Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del resoconto dei lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta della X Legislatura che per prima provò a ricostruire l’operazione Gladio. Nelle conclusioni della Commissione resta una frase che pesa più delle altre: «Persistono elementi di ambiguità e reticenza nel rapporto tra struttura e istituzioni democratiche». È il linguaggio della politica per dire che qualcuno mentì


Il 28 marzo 1968 si verificò il rinvenimento fortuito, da parte di alcuni operai dell’Enel, di un Nasco situato nella zona di Modena. Alcuni appunti rinvenuti nell’archivio dell’organizzazione «Gladio» consentono di ricostruire l’episodio come segue: il 28 marzo 1968, in località «Correggia» della frazione di Ligorzano del comune di Serramazzoni, in provincia di Modena, alcuni operai dell’Enel di Parma portarono alla luce pacchi di armi e di munizioni, nel corso dell’esecuzione di lavori di scavo per la messa in opera di pali per l’energia elettrica.

Gli stessi operai denunziarono il ritrovamento ai Carabinieri della Tenenza di Pavullo nel Frignano (Modena); questi provvidero a recuperare ed inventariare il materiale, la cui consistenza risultò essere la seguente: 12 carabine automatiche Sten calibro 9; 7 carabine Winchester, calibro 7.62; 1 moschetto automatico Beretta calibro 9; 1 pistola M/A calibro 9; 58 caricatori e 100 cartucce per tali armi. La pistola e due delle dodici carabine Sten risultarono sprovviste di numero di matricola. Il materiale era « in perfetto stato » di conservazione, ad eccezione di due carabine Sten, del moschetto Beretta e della pistola M/A.

La Tenenza dei Carabinieri di Pavullo nel Frignano inviò le informative d’obbligo [vennero informati del ritrovamento: l’autorità giudiziaria locale, il Mini stero dell’interno, il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, il Comando del VI Corpo d’armata, il VII Comiliter (Regione militare Tosco-Emiliana) ed il Comando del Presidio militare di Modena, la Prefettura e la Questura di Modena, alcuni comandi dell’Arma (quelli della II Divisione – Roma, della Brigata di Bologna, della Legione di Parma e del Gruppo di Modena)], esprimendo il parere che le armi fossero residuati della guerra partigiana, probabilmente aviolanciate dagli alleati nel corso del secondo conflitto mondiale.

Il materiale ritrovato apparteneva al Nasco contraddistinto dal n. 507, dislocato il 30 ottobre del 1966, il cui rapporto di posa indicava il seguente contenuto: 8 carabine Winchester calibro 7.62; 10 carabine automatiche Sten calibro 9; complessive 5.600 cartucce dei due calibri. Vi erano dunque alcune discrepanze tra l’elenco del materiale recuperato e quello del materiale a suo tempo occultato: mancavano, infatti, una carabina Winchester e 1.500 cartucce, mentre erano presenti due carabine automatiche Sten, un moschetto automatico Beretta ed una pistola, «estranei al Nasco».

Tali discrepanze risultano annotate negli atti del Servizio; il rapporto di posa venne annullato.

La segnalazione del ritrovamento pervenne alla Sezione Sad (da un «elemento esterno») il 6 aprile successivo; questo ritardo di circa dieci giorni veniva addotto a motivo – nell’appunto del 9 aprile 1968, prima citato in nota – di una serie di decisioni e proposte che qui si riportano testualmente: «non si è ritenuto opportuno portarsi subito in zona che, tra l’altro, potrebbe essere sorvegliata; non è stato possibile intervenire tempestivamente per impedire che venissero informate del fatto autorità civili (Ministero dell’interno, Prefettura, Questura) e giudiziarie; non sembra conveniente chiedere ai Carabinieri la restituzione dei materiali che, ormai, debbono essere tenuti a disposizione del l’Autorità giudiziaria; sarebbe anche difficile giustificare una tale richiesta; si propone, pertanto, di abbandonare il materiale, almeno per il momento, lasciando che sia considerato come residuato bellico. Tale soluzione non implica alcuna difficoltà amministrativa, in quanto trattasi di materiali Usa non a carico dell’Amministrazione Militare Italiana».

Tale proposta venne accettata dal Capo del Servizio, il quale condivise anche l’orientamento della Sezione Sad di effettuare, al più presto, una ricognizione nella zona per accertare lo stato di occultamento di altri due Nasco ivi dislocati e decidere circa il loro mantenimento o rimozione. Dagli atti non risulta che tali Nascondigli siano stati recuperati prima del 1972-73, quando vennero rimossi tutti i Nasco.

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