Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per un mese pubblichiamo ampi stralci della “Relazione sul Caso Impastato”, elaborata dal Comitato della Commissione Parlamentare Antimafia della XIII° Legislatura, sull’uccisione di Peppino Impastato


Nessun altro particolare consente oggi di risalire a chi – fra i carabinieri di Cinisi – descrisse gli effetti dell’esplosione, consentendo tali conclusioni circa il tipo e il quantitativo dell’esplosivo impiegato.

C’è allora da interrogarsi su come entrambi questi testi siano giunti a tali «presunzioni».

Né una riposta all’interrogativo sembra potersi desumere dal tenore delle dichiarazioni rese dal generale Antonio Subranni alla Commissione Antimafia in occasione della sua audizione dell’11 novembre 1999. In tale circostanza all’audito viene chiesto di riferire in ordine alle caratteristiche dell’esplosione.

Di seguito si riportano i passi del resoconto sommario nei quali è trattato l’argomento.

Russo Spena Coordinatore. E in base a quali atti tecnico-scientifici? Finora abbiamo parlato di contesto. Io le ho chiesto di farci capire gli aspetti tecnico-scientifici, e non soltanto di contesto o soltanto di commento. Cioè, vi sarà stata un’indagine su come era stata uccisa, o come era morta, o come si era suicidata una persona…

Subranni. Tecnicamente c’è poco; c’è polvere da cava, ce n’era molta in quella zona. [...]. io parlo sempre delle prime indagini. Al di fuori della buca formatasi per effetto dell’esplosione non c’era traccia di miccia, ad esempio. Questo l’ho detto anche a Del Carpio, che mi disse che lui effettivamente non si intendeva di queste cose. La lettera di Impastato per me era valida, nei termini in cui ne ho parlato.

Russo Spena Coordinatore. La lettera viene dopo, generale, parliamo della miccia, della polvere, e poi parliamo della lettera, di cui abbiamo peraltro già parlato.

Subranni. Gli elementi tecnici erano questi: l’assenza di una traccia di miccia che andasse oltre la buca creatasi per effetto dell’esplosione; in secondo luogo, la dinamite usata era quella comune delle cave, e lì ci sono tantissime cave. Questi sono i pochi aspetti tecnici, il resto era tutto legato alle indagini, si trattava di sentire le persone, se qualcuno aveva visto qualcosa, perché la macchina circolava, se qualcuno aveva visto quando era stato aggredito: in questo caso, certamente avremmo preso un indirizzo diverso [...].

Come si vede, il generale Subranni richiama due aspetti tecnici: l’assenza di una traccia di miccia e il tipo di esplosivo adoperato: dinamite comune da cava. Quanto alla mancata individuazione dei resti della miccia non può non rilevarsi che è di comune scienza il dato che i resti del detonatore o della miccia vengono dispersi in lontananza dall’esplosione.

In ordine al tipo di esplosivo, anche alla luce del tipo di indagini tecniche effettuate dai periti e in assenza di specifici elementi identificativi, l’indicazione data Subranni alla Commissione deve ritenersi priva di adeguato riscontro a meno che essa derivi da elementi allo stato non agli atti nella disponibilità della Commissione.

Alcuni altri particolari in merito alle tracce lasciate dall’esplosione, si traggono dal verbale delle dichiarazioni rese al giudice istruttore dal teste Andrea Evola, operaio specializzato delle Ferrovie dello Stato nella tratta Cinisi-Carini e addetto alla manutenzione dei binari.

Questi riferisce al giudice Chinnici, di avere – al lume della lanterna – individuato il luogo dell’interruzione e constatato che esso era di circa 55 centimetri e di aver notato «un fosso profondo circa 30 centimetri e largo non più di 30 centimetri». Sostanzialmente analogo l’assunto di Antonino Negrelli, casellante delle ferrovie, che a sua volta riferisce al magistrato di aver notato «un fosso profondo circa 20 centimetri e largo circa 40 centimetri», e aggiunge che, quasi nel punto in cui mancava il binario, c’era un sandalo di legno.

