Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello, presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


Deve rilevarsi preliminarmente che la rinnovazione dibattimentale disposta dal Collegio con l'ordinanza del 17 ottobre 2012, ammissiva della deposizione testimoniale del collaboratore di giustizia Gaetano Grado richiesta dalla Procura Generale (ordinanza alla quale si rinvia e che fa parte integrante della presente decisione), non ha determinato l'ampliamento della condotta delittuosa attribuita a Dell'Utri, al quale tendeva il Procuratore Generale.

Il Collegio, infatti, ha ritenuto che le dichiarazioni rese da Grado non consentono di esprimere un giudizio di attendibilità intrinseca del collaborante, con ciò restando preclusa ogni valutazione delle dichiarazioni rese anche da Bruno Rossi, l'altro collaboratore di giustizia (pure ammesso con la stessa ordinanza), che avrebbero dovuto fornire un riscontro esterno alle propalazioni del primo.[…].

Deve essere precisato che il tema di approfondimento prospettato dal P.G, con la richiesta di esame del collaboratore Grado, tema relativo agli investimenti di "cosa nostra" nella realizzazione di "Milano 1" e di "Milano 2" che sarebbero stati effettuati da Dell'Utri con denaro che lo stesso avrebbe ricevuto da "cosa nostra" nel periodo successivo alla morte di Stefano Bontade e di Girolamo Teresi e, dunque durante l'epoca del predominio dei corleonesi e di Totò Riina, non si era tradotto - diversamente da quanto sostenuto dalla difesa - nella formulazione di " un accusa nuova (..) o in fatto diverso rispetto a quello contestato ".

Il riciclaggio del denaro di "cosa nostra" in attività imprenditoriali milanesi rientranti nel gruppo Berlusconi che, secondo l'ipotesi accusatoria, sarebbe stato effettuato da Dell'Utri al quale detto denaro veniva consegnato a Milano da "spalloni" siciliani, occultato all'interno delle autovetture con le quali costoro partivano dalla Sicilia, avrebbe avuto un preciso valore probatorio sotto rilevanti profili, già, peraltro sinteticamente esposti nell'ordinanza del 17 ottobre 2012 con la quale, ritenendone "la decisività al fine della valutazione della condotta contestata", questa Corte aveva ammesso l'esame testimoniale di Grado e di Rossi.

L'investimento di ingenti somme di denaro da parte di "cosa nostra" in attività imprenditoriali del gruppo Berlusconi da parte di Dell 'Utri sarebbe rientrato - ove provato - a pieno titolo nel contributo atipico del concorrente esterno così come indicato nel capo d'imputazione, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa dell'imputato. Ed infatti, a Dell'Utri è stato contestato di aver messo a disposizione di "cosa nostra" le proprie conoscenze acquisite presso il sistema economico siciliano ed italiano nonché "l'influenza ed il potere derivanti dalla sua posizione di esponente del mondo finanziario ed imprenditoriale"; val la pena di sottolineare che i soggetti appartenenti all'associazione mafiosa indicati nel capo d'imputazione insieme a Dell'Utri (Stefano Bontade e Mimmo Teresi e poi Salvatore Riina) sono proprio gli esponenti mafiosi che Grado aveva evocato nelle sue dichiarazioni. Non può non essere sottolineato che il tema degli investimenti di Dell'Utri di denaro di "cosa nostra", proveniente dalla Sicilia e trasportato in contante a Milano da esponenti mafiosi, era già emerso nel corso delle indagini che hanno condotto al presente procedimento, sulla base delle dichiarazioni rese dall'imprenditore Filippo Alberto Rapisarda, presso il quale Dell'Utri era andato a lavorare nel 1978 allontanandosi per un certo periodo dal gruppo imprenditoriale facente capo a Berlusconi.

Il Tribunale, allorquando si era soffermato sulle dichiarazioni di Rapisarda, con motivazioni che questo Collegio ritiene del tutto condivisibili, dopo avere sottolineato che l'imprenditore non poteva essere considerato "un teste totalmente affidabile", aveva tuttavia precisato che le sue dichiarazioni, sfuggivano al giudizio di inattendibilità solo allorchè avevano trovato conferme esterne.

Orbene Rapisarda ha dichiarato nel corso dell'istruzione dibattimentale che, alla fine del 1978, primi del 1979, era passato dall'ufficio di Dell'Utri della Bresciano di Via Chiaravalle ed aveva notato l'imputato insieme a Bontade e Teresi; questi ultimi stavano ''facendo delle sacche" ed avevano soldi in contanti sul tavolo.

I soldi dovevano essere consegnati a Berlusconi con il quale Dell 'Utri stava parlando a telefono e, dal tenore della conversazione, Rapisarda aveva capito che l'imprenditore milanese si stava lamentando con Dell'Utri per non avere ancora ricevuto i soldi. Rapisarda non aveva saputo dire quanto fosse il loro ammontare, ma all'incirca riteneva che si fosse trattato di dieci miliardi di lire.

