Mondiali di calcio, è già caos tra biglietti e visti per i tifosi. Ed è anche colpa di Trump

L’edizione 2026 della Coppa del Mondo di calcio è ormai alle porte. Mancano poco meno di nove mesi al calcio d’inizio, ma la febbre per la rassegna iridata è già alle stelle. Tra il 10 e il 19 settembre, il sito della Fifa è stato preso d’assalto da appassionati di tutto il mondo, impazienti per l’apertura della prima fase di prevendita dei biglietti. Secondo un comunicato dell’organismo calcistico internazionale, sono arrivate oltre 4,5 milioni di domande di partecipazione al sorteggio che precede la prima tornata di vendita, di cui oltre 1,5 nelle prime ventiquattro ore. Le richieste sono giunte da ben 216 paesi e territori: un dato che testimonia il richiamo globale di un evento che, per la prima volta nella storia, vedrà la partecipazione di 48 squadre ospitate in tre stati, vale a dire Stati Uniti, Canada e Messico. Fin qui nulla da eccepire per una notizia in linea con gli auspici del presidente Gianni Infantino, che da tempo continua a ripetere come quella del prossimo anno sarà l’edizione più inclusiva di sempre. Ma il percorso di avvicinamento per chi desidera vivere l’esperienza del Mondiale è privo di ostacoli? Il viaggio verso i paesi ospitanti sarà davvero agevole per tutti, indipendentemente dalla provenienza? La risposta è no. Se per Canada e Messico non sembrano esserci particolari criticità, l’accesso agli Stati Uniti si presenta molto più complesso, in particolare per chi arriva da Asia, Africa e America Latina. E la situazione si è aggravata ulteriormente con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Tra esordi e matricole sarà il Mondiale con più mondo, ma il format di Infantino ha poco di romantico Il nodo: biglietti o visto? Com’è noto, per entrare negli Stati Uniti – paese a cui sono stati assegnati undici dei sedici stadi sede del torneo – è necessario richiedere un visto. Sfortunatamente per i sostenitori provenienti dall’estero, nonostante una timida pressione della Fifa sul governo Usa per ottenere un’eccezione, l’acquisto di un biglietto non garantirà automaticamente l’approvazione del visto. Ciò significa che, anche dopo averne acquistato regolarmente uno, l’ingresso potrà essere negato. In tal caso i biglietti non potranno essere rimborsati, perché è responsabilità dell’acquirente verificare di possedere i requisiti per la richiesta del visto e avviare la procedura con sufficiente anticipo. Quest’ultima puntualizzazione è la chiave che rende quasi impossibile, per molte persone, pianificare il proprio viaggio. Il dilemma è chiaro: richiedere il visto prima di avere effettivamente in mano il biglietto, che costituisce anche la prova principale dello scopo del viaggio, oppure assicurarsi prima di avere il biglietto con il rischio di non riuscire a ottenere un appuntamento in tempo utile per l’inizio del Mondiale? In molti paesi, infatti, l’attesa per ottenere un colloquio con le autorità statunitensi incaricate di valutare la domanda di visto può protrarsi per mesi, a volte anche oltre un anno. Secondo i dati forniti dal Dipartimento di stato degli Stati Uniti, il prossimo appuntamento disponibile a Casablanca per i cittadini del Marocco, attualmente la nazionale africana più competitiva, è tra sei mesi e mezzo. Quelli dell’Iran, tra le compagini più forti d’Asia, non potranno entrare in ragione del divieto imposto dagli Usa a giugno. Una restrizione che penalizza anche i cittadini del Sudan, altra nazionale ancora in corsa per un posto ai Mondiali. Il caso più emblematico riguarda però il Messico: il periodo medio tra il pagamento della tassa da parte del richiedente e la data del colloquio nella capitale Città del Messico raggiunge i dieci mesi. Va detto che, inizialmente, i tifosi messicani non dovranno attraversare alcun confine, essendo la propria nazionale una delle padrone di casa, ma questo dato rimane un esempio significativo di come la politica migratoria statunitense non risparmi nemmeno i co-organizzatori del Mondiale. Ma quale evento globale, al Mondiale per club di Infantino vincono i ricchi Maglie burocratiche Usa Tutto ciò non rappresenta una novità. La burocrazia statunitense aveva colpito decine di tifosi di squadre asiatiche, africane e latinoamericane anche alla vigilia dell’ultima edizione del Mondiale per club, disputata proprio nel paese a stelle e strisce la scorsa estate. Anzi, prima di questo torneo erano emerse anche altre problematiche legate a controlli selettivi e visti negati in maniera a dir poco immotivata. Alcuni sostenitori della squadra egiziana dell’Al Ahly hanno raccontato che il funzionario dell’ambasciata al Cairo ha negato loro il visto senza chiedere il motivo del viaggio né la documentazione necessaria durante i due minuti del colloquio. Tifosi della squadra tunisina dell’Esperance, invece, hanno affermato che la loro domanda è stata respinta a causa del loro aperto sostegno alla Palestina su Facebook. Anche dopo aver ottenuto il visto, però, non è possibile dormire sonni tranquilli. Come evidenziato il 17 aprile dall’ambasciata statunitense al Cairo in un post pubblicato sulla stessa piattaforma social, «le autorità monitoreranno costantemente i titolari di visto per garantire il rispetto di tutte le leggi sull’immigrazione negli Stati Uniti e provvederanno alla revoca del visto e al rimpatrio qualora ciò non avvenisse». Il Mondiale è ormai alle porte, dunque, ma per molti tifosi quelle stesse porte rischiano di restare chiuse, mettendo così in dubbio l’inclusività tanto sbandierata da Infantino. Il Mondiale per club è un carrozzone che ha già tradito le promesse