Come si è già osservato, durante i sopralluoghi i verbalizzanti non effettuano alcuna esatto rilevamento delle dimensioni del «cratere» né più approfondite ispezioni.

I resti (si parla nel verbale di sequestro di tre pezzi del binario) non vengono nemmeno misurati, e non vengono allegate fotografie che li ritraggono. Ma soprattutto né dai verbali (Trizzino e Travali) di sopralluogo, né da altri atti vi è menzione degli eventuali resti dell’innesco dell’ordigno, rectius del detonatore oppure degli eventuali resti di una miccia. È notorio che il detonatore, di qualsiasi tipo esso sia, può essere proiettato in frammenti lontano dall’onda d’urto dell’esplosione. E altrettanto vale per la miccia.

L’assenza in atti di elementi relativi al ritrovamento di queste tracce non consente la formulazione di ipotesi attendibili circa le modalità dell’accensione dell’ordigno esplosivo, né ovviamente di più precise conoscenze sulla natura e sulla quantità della sostanza o delle sostanze con cui esso era stato preparato: pertanto non si vede come da tale quadro possa essere stata desunta la consumazione di un’azione dinamitarda da parte della vittima. Sul punto si riportano le argomentazioni del perito Pellegrino:

Su un frammento di stoffa repertata sul luogo, sono state rinvenute tracce di binitrotoluene (o DNT – dinitrotoluene). Il binitrotoluene fa parte dei nitroderivati aromatici della serie nitrotolueni [...]. Questi tre nitrotolueni, ed, in particolare, quelli di 2-4 e 2-6, danno luogo ad una famiglia di esplosivi detti, per l’appunto, a base di bibitrotoluene.

Oltre a ciò essi vengo impiegati per inumidire, e quindi fiemmatizzare leggermente, alcuni esplosivi a stato di aggregazione fisica pulverulenta. Gli esplosivi a base di binitroluene fanno parte dei così detti esplosivi dirompenti, o da mina, e quindi vengono utilizzati anche nelle nostre cave.

Stante le risultanze ottenute si può quindi affermare che l’ordigno esplosivo col quale è stato ucciso (ammesso che non fosse già morto prima) Impastato Giuseppe era composto di esplosivo a base di binitrotoluene. Purtroppo non è stato possibile stabilire quale degli esplosivi appartenenti a questa famiglia è stato impiegato. Di conseguenza non è stato possibile stabilire quali caratteristiche fisiche è [...] aveva l’esplosivo impiegato.

Di conseguenza non è possibile stabilire, seppure con approssimazione sufficiente, la quantità dell’esplosivo impiegato. Stante il mancato reperimento di elementi indicativi, non è possibile neanche dedurre come era stato innescato l’ordigno: se con detonatore elettrico o se con detonatore a miccia o a tempo.

Segue il rinvenimento delle calzature della vittima.

L’appuntato dei carabinieri di Cinisi, Carmelo Pichilli, dopo avere riferito al G.I. di avere partecipato, unitamente al maresciallo Travali e al brigadiere Antonio Esposito all’ispezione condotta dal pretore Pizzillo, precisa: «Per terra, quasi nel tratto in cui mancava il binario, notai un sandalo «tipo farmacia » di colore bianco, un altro era nel lato opposto, e quasi a contatto con il binario». Mentre «a tre metri di distanza circa dal sandalo, che si trovava nel punto in cui mancava il binario, c’erano gli occhiali. Intatti o – non ricordo – se mancava un vetro».

Di questi tre reperti non si sa altro. Certo è veramente strano che gli occhiali siano rimasti sostanzialmente intatti a circa un metro dal punto ove mancava il binario, mentre la volta cranica sostanzialmente esplose, dispersa in un ampio raggio. Le indagini nemmeno preciseranno se sui sandali siano state rinvenute tracce dell’esplosione.

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