Rapisarda: I soldi, i soldi .... ho visto i soldi. Nel 1979 ... '78/'79 io mi recai dal notaio Sessa in via Lanza 3, vicino a Piazza Castello, uscendo di là dentro... uscendo di là dentro a Piazza Castello incontrai Stefano e Mimmo Teresi, i quali mi dissero: «Pigliamoci un caffè .... » e compagnia bella. Parlando parlando mi dissero che avevano appuntamento con Dell' Utri e che dovevano fare delle operazioni, mi dissero che li aveva chiamati per le televisioni e compagnia bella .... tanto che io rimasi, perchè le televisioni li avevo fatto pure io, quindi ... Comunque io ero già nel periodo in cui avevo un mandato di cattura addosso, lo sapevo benissimo, stavo cercando di mettere a posto alcune cose per andarmene"; P .M. : Quindi è poco prima della sua fuga? "; Rapisarda:" Si, poco prima della mia... gennaio '79. L 'incontro fu alla fine di dicembre, non credo che era già gennaio '79. Dopo un po' di giorni, ricordo che una sera andai nell'ufficio di Dell'Utri e trovai Stefano Bontade e Mimmo Teresi che avevano... stavano facendo delle sacche, avevano dei soldi sul tavolo .. "; P.M. : " Quindi avevano soldi in contanti"; Rapisarda:" Si. E lui era al telefono, come Marcello Dell'Utri mi ha detto, con Silvio Berlusconi, il quale diceva ... anzi si era lamentato perchè doveva andare ... quella sera doveva portare i soldi subito "; P .M. : "Questo perchè non lo ha detto precedentemente? Perchè non mi risulta che lei ne abbia parlato"; Rapisarda : "E non l'ho detto perchè sa ... "; P.M.: "Cioè, il fatto dei dieci miliardi lo aveva già riferito, ma questa circostanza non era stata riferita"; Rapisarda: "E questa circostanza ... si era lamentato anzi che era tardi e doveva portare ... dovevano portare questi soldi da cosa ad Arcore""; Presidente:"Mi scusi, si era lamentato chi, signor Rapisarda? "; Rapisarda : " Lui, il dottor Dell'Utri"; P.M.:"Allora, ritorniamo indietro perchè ci sono delle cose di cui lei non ha mai parlato e quindi è il caso che ne parli approfonditamente, anzi la invito se ha delle altre dichiarazioni da fare, parli tutto oggi e non farne altre in altre occasioni. E allora voglio sapere: l'incontro con Teresi e Bontade si colloca sempre in questa .. "; Rapisarda· "In questa ottica, dopo questa prima cosa sono rimasti .. "; P .M.:" Quindi siamo nel gennaio del 1979? "; Rapisarda: "Si, '79 ": P.M.:" Lo stesso giorno lei vede questi sacchi di .... "; Rapisarda: "No, credo che siano passati.... io stavo per... credo che è stato alcuni giorni dopo, io penso che sono andato via dopo tre/quattro giorni da questo fatto, sono andato via dall'Italia. Quindi lei faccia il conto, io sono andato via il 16 febbraio del '79 alle ore 21. 00 e questo fatto deve essere stato otto giorni prima ... sette giorni prima. E io ero lì, sapevo che avevo questo disastro addosso e stavo cercando di ... (... )"

Rapisarda ha ancora parlato di investimenti di denaro da parte di "cosa nostra" in attività imprenditoriali di Berlusconi ed in particolare nelle attività di Canale 5 , nel frammento delle dichiarazioni relative all'incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980 a Parigi presso l'Hotel George V , tra lui e Dell 'Utri che aveva dato appuntamento a Bontade e Teresi.

L'imputato, in quell'occasione, aveva chiesto ai due boss mafiosi la somma di 20 miliardi di lire " ...perché Canale 5 aveva bisogno di soldi". Rapisarda ha precisato, in maniera dettagliata, che "la proposta venne fatta per l'acquisto dei film e per sviluppare le televisioni".

I due boss mafiosi gli avevano risposto che avrebbero valutato la richiesta e che, secondo lui, Bondate e Teresi erano già "dentro con i soldi", avendo visto con i suoi occhi tempo prima la consegna del denaro alla Bresciano, alla quale si è già fatto cenno. L'argomento degli investimenti da parte di "cosa nostra" in attività imprenditoriali riconducibili a Berlusconi con l'intervento di Dell'Utri non sarebbe stato di poco rilievo, in quanto avrebbe fornito un'ulteriore conferma del ruolo assunto da quest'ultimo nei confronti della consorteria mafiosa e anche dell'amico Berlusconi e la sua consapevolezza di agire rafforzando il potere economico di "cosa nostra" tutelando gli interessi del gruppo imprenditoriale dal quale non si era mai distaccato, neppure quando era andato a lavorare da Rapisarda.

Se dette dichiarazioni avessero ricevuto una conferma esterna nelle propalazioni di Gaetano Grado, il loro peso probatorio avrebbe sicuramente inciso sulla valutazione della condotta dell'imputato: è questo il motivo per il quale questo Collegio ha ritenuto rilevante l'esame testimoniale di Grado (e di Rossi) richiesto dalla Procura Generale. Tuttavia così non è stato in quanto il giudizio di inattendibilità intrinseca del collaborante ha escluso ogni valutazione della circostanziata deposizione resa da quest'ultimo e i fatti da lui enunciati non possono considerarsi idonei a superare neppure la soglia di mero indizio.

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