Non c’è ancora un cessate il fuoco, ma dopo i negoziati di ieri a Istanbul la soluzione del conflitto non è mai stata così vicina. I delegati russi avvertono che la strada per un accordo comprensivo è «ancora lunga», ma intanto promettono che le attività militari intorno a Kiev saranno «drasticamente ridotte».

Gli ucraini intanto sperano in una svolta inaspettata nei negoziati. Ma i pessimisti restano molti. Come ha commentato ieri le trattative il segretario di Stato Anthony Blinken: «C’è una differenza tra quello che la Russia dice e quello che la Russia fa».

Kiev, Ue e “nazisti”

Ieri i delegati russi e ucraini si sono incontrati faccia a faccia a Istanbul per la prima volta dopo settimane di infruttuose trattative in video conferenza.

Prima dell’incontro l’umore di diplomatici e osservatori era intriso di pessimismo, ma quando al termine delle trattative i negoziatori delle due parti hanno incontrato i giornalisti è diventato chiaro che erano stati compiuti progressi sostanziosi.

L’annuncio più importante della giornata è stato fatto dal ministro della Difesa russo Alexander Fomin che ha detto che visti i progressi nelle trattative l’esercito russo «ridurrà drasticamente» le operazioni militari intorno a Kiev e a Chernihiv, la città a nord della capitale sotto assedio da settimane.

Lo scopo ufficiale di questa pausa negli attacchi, ha detto Fomin, è «non pregiudicare» il clima di fiducia che si è instaurato tra le due parti.

L’intenzione di non attaccare Kiev era già stata espressa dal governo russo nei giorni scorsi, anche se mai in maniera così formale. Il Pentagono ha detto di aver osservato movimenti di truppe in ritirata da Kiev, anche se ha precisato che è presto per giungere a conclusioni definitive. 

I delegati russi hanno poi segnalato che non si opporranno a un’entrata dell’Ucraina in Unione europea, ma senza fornire un impegno definitivo in proposito. Infine, hanno assicurato a porte chiuse che la “denazificazione” del paese, intesa come una rimozione dell’attuale governo, non è più un obiettivo della loro operazione militare.

Le richieste ucraine

Dal canto loro, gli ucraini hanno formulato una serie di richieste che non sono state nettamente respinte dalla Russia e che potrebbero costituire una buona base per un accordo. Gli ucraini hanno ribadito la loro disponibilità ad adottare uno status “neutrale” che escluda esplicitamente l’entrata in alleanze militari come la Nato. In cambio chiedono una garanzia internazionale che garantisca al paese protezione in caso di invasione.

Sulla questione più spinosa, lo status della Crimea annessa dalla Russia, hanno proposto negoziati bilaterali Ucraina-Russia da svolgersi dietro l’impegno formale di non ricorrere alle armi per 15 anni. A proposito delle regioni orientali di Donetsk e Luhansk che la Russia ha dichiarato indipendenti, hanno precisato che l’integrità territoriale dell’Ucraina è una “linea rossa” che non si può superare.

I dubbi

Ieri c’era molto ottimismo per l’esito dei negoziati, ma anche molta prudenza. Le promesse fatte dai russi non sono esattamente una novità. Venerdì, il ministero della Difesa russo aveva già annunciato che non ci sarebbero stati attacchi a Kiev e che gli sforzi militari si sarebbero concentrati nell’est del paese, mentre lunedì il presidente del consiglio di Difesa della Federazione russa, Nikolai Patrushev, storico collaboratore di Putin, aveva detto che il suo governo non era interessato a un cambio di regime a Kiev.

Il problema non è soltanto che queste promesse potrebbero essere tradite. Come ha ricordato Blinken, Putin sosteneva di non voler attaccare l’Ucraina fino a pochi giorni prima dell’invasione. Il timore di molti è che queste aperture nascondano l’intenzione di proseguire la guerra da un’altra parte. È da più di una settimana che esperti e analisti militari dicono che la Russia sta spostando i suoi sforzi militari verso est, nella regione occupata del Donbass.

Qui è schierata una parte consistente dell’esercito ucraino che in caso di successo russo rischia di essere circondata. Mentre i delegati russi promettono di non attaccare Kiev, i generali potrebbero prepararsi a tentare una nuova offensiva nel Donbass, conquistare interamente le regioni di Donetsk e Luhansk e dichiarare la vittoria della loro “operazione militare speciale”.

A quel punto gli ucraini saranno ancora disposti a trattare? E i loro alleati occidentali accetteranno di ridurre le sanzioni in cambio della pace, con l’esercito russo che occupa quasi metà del paese? I prossimi giorni saranno fondamentali per avere delle risposte.

 

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