C’è un lato ufficiale e conosciuto della dimensione finanziaria del partito di Giorgia Meloni. E un altro, invece, distante dai riflettori. Caratterizzato da associazioni e fondazioni che solo ufficialmente sono separate da Fratelli d’Italia, al cui interno compaiono tutti i fedelissimi della leader, alcuni con incarichi di rilievo e prossimi a occupare ministeri di peso. Attraverso queste entità esterne Meloni ha costruito una rete di relazioni internazionali, ha dialogato con pezzi dell’establishment dei conservatori americani, con i network conservatori che hanno ispirato le politiche neoliberiste più aggressive dei governi repubblicani e in alcuni casi hanno contaminato i programmi dei conservatori europei.

Fondazione Tatarella e Alleanza nazionale, Farefuturo e Nazione futura sono le sigle che ruotano attorno al partito erede del neofascista Movimento sociale italiano. Organizzano eventi collaterali all’attività di Fratelli d’Italia o contribuiscono a fornire il supporto necessario, per esempio la sede, come nel caso di quella di via della Scrofa, nel centro di Roma, di proprietà della fondazione Alleanza nazionale. Questi satelliti hanno agevolato l’ascesa di Meloni e le hanno garantito la legittimazione nazionale e internazionale.

È il caso della fondazione New Direction, creata nel 2009 da Margaret Thatcher e nella quale Raffaele Fitto ha un ruolo di vertice. New Direction coadiuva il lavoro dell’Ecr (European Conservatives and Reformists), i conservatori europei di cui Fratelli d’Italia fa parte e di cui Meloni è presidente. Fitto è indicato come il regista dell’operazione: ha convinto la leader di FdI che il contenitore più adatto e autorevole dove collocarsi in Europa fosse una formazione fedele al patto atlantico e custode dei principi del neoliberismo economico, piuttosto che diventare marginali aderendo al gruppo sovranista, di cui fanno parte la Lega e il partito di Marine Le Pen, guardati con sospetto perché filorussi. Per l’adesione all’Ecr Fratelli d’Italia dal 2017 versa una somma annuale variabile, nel 2021 è stata pari a 100mila euro.

Due milioni di servizi

I dati pubblici sui finanziamenti privati svelano che Fratelli d’Italia ha raccolto numerose donazioni per la campagna elettorale. Soldi ben spesi visto il trionfo dei post fascisti. Dagli elenchi pubblici risultano 2,5 milioni raccolti nel 2022, fino a luglio scorso. Le maggiori contribuzioni coincidono con l’inizio della campagna e la presentazione delle liste. Tra i candidati c’è chi ha dovuto versare anche 30mila euro a titolo di sostegno per le spese, ingenti, richieste da un tour pre elezioni in cui Meloni non si è certo risparmiata. I conti del partito sono a posto: non solo in ordine, ma anche in attivo da quando Fratelli d’Italia ha iniziato la sua ascesa.

Nel rendiconto finanziario 2021, l’ultimo disponibile, i ricavi sono raddoppiati superando i 4 milioni di euro. La metà di questi arrivano dal 2 per mille, la quota che ogni cittadino può devolvere ai partiti quando compila la dichiarazione dei redditi. Quasi un milione arriva dalle quote associative, in pratica il tesseramento di vario tipo. Il resto da donazioni di privati, inclusi i parlamentari.

Rispetto al 2021 c’è un altro dato interessante: per tutte le campagne elettorali, dalla Calabria alla Lombardia, il partito nazionale ha speso all’incirca un milione. Ci sono poi le uscite per le decine di manifestazioni organizzate in tutta Italia. In particolare Atreju, l’evento annuale che è diventato un appuntamento fisso della politica nostrana. Non esiste una cifra pubblica messa a bilancio. I responsabili amministrativi, nella nota del bilancio 2021, spiegano che «tra i servizi sono indicate le spese per l’attività di propaganda e le manifestazioni».

