Nella rossa Bologna, dove alle ultime elezioni, regionali ed europee, il Pd contava ancora su un tranquillizzante 40 per cento, la partita delle comunali appare già decisa. Tutti si aspettano una vittoria al primo turno di Matteo Lepore, candidato sindaco del Pd ed assessore della giunta uscente guidata da Virginio Merola.

Il suo avversario, l’imprenditore Fabio Battistini, spera che un miracolo gli dia accesso al ballottaggio, ma i sondaggi sono tutti contro di lui.

Più che l’esito dello scontro tra centrodestra e centrosinistra, alle elezioni di Bologna gli osservatori politici terranno d’occhio le dinamiche interne alla coalizione di Lepore. In particolare: chi prenderà più voti tra le liste che lo sostengono e che giunta uscirà dalla elezioni? Ha ragione chi definisce Lepore un uomo dell’apparato di partito o chi ne parla come futuro leader di un progetto più vasto del Pd e che guarda soprattutto verso sinistra?

Il sindaco designato

Quello di Matteo Lepore è prima di tutto il profilo di un sindaco designato o addirittura “destinato”: 41 anni, da dieci è assessore del comune di Bologna con deleghe importanti come turismo e cultura, che gli hanno fornito occasioni di confronto tanto con i commercianti, quanto con la sinistra vicina alle esigenze di giovani e studenti.

È considerato l’erede del sindaco uscente, Virginio Merola, e ha trascorso una vita nel partito e prima ancora nella Lega Coop, la potente associazione delle cooperative vicine al Pd. Oggi, ha il sostegno esplicito di tre ex presidenti del Consiglio (Romano Prodi, Enrico Letta e Giuseppe Conte), dello storico partito bolognese e dei settori economici che gli sono legati.

I suoi avversari e molti osservatori lo hanno descritto come una creatura dell’establishment politico ed economico che domina la città da decenni. «Lepore è una candidatura coltivata in vitro da una persona che si chiama Pierluigi Stefanini e fa il presidente di Unipol», ha detto a Domani Andrea Cangini, senatore di Forza Italia, ex direttore del Resto del Carlino e per settimane papabile candidato del centrodestra in città.

È innegabile che Lepore abbia l’appoggio convinto della vecchia guardia che governa la città da mezzo secolo. Ma è anche giovane, flessibile e abile a tessere alleanze. La coalizione che è riuscito ad assemblare arriva fino a una parte della sinistra radicale che si opponeva all’attuale sindaco (e che nel 2016 lo costrinse a un umiliante ballottaggio con il centrodestra). Lepore ha ottenuto anche il sostegno dei vertici nazionali e locali del Movimento 5 stelle, ma gli iscritti bolognesi sono in buona parte rimasti piuttosto freddi.

Bologna torna rossa?

Nel 2013, Lepore aveva sostenuto Matteo Renzi alle primarie del partito, ma oggi dice di sentirsi «più di sinistra che di centrosinistra» e che la coalizione costruita a Bologna è un esperimento che sarà importante anche a livello nazionale.

Tra le forze di sinistra che Lepore è riuscito a raccogliere la più rilevante è la Coalizione civica coraggiosa ecologista solidale, un nome complicato dietro al quale ci sono la vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein e la capolista Emily Clancy, consigliera comunale eletta per la prima volta cinque anni fa.

Il modello della lista è la sindaca di Barcellona Ada Colau, i valori sono quelli dei beni comuni, della partecipazione dal basso, dell’eguaglianza e dei diritti. Se non azionista di maggioranza, la lista spera di essere un forte influenza sulla futura giunta Lepore, un contrappeso che tira il vecchio apparato verso la radicalità di un progetto progressista ispirato alle moderne forze della sinistra europea.

Lepore sembra incline ad assecondare questo progetto. Tra l'appoggio a sinistra e l’alleanza con il Movimento 5 stelle, dice che il suo obiettivo è rendere Bologna la «città più progressista d’Italia», pur mantenendo il partito al centro di questo percorso. Come ha detto a Domani: «Il Pd per noi deve essere il baricentro di un progetto progressista, da questa pandemia noi dobbiamo uscire con una nuova sinistra».

