Il presidente del Consiglio Mario Draghi dice che il presidente russo Vladimir Putin sarebbe disposto a sospendere gli attacchi ai porti ucraini durante le operazioni di sminamento necessarie per la loro riapertura al traffico mercantile. In questo modo si potrebbe scongiurare una crisi alimentare mondiale dovuta al blocco delle esportazioni di cereali ucraini. Lo ha detto lo stesso Draghi in una conferenza stampa dopo una telefonata con il presidente russo. Draghi ha anche aggiunto che Putin ha promesso che le forniture di gas all’Italia proseguiranno e ha detto che non ha notato «spiragli di pace» nella conversazione.

Il Cremlino però dice che Putin nella telefonata ha mantenuto la sua linea: le esportazioni di grano, sia quello russo che quello ucraino, riprenderanno solo se saranno cancellate le sanzioni che hanno colpito il paese in risposta all’invasione dell’Ucraina.

La crisi

Sputnik

La guerra in Ucraina ha causato un’impennata dei prezzi dei generi alimentari che ora minaccia numerosi paesi in via di sviluppo. Russia e Ucraina sono i due principali esportatori di cereali al mondo e la guerra ha reso molto più complicato avere accesso alla loro produzione.

Il problema è particolarmente grave in Ucraina. Da un lato, la produzione di cereali è inevitabilmente destinata a calare a causa delle difficoltà di semina dovute ai combattimenti e alla riduzione delle forza lavoro disponibile per via del reclutamento - secondo Mykola Horbachov, presidente dell’Associazione ucraina del grano, ci sarà una diminuzione di circa il 40 per cento della produzione.

Dall’altro, i produttori ucraini hanno enormi difficoltà ad esportare i loro prodotti già raccolti. Il grano e gli altri cereali ucraini solitamente vengono spediti via mare, tramite grandi navi cargo che attraccano nei porti sul Mar Nero. Molte di queste infrastrutture, come i porti di Berdyansk, Kherson e Mariupol, sono occupate dalla Russia, che non ha alcuna intenzione di consentire il passaggio di cereali ucraini.

L’Ucraina dispone ancora di alcuni porti di grande importanza, come quelli di Odessa e Mykolaiv. Ma entrambi i porti sono a portata dell’artiglieria russa, oppure hanno le vie d’accesso minate e pattugliate dalle navi della flotta russa del Mar Nero. Nessuna compagnia di trasporti sarebbe disposta a inviare le sue imbarcazioni in questo pericoloso tratto di mare.

L’offerta

Secondo quanto affermato dal governo ucraino, nel paese ci sarebbero al momento tra le 20 e le 25 milioni di tonnellate di gran pronte per l’esportazione. Ma senza l’accesso ai porti, l’Ucraina non è dotata di infrastrutture sufficienti ad esportare il suo grano in tempi utili. In questi giorni, un rivolo di cereali ucraini riesce comunque a lasciare il paese tramite treni (la destinazione è di solito il porto lituano di Klaipeda, sul Mar Baltico), oppure attraverso i piccoli porti fluviali sul fiume Danubio, al confine con la Romania.

Da più di una settimana, il governo russo segnala la sua disponibilità a “facilitare” una soluzione della crisi in cambio della riduzione delle sanzioni. Lo ripete da giorni il viceministro degli esteri russo Andrej Rudenko, che però sottolinea sempre come in realtà sarebbero le azioni dei paesi occidentali a interferire «con il normale funzionamento del libero mercato, il che include il commercio di cibo e di cereali». Una riduzione delle sanzioni, sostiene, eliminerebbe il problema. Stati Uniti ed Unione Europea hanno definito queste offerte un vero e proprio tentativo di ricatto.

David Beasley, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni unite, che sfama 125 milioni di persone e acquista il 50 per cento del suo grano dall’Ucraina, ha lanciato un appello al presidente russo Vladimir Putin: «Se ha un minimo di cuore, per favore apra questi porti».

Perchè Draghi?

La Russia, però, sembra intenzionata a consentire l’accesso ai porti ucraina del Mar Nero soltanto in cambio di concessione sulle sanzioni. Ieri è stata la prima volta che questa “offerta” è stata fatta direttamente dal presidente russo Putin a un altro capo di governo.

La scelta di Mario Draghi non sembra casuale. Tra i principali acquirenti del grano ucraino ci sono i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, in particolare Tunisia e Egitto. Nel 2011, una simile impennata dei prezzi aveva avuto un ruolo importante nelle cosiddette primavere arabe e nell’instabilità politica che ne era conseguita. Quest’ultima aveva a sua volta contribuito alle ondate migratorie degli anni successivi. Con l’Italia che costituisce uno dei principali approdi dell’emigrazione che attraversa il Mediterraneo, sembra che Putin abbia scelto appositamente Draghi e il nostro paese, apparentemente uno dei più vulnerabili alle conseguenze di questa crisi.

Il governo italiano per ora non ha commentato la proposta, ma sembra pressoché impossibile che la richiesta di rivere le sanzioni possa venire accolta. L’Unione Europea continua a serrare le fila sulle sanzioni di cui, la prossima settimana, è attesa un’ulteriore estensione. Obiettivo: le importazioni di petrolio russo.

 

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