Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per un mese pubblichiamo ampi stralci della “Relazione sul Caso Impastato”, elaborata dal Comitato della Commissione Parlamentare Antimafia della XIII° Legislatura, sull’uccisione di Peppino Impastato


Un ultimo, ma non meno significativo, profilo della ricostruzione delle vicende delle indagini sulla morte di Giuseppe Impastato è dato dall’analisi dei rapporti tra il reparto operativo, dipendente, nel maggio del 1978 del maggiore Subranni e i comandi superiori dell’arma dei carabinieri.

Quei fatti sono stati al centro di un fitto scambio di corrispondenza tra il Reparto operativo dei carabinieri di Palermo e la scala gerarchica, che evidenzia circostanze meritevoli di approfondimento. Va premesso che si tratta di una corrispondenza che prosegue per lungo tempo con aspetti e particolari inediti e che essa, sulla base degli atti disponibili, può essere ricostruita solo in parte.

Come si evince dai documenti acquisiti, il comando della legione più volte richiese e sollecitò al reparto operativo informazioni sull’andamento delle indagini. E tali richieste si fecero insistenti e frequenti dopo la formalizzazione del processo contro ignoti per omicidio volontario

Dopo vari solleciti, in data 26 aprile 1979, il maggiore Subranni riferisce alla scala gerarchica dell’avvenuta contestazione con mandato di cattura ad Amenta Giuseppe del reato di falsa testimonianza. E, il successivo 5 maggio, il comando legione, attraverso le vie gerarchiche, gli richiede ulteriori notizie con cadenza mensile.

Di tali sviluppi non si è avuta contezza, non disponendosi del relativo carteggio.

Tuttavia tra gli atti esaminati dalla Commissione, appare meritevole di citazione la nota n. 2596/31, a firma del comandante pro-tempore del nucleo operativo, il maggiore Tito Baldo Honorati, datata 20 giugno 1984 e indirizzata al comando del gruppo di Palermo, di cui si riporta integralmente il testo:

«Le indagini molto articolate e complesse svolte all’epoca da questo Nucleo operativo hanno condotto al convincimento che l’Impastato Giuseppe abbia trovato la morte nell’atto di predisporre un attentato di natura terroristica».

«L’ipotesi di omicidio attribuito all’organizzazione mafiosa facente capo a Gaetano Badalamenti operante nella zona di Cinisi è stata avanzata e strumentalizzata da movimenti politici di estrema sinistra ma non ha trovato alcun riscontro investigativo ancorché sposata dal Consigliere Istruttore del tribunale di Palermo, dr. Rocco Chinnici a sua volta, è opinione di chi scrive, solo per attirarsi le simpatie di una certa parte dell’opinione pubblica conseguentemente a certe sue aspirazioni elettorali, come peraltro è noto, anche se non ufficialmente ai nostri atti, alla scala gerarchica».

«Lo stesso Magistrato peraltro, nell’ambito dell’istruttoria formale condotta con molto interessamento, non è riuscito a conseguire alcun elemento a carico di esponenti della mafia di Cinisi tanto da concludere con un decreto di archiviazione per delitto ad opera di ignoti».

«A parte il complesso di elementi a suo tempo forniti da questo Nucleo a sostegno della tesi prospettata dall’Arma, si vuole fare osservare, e ciò è di immediata intuizione per chi conosca anche superficialmente questioni di mafia, come una cosca potente, ed all’epoca dominante, come quella facente capo al Badalamenti non sarebbe mai ricorsa per l’eliminazione di un elemento fastidioso ad una simulazione di un fatto così complesso nelle sue componenti di natura ideologica, ma avrebbe organizzato o la soppressione eclatante ad esempio e monito di altri eventuali fiancheggiatori dell’Impastato, o la più sbrigativa e semplice eliminazione con il sistema della lupara bianca che ben difficilmente avrebbe comportato particolari ripercussioni».

«Si aggiunge, con riserva di fornirne dimostrazione, che l’indagine è stata svolta con il massimo scrupolo e la possibile completezza ed, allo stato non sussistono ulteriori possibilità investigative. F,to Il comandante del nucleo, maggiore Tito Baldo Honorati».