Per il centrodestra, questo annuncio di svolta a sinistra è un terreno su cui colpire. «L’establishment lancia sulla scena politica, nel ruolo di sindaco già deciso, il candidato più di sinistra», dice Cangini.

Ma anche i moderati interni al Pd e al centrosinistra non sono contenti. Base riformista, la corrente Pd formata in gran parte da ex sostenitori di Matteo Renzi, non ha ricevuto posti nella lista del partito.

Si tratta, accusano, di una rappresaglia per aver appoggiato Isabella Conti, sindaca del comune di San Lazzaro e candidata di Italia Viva alle primarie di coalizione che in primavera hanno incoronato Lepore candidato sindaco.

Ma gli scontri tra fazioni hanno radici più antiche. L’affronto peggiore degli ultimi anni è stato compiuto da Matteo Renzi al momento della preparazione delle candidature in vista delle politiche del 2018, quando buona parte della minoranza del partito fu tenuta fuori dalle liste. È un episodio che ancora brucia a diversi dirigenti del partito bolognese, che non mancano di ricordarlo con amarezza.

Il centrodestra

Tra i ranghi del centrodestra non c’è mai stata la fila di dirigenti e personaggi di area disponibili a sfidare il Pd in una delle sue ultime imprendibili roccaforti. Contrariamente ai pronostici, però, quest’anno la coalizione aveva trovato un candidato solido. Si tratta proprio di Cangini, direttore del quotidiano cittadino tra 2014 e 2018 e poi influente senatore di Forza Italia.

Cangini è una figura piuttosto conosciuta in città. Difficilmente avrebbe potuto ribaltare l’esito del voto, ma potenzialmente poteva ottenere un buon risultato. Il leader della Lega Matteo Salvini, però, ha fatto pesare il suo potere di veto e ha insistito affinché il candidato di coalizione fosse un civico senza esperienze politiche, come ha preteso che avvenisse in quasi tutte le grandi città.

La scelta finale è caduta così su Fabio Battistini, 64 anni, riservato imprenditore della componentistica industriale. La sua speranza e quella dei suoi sostenitori era di intercettare il voto centrista, in fuga dalle “epurazioni” avvenute nel Pd e spaventato dalla sua possibile svolta a sinistra di Lepore. Figure come Pier Ferdinando Casini, eletto proprio a Bologna con il Pd all’ultima tornata (uno degli “sgarbi” che si dice la dirigenza bolognese volesse far pagare ai renziani).

I risultati

Stando agli ultimi sondaggi pubblicati prima del periodo di sospensione elettorale delle rilevazioni, sembra però che i moderati non siano più di tanto preoccupati da Lepore e dalla sinistra bolognese. Battistini è dato tra il 30 e il 35 per cento, mentre il candidato di centrosinistra viaggia tra il 50 e il 60 per cento. Un risultato potenzialmente migliore persino del suo predecessore e padrino politico, il sindaco Merola.

Rimane da vedere come si distribuiranno questi voti. Quanti ne prenderà la lista del Pd e quanti invece quella civica e personale del sindaco (un risultato molto sopra le aspettative potrebbe rinfocolare le ambizioni nazionali che secondo alcuni Lepore avrebbe già iniziato a nutrire). Da tenere d’occhio anche come andrà la Coalizione civica e quanti voti di delusi dalla sinistra riuscirà a intercettare.

Sarà interessante osservare anche il Movimento 5 stelle, i cui consensi in città sono precipitati e forse è ormai sull’orlo della sparizione. Infine, un’occhiata la merita anche la lista civica dei moderati Anche tu conti, coordinata dalla sconfitta alla primarie di primavera, quando prese circa il 40 per cento dei voti. Un cattivo risultato di questa lista, unito a una vittoria di Lepore non troppo sotto le già alte aspettative, sarebbe un segnale che, dopo tutto, i moderati bolognesi sono molto meno moderati di quanto si potrebbe pensare.

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