Atreju rientra tra le kermesse organizzate dal movimento, si legge ancora. Certamente la più importante e la più impegnativa in termini di risorse impiegate. L’anno scorso Fratelli d’Italia ha speso in servizi 2,3 milioni. Parte di questa somma è stata destinata ad allestire il “Natale dei conservatori”, l’ultima edizione di Atreju che si è svolta dal 6 al 12 dicembre 2021. Gli eventi organizzati nello stesso anno indicati nel documento contabile sono 18, la maggior parte però sono direzioni nazionali convocate su Zoom, quindi a costo zero, e campagne mirate ed elettorali, o il tour “L’Italia del riscatto” che ha toccato cinque città.

Fondazione in rosso

È difficile dire che la fondazione Alleanza nazionale sia altro rispetto a Fratelli d’Italia. Chi ne fa parte lo precisa di continuo, eppure basta dare uno sguardo al consiglio di amministrazione, di cui Meloni non fa parte, per dubitare. C’è Ignazio La Russa, il presidente del Senato. C’è Francesco Lollobrigida, capogruppo di FdI alla Camera, uomo forte del partito e marito di Arianna Meloni. Ci sono Fabio Rampelli e Andrea Delmastro Delle Vedove. E ancora: Edmondo Cirielli e Luca Sbardella. Tutti esponenti di FdI. Certo c’è anche chi non appartiene alla “nuova destra”, come Gianni Alemanno, il quale però è apprezzato dalle giovanili del partito, tanto da presenziare ad alcune iniziative degli studenti meloniani.

Un altro link tra fondazione e movimento è rappresentato dalle sedi: di proprietà della fondazione presieduta dall’avvocato Giuseppe Valentino e usate da Fratelli d’Italia. Su tutte quella storica di via della Scrofa 39, il quartier generale del partito. Ma anche l’altra di via Livorno 1, sempre a Roma, che ospita una sezione. Lo stesso vale per le sedi di Fermo e di Brescia e per molte altre. Non si sa quanto paghi di affitto FdI. Se qualcosa versa non è tantissimo, lo si capisce dai bilanci disastrosi della fondazione. Perennemente in perdita da anni: nel 2018 aveva chiuso il rendiconto con oltre 3 milioni di rosso, nel 2021 con un disavanzo di oltre un milione e più.

La fondazione, nonostante il rosso fisso, non risparmia: lo scorso anno ha speso un milione in servizi, divisi tra spese ordinarie non meglio specificate (440mila euro circa) e attività istituzionali (541mila euro). Ha incassato appena 170mila euro da attività editoriali, manifestazioni e altre attività. E ha dichiarato zero alla voce contributi da persone o società. La domanda è quindi: come si finanzia? Solo con gli affitti? «Il valore del patrimonio immobiliare della fondazione è stimabile, complessivamente, in circa 20 milioni di euro», dice il presidente Valentino, «i canoni provenienti dagli immobili locati ammontano a oltre 450.000 euro su base annua». Cifra non sufficiente per presentare un conto in utile o quantomeno con perdite azzerate. «Non abbiamo mai accettato donazioni. Si avvale di quanto ottiene dalla gestione degli investimenti in portafoglio e delle proprie dotazioni patrimoniali», è la replica di Valentino. Che investimenti? «Sono costituiti da prodotti standard proposti dalle più importanti banche e assicurazioni italiane ed europee, a bassissima componente azionaria, come è tipico per gli investimenti a basso rischio».

Non può dirsi diversamente per la storica testata il Secolo d’Italia, di proprietà della fondazione An e, se non tecnicamente l’house organ di Fratelli d’Italia, certamente giornale amico. Con la redazione nello stesso palazzo di via della Scrofa. Il Secolo d’Italia ha chiuso il 2021 con un rosso di 161mila euro, il doppio rispetto al 2020, nonostante sia una testata online. I dipendenti sono 17, per un costo totale di 1,3 milioni tutto compreso, come si legge nel bilancio. Non è sufficiente neppure il contributo pubblico per l’editoria ricevuto a riportare in attivo il giornale. Gli amministratori hanno dichiarato che anche per il 2021 spetta alla testata un milione di euro pubblici, è la cifra scritta a bilancio.