L’unico commento che può farsi alle osservazioni dell’ufficiale sulla persona del consigliere Chinnici riguardano le date.

La nota Honorati è del giugno del 1984. Il magistrato era stato ucciso dalla mafia il 23 luglio 1983. Ed è proprio questo particolare a rendere oltremodo stigmatizzabile lo stile adoperato e la spiegazione data delle iniziative intraprese dal giudice Chinnici.

Oltremodo significativa appare poi la successiva presa di posizione del comandante della legione di Palermo, con la nota 27 giugno 1984. Su essa si sottolinea che l’esito (sentenza di non luogo a procedere contro ignoti per il delitto di omicidio) dell’inchiesta giudiziaria, «che ha dato luogo a sfavorevoli commenti ed apprezzamenti, ampiamente pubblicizzati dagli organi di informazione, con particolare riferimento all’Arma, la quale, titolare delle indagini, inizialmente aveva attribuito il decesso a suicidio, impone ora che tutta la complessa vicenda venga ripresa e con convinto e fervoroso impegno per conseguire concreti risultati.

In altri termini si tratta di un impegno d’onore che deve riscattare la serietà e professionalità degli operatori portando chiarezza sull’intera vicenda. In tale quadro prego fare riprendere, fin dall’inizio, gli accertamenti i quali devono tenere conto delle risultanze acquisite in sede processuale e delle ipotesi formulate dagli organi di stampa...».

L’iniziativa dei vertici siciliani dei carabinieri appare di segno completamente opposto alla ricostruzione proposta dal maggiore Tito Baldo Honorati e, al tempo stesso, si pone come una netta presa di distanza dalle interpretazione di quest’ultimo degli indirizzi dati al processo durante l’istruzione formale.

Ulteriori tracce di corrispondenza, risalenti addirittura all’anno della morte di Impastato, si possono rinvenire tra gli atti pervenuti alla commissione il 23 novembre 2000: si tratta di varia corrispondenza interna all’Arma.

Il colonnello comandante della legione, Mario Sateriale, nell’immediatezza sollecita « approfondite indagini per far luce sul fatto »; richiede successivamente «notizie» tramite il comando gruppo (il 13 maggio 1978) e quindi, dopo la redazione dei rapporti giudiziari del 10 e del 30 maggio, fa sapere di considerare non concluse le indagini ed anzi di restare «in attesa delle determinazioni dell'autorità giudiziaria e delle eventuali possibili ulteriori risultanze da ricercare ed acquisire per fare definitiva luce sull’episodio» (è il 7 giugno 1978).

Ed ancora il 7 dicembre 1978, lo stesso comandante della legione di Palermo, richiamando una propria precedente nota, sollecita l’espletamento di «ulteriori investigazioni per fare piena luce sul fatto».

Solleciti e richieste seguono la via gerarchica e vedono quale destinatario finale il comando della stazione di Cinisi, cui vengono «girati» dal comandante della compagnia di Partinico, capitano Ernesto Del Bianco.

Questa circostanza appare di difficile interpretazione, perché la direzione delle indagini era stata assunta fin dal primo momento dal reparto operativo del maggiore Antonio Subranni. E, all’epoca dei fatti, il reparto operativo era un’articolazione diretta del comando di gruppo.

Tuttavia, quando il comandante della legione restituisce al comandante del gruppo i rapporti giudiziari del 10 e del 30 maggio, gli «ulteriori risultati» richiesti tramite la compagnia di Partinico, vengono sollecitati al comando della stazione dei carabinieri di Cinisi, da una laconica nota a firma del capitano Del Bianco datata 23 maggio 1978.

E lo stesso accade sia quando il comandante della legione fa sapere di non considerare concluse le indagini e di essere in attesa di ulteriori risultanze «da ricercare ed acquisire per fare definitiva luce sull’episodio», sia quando successivamente dispone «ulteriori investigazioni per fare piena luce sul fatto».

In tali circostanze il comando del gruppo dei carabinieri di Palermo, primo destinatario delle iniziative della legione, investe della questione la compagnia di Partinico. E quest’ultima, a sua volta, la stazione di Cinisi. In ogni caso, per molti anni, nessuna «nuova luce» chiarirà la vicenda della morte di Giuseppe Impastato.

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