno accusato di portarsi l’arma in reparto, ma lui ha smentito.

Ancora peggiore per Bernardo è stata l’inchiesta video realizzata dal sito Fanpage, in cui in cui si vedono candidati di Fratelli d’Italia in comune e nei municipi di zona partecipare a eventi neofascisti e parlare apertamente di finanziamenti in nero destinati alla campagna elettorale. Il più importante esponente del partito coinvolto, l’eurodeputato Carlo Fidanza, si è autosospeso da tutti gli incarichi.

Altre scintille, sempre non positive, sono arrivate per questioni di soldi. A metà settembre, Bernardo ha minacciato di abbandonare la campagna elettorale se i partiti che lo sostengono non avessero versato almeno parte dei finanziamenti promessi. L’incidente si è risolto rapidamente, ma ha mostrato quanto poco lo stesso centrodestra creda in una possibile vittoria a Milano.

Il Movimento silenzioso

Il Movimento 5 stelle milanese sembra invece l’opposto del centrodestra. Niente fermento, niente voci e soprattutto niente candidati fin quasi all’ultimo momento. Poi, a pochi giorni dalla scadenza per la presentazione delle liste, in una riunione alla presenza del leader Giuseppe Conte, il Movimento milanese ha scelto l’imprenditrice Layla Pavone.

Sala non è sembrato particolarmente interessato ad ottenere il loro sostegno al primo turno. «Il Movimento 5 stelle è in transizione, dico di lasciarli lavorare», aveva detto alla fine di giugno. Ma non ha mai nemmeno chiuso la porta o attaccato direttamente il partito di Conte, nonostante l’opposizione che i consiglieri del Movimento gli hanno sempre fatto in consiglio comunale. Sala, dopotutto, è stato uno dei primi leader del centrosinistra ad auspicare un accordo nazionale con il Movimento (ed è anche un amico personale di Grillo). Un appoggio del Movimento al sindaco uscente in caso di secondo turno è giudicato abbastanza probabile.

La città

Città storicamente progressista, Milano è stata a lungo la culla dei grandi cambiamenti politici in Italia. Qui sono nati il fascismo, le Brigate Rosse e il berlusconismo. Milano ha affrontato lo spartiacque di Tangentopoli aprendosi prima al leghismo e poi a Berlusconi, il cui partito, Forza Italia, ha a lungo dominato la vita politica cittadina esprimendo due sindaci: Gabriele Albertini, che pure non ha mai avuto la tessera, e Letizia Moratti.

La natura progressista della città è riemersa con la sorprendente vittoria di Giuliano Pisapia nel 2011, un’esperienza di cui l’attuale sindaco Sala rappresenta una sostanziale continuità. È proprio con il voto per Pisapia che si verifica un altro fenomeno ancora importante in città.

Le aree periferiche hanno iniziato a virare verso la Lega e il centrodestra, mentre nei quartieri più benestanti, a cominciare dalla zona 1, il centro storico, fortino di Forza Italia fin dal 1994, ha prevalso nettamente il centrosinistra.

Milano, capitale economica del Paese, resta fortemente influenzata proprio dai poteri economici, a partire da quelli bancari, come la Fondazione Cariplo, la cosiddetta borghesia illuminata attenta al sociale che sostiene istituzioni che danno lustro alla città nel mondo, il Teatro alla Scala prima di tutti.

Negli ultimi decenni si è poi aggiunto il “potere” legato al mondo cattolico moderato, rappresentato da Comunione e Liberazione. Ma, al contrario di altre città, come accade ad esempio a Torino, non c’è mai stata e non vi è una figura o un’istituzione egemonica.

Il futuro

Come Torino, però, Milano ha un problema di deindustrializzazione. Le vecchie e grandi fabbriche hanno lasciato “buchi” periferici che la classe politica è riuscita a riempire con nuove funzioni. Il vecchio sito della Pirelli oggi è sede della seconda università pubblica di Milano, la Bicocca.

Molti quartieri però invecchiano, sia nell’età media degli abitanti e nello sgretolarsi degli intonaci dei palazzi. L’avvento del terziario avanzato ha reso Milano ancora più attrattiva e quindi più cara per viverci e ancora più escludente verso i vecchi e aspiranti cittadini a reddito medio basso.

Socialmente, Milano è identificata come città dei single, con quasi la metà dei nuclei familiari composto da una sola persona: anziani vedovi, ma anche lavoratori e studenti fuori sede. Milano resta il capoluogo italiano con il reddito pro capite più alto, ma con sempre maggiore difficoltà, sia per i giovani milanesi sia per gli aspiranti nuovi cittadini, di acquistare o prendere in affitto appartamenti.Sfide, queste ultime, che il futuro sindaco dovrà affrontare e che si annunciano ben più complesse che la ristrutturazione dei vecchi scali ferroviari o degli interventi di urbanistica tattica.

© Riproduzione riservata