Il presidente Valentino ha spiegato che «i disavanzi di gestione della fondazione sono strutturali e correlati a spese, oltremodo contenute, finalizzate alle sole attività istituzionali e alla gestione del Secolo d’Italia, storica testata della fondazione che costantemente incrementa la sua diffusione e riduce i suoi costi, mantenendo il posto di lavoro dei propri dipendenti».

Adolfo network

L’altra fondazione che supporta Fratelli d’Italia è Farefuturo, creatura di Adolfo Urso, presidente del Copasir, il Comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti, nella scorsa legislatura, oggi dirigente e parlamentare di Fratelli d’Italia, nome sempre presente nel totoministri come possibile titolare di diversi dicasteri, in pole position per lo Sviluppo economico.

Al di là dei ruoli futuri, è certamente l’uomo che ha più lavorato per intensificare le relazioni con i repubblicani americani: sulla rivista della fondazione Charta Minuta scrive spesso James Carafano, analista della Heritage Foundation, dal 1973 è uno dei think tank conservatori più influenti al mondo. Carafano è stato indicato dalla stampa internazionale tra gli esperti scelti da Donald Trump per comporre il team di transizione dopo la sua elezione. Tra le partnership segnalate dalla fondazione Farefuturo c’è anche quella con Iri, International Republican Institute, l’organizzazione espressione del partito repubblicano e presieduta per 25 anni da John McCain, l’ex candidato alla Casa Bianca morto nel 2018.

Farefuturo ha raccolto diverse donazioni da privati. La curva dei finanziamenti è cresciuta in coincidenza della nomina di Urso a presidente del Copasir. Dal 3 agosto 2020 a oggi ha incassato 97.300 euro, dichiarati secondo le norme che regolano le erogazioni ai partiti e alle fondazioni nei cui board sono presenti degli eletti. Il 90 per cento di questa somma è arrivata sui conti di Farefuturo da maggio 2021, cioè da quando hanno iniziato a circolare le indiscrezioni sulla possibile elezione del parlamentare a presidente del Comitato.

Tra i più generosi troviamo il gruppo Gvm (Gruppo Villa Maria), oltre mezzo miliardo di fatturato, che fa capo all’imprenditore Ettore Sansavini e che nel 2021 ha ottenuto un finanziamento da 96 milioni, garantito dallo stato grazie al decreto Liquidità, da un pool di banche. Sansavini ha finanziato la fondazione di Urso attraverso due sigle, tra queste c’è anche l’istituto clinico Casal Palocco, durante la pandemia trasformato dalla regione Lazio in centro Covid. «Farefuturo rispetta appieno la normativa sulle fondazioni anche per quanto riguarda la massima trasparenza su bilanci e sostegno finanziario», dice Urso. Che rapporto lo lega al gruppo Gvm di Sansavini?: «Non ho alcun rapporto con il “patron” del gruppo. Conosco da lungo tempo il senatore e professore Valentino Martelli, noto cardiochirurgo, con cui costruimmo Alleanza nazionale nel 1994, e che credo ricopra un ruolo rilevante nel gruppo». Così è. Martelli fa parte dell’organico dell’istituto clinico Casal Palocco.

Gli altri donatori sono perlopiù sconosciuti imprenditori di vari settori: società immobiliari, di logistica e di costruzioni. Nell’elenco anche la casa editrice Ad Maiora di Giuseppe Pierro, presente nel comitato scientifico di Farefuturo. Ad Maiora ha pubblicato un libro molto caro a Urso. Titolo: La sicurezza nazionale come interesse costituzionale, il caso Copasir. La presentazione del volume: con «Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e unico componente dell’opposizione, presidente del Copasir si apre una stagione di protagonismo per il Copasir, come mai prima d’ora». Farefuturo ha contribuito alla vita di Fratelli d’Italia, non solo in termini di dibattiti e idee, ma anche economicamente. Nel 2018 ha versato 20mila euro al partito.

