Il Maga-sorteggio di Infantino: i gironi dei Mondiali 2026 oscurati dal premio per la pace a Trump

Il Mondiale di Donald Trump è ormai servito. Non sono stati né i tre paesi ospitanti - Stati Uniti, Canada e Messico - né tantomeno le potenziali avversarie dell’Italia - Canada, Qatar e Svizzera, un sorteggio a dir poco bonario, se mai la Nazionale di Gattuso riuscirà a superare lo spauracchio playoff - a catturare l’attenzione durante la pomposa cerimonia del sorteggio della rassegna iridata. A poco più di sei mesi dal calcio d’inizio della prima edizione del Mondiale a 48 squadre, è il leader statunitense a essersi preso gran parte della scena. Tra le note di Nessun dorma, interpretata da Andrea Bocelli, e quelle di YMCA dei Village People, diventata l’inno di molti comizi di Trump, a spiccare è il “Premio per la pace - Il calcio unisce il mondo”. Creato ad hoc da Gianni Infantino dopo l’ennesima corsa a vuoto di Trump verso il Nobel, questo riconoscimento suggella l’alleanza tra il tycoon e il presidente della Fifa, che negli ultimi anni ha inspiegabilmente partecipato a diversi accordi di pace promossi dal presidente degli Stati Uniti. TOPSHOT - The FIFA Peace Prize is placed on the podium before being awarded to US President Donald Trump during the draw for the 2026 FIFA Football World Cup taking place in the US, Canada and Mexico, at the Kennedy Center, in Washington, DC, on December 5, 2025. (Photo by Stephanie Scarbrough / POOL / AFP)AFP Tutto intorno a Trump Secondo il Guardian, un ruolo decisivo nell’assegnazione del premio lo avrebbe avuto un comitato guidato da Zaw Zaw, presidente della federazione del Myanmar già sanzionato da Usa e Ue per i legami stretti con la giunta militare del suo paese. «È uno dei più grandi onori della mia vita», ha dichiarato Trump dal palco del John F. Kennedy Center di Washington, città che, nonostante non sia tra le 16 sedi del Mondiale, è stata scelta come teatro del sorteggio su pressione del capo della Casa Bianca, che da febbraio ne presiede il consiglio d’amministrazione. Questo tributo, nato dal nulla e all’insaputa dei membri del consiglio Fifa, è diventato la portata principale di un menù preparato con cura: un assaggio dopo l’altro, Infantino ha offerto a Trump un percorso di centralità crescente nell’avvicinamento alla Coppa del mondo. L’antipasto è stata la rivendicazione, da parte del presidente Usa, di aver ottenuto nel 2018 l’assegnazione del torneo durante il suo primo mandato. Da allora, Trump ha sfruttato il rapporto personale con Infantino per inserire il più grande evento sportivo del pianeta nella propria macchina propagandistica. La favola di Capo Verde ai Mondiali: un’impresa per la diaspora a 50 anni dall’indipendenza Lo scorso maggio ha istituito una task force, da lui stesso presieduta e composta da elementi chiave del suo governo, con l’obiettivo di coordinare di garantire che l’edizione 2026 sia «il più grande, sicuro e straordinario torneo di calcio della storia». E anche «il più inclusivo», come Infantino ha ripetuto più volte. Un’affermazione che contrasta con l’inasprimento delle leggi statunitensi sull’immigrazione voluto dall’amministrazione Trump, provvedimenti che rischiano di scoraggiare parte delle centinaia di migliaia di tifosi interessati a viaggiare negli Stati Uniti per il Mondiale. Per ora è certo che ai cittadini di Haiti e Iran, tra i dodici paesi colpiti dal travel ban emesso lo scorso giugno, sarà vietato l’ingresso negli Usa per seguire le proprie Nazionali. Un’assenza che potrebbe riguardare anche altri paesi di Asia, Africa e America Latina, pur in parte compensata dalla presenza numerosa, negli Stati Uniti, di comunità originarie di tutte le Nazionali qualificate al Mondiale. I Mondiali disuniti d’America: ora la politica rischia di sfasciare il calcio I visti negati al sorteggio Sebbene la Casa Bianca abbia precisato che il divieto non si applica ad atleti e addetti ai lavori, alcuni membri della Federcalcio iraniana, tra cui il presidente Mehdi Taj, si sono comunque visti negare il visto per partecipare al sorteggio. Teheran ha minacciato il boicottaggio, salvo poi rientrare sui propri passi. Di fronte alle crescenti critiche contro l’inclusività proclamata dalla Fifa, smentita nei fatti dai lunghissimi tempi per ottenere un appuntamento in ambasciata e dai frequenti rifiuti registrati già durante il Mondiale per Club della scorsa estate, il governo statunitense si è impegnato ad accelerare le procedure per i tifosi in possesso di un biglietto. La Casa Bianca ha tuttavia ammesso di non poter escludere operazioni e arresti da parte dell’Immigration and customs enforcement (Ice) durante il torneo, come già avviene da mesi nel paese. Per questo diverse organizzazioni per i diritti umani hanno sollecitato la Fifa a garantire protezioni efficaci contro profilazioni razziali, detenzioni arbitrarie e interventi di immigrazione illegali durante l’evento. Nel menù messo a disposizione di Trump, infine, non poteva mancare un altro piatto forte: la scelta della sede della finale, ambito che sulla carta dovrebbe restare esclusiva prerogativa della Fifa. L’ultimo atto del Mondiale si giocherà al MetLife Stadium di East Rutherford, in New Jersey, a pochi chilometri dalla Trump Tower, proprio lì dove lo scorso luglio la Fifa ha aperto un nuovo ufficio di rappresentanza. A spingere verso il MetLife è stato soprattutto Jared Kushner, genero del presidente e originario del New Jersey, che ha guidato il comitato incaricato di valutare le candidature. E chissà che, dopo l’incursione nella premiazione del Mondiale per Club, Trump non tenti di sollevare lui la coppa al posto del capitano della Nazionale vincitrice. Sarebbe la ciliegina sulla torta della sua mania di grandezza. Storia di un’acrobazia istituzionale: la miscela segreta che ha portato Curaçao ai Mondiali di calcio Strutture e settori giovanili: dietro il modello Norvegia non c’è solo l’alieno Haaland