Con Farefuturo collaborano anche Kiril Maritchkov e lo psichiatra Alessandro Meluzzi. Il primo è il bulgaro che, da ambasciatore presso la Santa sede, ha creato grande scandalo con il libro Clandestination. Un romanzo sull’immigrazione, in cui racconta di un uomo disperato costretto a prostituirsi, che aveva irritato le alte sfere vaticane, tanto da negargli il gradimento come diplomatico.

Meluzzi è invece un idolo dei complottisti. No-vax convinto al punto da essere stato espulso dall’Ordine dei medici di Torino, in passato è stato candidato con Forza Italia. Oggi più vicino all’estrema destra fa parte del comitato scientifico che, per Farefuturo, si occupa del Rapporto sull’islamizzazione d’Europa.

L’ex Nar

Urso risulta ancora tra i soci di E’uropa, osservatorio sulle politiche dell’Unione. «Mi risulta che l’associazione da lei citata non sia attiva da tanti anni». Dunque l’organizzazione, ancora visibile nei registri della camera di commercio, non esiste più. Ma rivela alcune relazioni di Urso. Alcuni suoi compagni di quell’avventura risultano adesso in Farefuturo, come Federico Eichberg, dirigente del ministero dello Sviluppo economico. Eichberg potrebbe quindi trovarsi presto, fossero confermate le indiscrezioni, con il suo amico Urso come ministro.

Altro socio di E’uropa era Gabriele De Francisci, un militante “nero” nei Nuclei armati rivoluzionari, legato a Francesca Mambro e a Giusva Fioravanti, condannati per la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Di Fioravanti è stato «testimone delle nozze con Mambro», si legge in alcuni atti giudiziari, ed è citato ampiamente in una relazione del 1989 sull’omicidio di Piersanti Mattarella come soldato neofascista legatissimo ai capi dei nuclei armati.

«Gli errori del passato non possono marchiare le persone a vita. Come accaduto con altri, per esempio con Adriano Sofri, che è stato accolto in un grande gruppo editoriale e di cui leggo ancora oggi, con interesse, le sue analisi. Nella nostra Costituzione lo scopo della pena è la riabilitazione», dice Urso. De Francisci dal canto suo non nasconde la sua amarezza per i vecchi camerati armati: «Il 2 agosto segna la fine dello stato di diritto e l’inizio dello stato della menzogna», scriveva sui social contestando la verità processuale sull’attentato alla stazione del capoluogo emiliano. Giudizio condiviso da molti in Fratelli d’Italia.

In E’uropa, al fianco di Urso, c’era anche Domenico Temperini, manager della sanità, in particolare dell’Idi, l’Istituto dermopatico di proprietà della Congregazione dei figli dell’immacolata concezione. Temperini dopo tanti anni è ancora sotto processo per il crac dell’ospedale vaticano. «Una storia surreale», commenta, «la giustizia in Italia andrebbe cambiata». Conferma la sua esperienza ai tempi di Alleanza nazionale nell’associazione E’uropa: «L’idea era di fare politica e creare un think tank che portasse idee fresche in An, poi ognuno ha preso la propria strada ma siamo rimasti molto amici con Adolfo».

Soldi pubblici

Urso è anche in un’altra fondazione di area conservatrice, nata per custodire la storia della destra sociale e neofascista del Movimento sociale: la prestigiosa fondazione Giuseppe Tatarella, intitolata al politico del Msi poi fondatore di An, l’anima moderata di quel partito. Urso non è l’unico di Fratelli d’Italia all’interno della onlus: ci sono La Russa, Tommaso Foti, Giulio Tremonti (eletto alle ultime elezioni con Meloni) e molti altri. Il presidente del comitato scientifico è Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e intellettuale d’area, amico di Meloni oltreché, secondo alcuni osservatori, suo ascoltatissimo consigliere.

La fondazione è stata costituita nel 2002, quando regnava Alleanza nazionale e il leader era Gianfranco Fini (nel comitato pure lui). Il fratello Salvatore ha donato l’archivio e la biblioteca di Giuseppe “Pinuccio” Tatarella, un vero tesoro storico, politico, editoriale. La fondazione, di cui non si conoscono i finanziatori privati, tra il 2020 e il 2021 ha ricevuto 164.960 mila euro di fondi pubblici. Piccole quote sono arrivate da enti locali, la stragrande maggioranza dal ministero dei Beni culturali. A presiederla è Francesco Giubilei, enfant prodige della nuova destra meloniana ispirata dai conservatori inglesi e dai repubblicani a stelle e strisce.

Giubilei, 30 anni, è un editore e fondatore di Nazione futura, movimento nato nel 2017 (pubblica una rivista). Fino a qualche tempo fa era una realtà marginale, fuori dal perimetro della destra, adesso, con il trionfo di Meloni, tutto è cambiato.

Nonostante la giovane età, il presidente della fondazione Tatarella conta su un capitale notevole di relazioni con i conservatori europei e americani. Dal 30 settembre al 2 ottobre è riuscito a portare a Roma parte di quel mondo all’evento “Italian conservatism”. L’appuntamento, già previsto prima del voto ha però goduto del successo registrato appena una settimana prima da Meloni alle elezioni del 25 settembre. La tre giorni si è trasformata in una celebrazione della rivoluzione conservatrice in atto in Italia. Molti gli ospiti dall’estero, dell’estrema destra spagnola di Vox agli svedesi di Sweden Democrats fino al partito di Viktor Orbán, il premier ungerese.

Tra i relatori organici a Fratelli d’Italia c’erano Fitto in rappresentanza di Fratelli d’Italia e dell’eurogruppo Ecr, l’ex ministro ora senatore Giulio Terzi Sant’Agata e alcuni consiglieri comunali di varie parti d’Italia. In platea erano presenti tanti altri meloniani.

A patrocinare l’evento, cioè a metterci i soldi, oltre a Nazione futura, altre due sigle: Fondazione Tatarella e The European Conservative. Quest’ultima è una rivista trimestrale (ha anche un sito web quotidiano), che gli editori definiscono «il principale giornale trimestrale conservatore in lingua inglese di filosofia, politica e arti d'Europa. Pubblica articoli, saggi, interviste e recensioni che illuminano le diverse varietà di pensiero conservatore, tradizionalista, reazionario e di destra da tutta Europa e nel mondo». Nel consiglio consultivo spicca John O’Sullivan, storico collaboratore di Margaret Thatcher. Tra i membri della redazione ci sono sia Giubilei sia Benjamin Harnwell, fedelissimo di Steve Bannon, consigliere di Trump negli anni della sua ascesa e collegamento con l’estrema destra europea.

Alla tre giorni non poteva mancare Guido Crosetto, fondatore di Fratelli d’Italia in odore di ministero, qualora dovesse lasciare l’incarico di presidente di Aiad, la federazione di Confindustria che rappresenta le aziende italiane del settore della difesa e aerospazio. L’Aiad è questione delicata per Crosetto, tra i consiglieri di cui Meloni si fida di più. Il conflitto di interessi è dietro l’angolo. Di recente un’azienda ha versato 10mila euro al partito. Si tratta della Drass Galeazzi srl, si occupa di «tecnologia subacquea e prodotti per la difesa marina come sommergibili e veicoli per le forze speciali».

Drass è specializzata in sottomarini, ed è tra i fornitori della marina militare italiana. Fin qui nulla di strano se non fosse che è anche membro di Aiad, il cui presidente è Crosetto, l’imprenditore e fondatore del partito di Meloni, che tra le altre cose ha intenzione di aumentare le spese militari ora che governerà. Almeno questa è la promessa fatta in campagna elettorale.

© Riproduzione riservata