Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del libro “Io, sbirro a Palermo” di Maurizio Ortolan pubblicato per Melampo nel 2018 con la prefazione di Alessandra Dino e sarà ristampato per la Zolfo Editore alla fine di gennaio 2023.


Nelle indagini, specie nelle indagini lunghe e complicate, ci sono due scuole di pensiero, e i poliziotti si dividono tra cacciatori e pescatori; il poliziotto cacciatore insegue la preda, la bracca, fa terra bruciata, chiude le tane e forza i servizi, a costo di farsi vedere: è il poliziotto delle serie americane un po’ datate, per intenderci, determinato nei modi e sbrigativo nell’azione.

Il poliziotto pescatore, invece, è più sul modello inglese, riflessivo, una via di mezzo tra Sherlock Holmes e il Tenente Colombo: tende le reti e attende, paziente, che la preda ci finisca dentro, contrapponendo l’acume alla furbizia. Alla Catturandi, e di conseguenza al Duomo, le due tecniche si sposano: si tendono reti e trappole ma c’è sempre la massima allerta per cogliere al volo la minima occasione. Siamo a maggio, e come si dice a Roma “nun se move ’na foglia”.

Dai colloqui dei detenuti in carcere non apprendiamo niente di rilevante, i familiari conducono vita assolutamente normale e ritirata; dalle altre intercettazioni, e anche da qualche “ambientale” che abbiamo in corso a Bagheria e in qualche masseria in provincia, non si ricava niente, tanto che qualcuno inizia persino a dar credito all’insolita intervista rilasciata dall’avvocato Traina, lo storico difensore di fiducia di Provenzano, che ipotizza addirittura che il boss sia morto già da anni, da quando la famiglia è ricomparsa a Corleone all’inizio del 1992.

L’indagine langue, e il mio ufficio riduce il personale della mia sezione che aveva destinato al “gruppo Duomo”, dirottando gli altri nella ricerca di un altro most wanted, Attilio Cubeddu, dell’Anonima sequestri sarda, ultimo ricercato per il sequestro Soffiantini dopo l’arresto a Sydney di Giovanni Farina.

Del servizio centrale operativo, a Palermo, restiamo in sette. Insomma si vivacchia, ma il destino segue strade sue, gli eventi si intrecciano, e le conseguenze degli intrecci sono imprevedibili e inaspettate. La svolta nell’indagine si presenta con le insospettabili sembianze di uno sfratto, uno sfratto che raggiunge alla fine di maggio Salvatore e Simone Provenzano, fratelli del latitante.

Lo sfratto è causato dalla confisca dell’abitazione nella quale vive Simone, che così è costretto a trasferirsi; dovrà traslocare in un’altra casa, sempre a Corleone, in Cortile Colletti. Chiamano la Telecom per farsi allacciare lì il telefono, al nuovo indirizzo, e la richiesta viene fatta da un numero che abbiamo già sotto controllo.

Il poliziotto pescatore coglie nell’aria l’occasione e lascia la scena al poliziotto cacciatore; il poliziotto cacciatore esegue l’allaccio del telefono con mezzi uguali a quelli della Telecom e con gli strumenti che usa la Telecom, ma nel frattempo abbiamo avuto dai magistrati l’autorizzazione a effettuare anche un’intercettazione ambientale, e così nel cavo che viene teso attraverso il giardino ed il portico per portare in casa la linea del telefono sono cablate un paio di microspie; per telefono non si parla di questioni delicate, lo sappiamo, ma fuori, in giardino, chissà… e la rete è tesa.

La svolta

Passa solo qualche giorno, e nella nuova casa di Simone Provenzano viene in visita il nipote, Carmelo Gariffo, da sempre ritenuto un soggetto vicinissimo al latitante.

Al telefono non si parla di questioni delicate; in casa non si parla di questioni delicate, ma anche le questioni delicate vanno trattate in qualche modo, sia pure con mille accortezze, e in giardino qualcosa la ascoltiamo.

Pare che ci sia in piedi una questione su un vecchio prestito che a Bernardo risulta restituito solo in parte: sono frammenti di frasi e di discorsi che non si colgono nella loro interezza, ma si capisce che Carmelo Gariffo si sta interessando della vicenda per conto del latitante. Drizziamo tutti le orecchie, specialmente Totò.

La mattina del 10 giugno c’è un’altra conversazione, sempre all’esterno, e sembra di percepire la voce di Simone che rivolgendosi al nipote Carmelo gli chiede, abbassando il tono: – Ma Iddu cca è? Una bella svolta! Ascoltiamo tutti… le orecchie più allenate del gruppo affiancano quelle di Totò per cogliere altri passaggi, mentre io raccolgo le carte che quotidianamente, o quasi, vanno portate in Procura e mi avvio, a piedi, come ogni giorno, con un collega.

Alla televisione, nelle fiction, le cose ordinarie non le fanno mai vedere, perciò pochi sanno che nei Palazzi di Giustizia esiste un Ufficio Intercettazioni dove convergono tutte le carte, dove arrivano tutte le richieste di intercettazione e da dove escono tutti i decreti da eseguire; è un collo di bottiglia, dove spesso si deve fare la fila per ritirare le autorizzazioni.

Fare la fila non emoziona e non dà emozione, quindi nelle fiction certi aspetti si tralasciano per dare spazio alla pubblicità, però senza la fila e senza l’Ufficio Intercettazioni non si fanno indagini, al massimo solo le fiction.

La telefonata mi arriva sul cellulare mentre, appunto, sto facendo la fila, e dall’altra parte c’è un arrabbiatissimo Renato Cortese, che mi sta chiamando dall’ufficio di Michele Prestipino, il pubblico ministero, e anche lui non mi pare tranquillo. – Ma come, parlano di Iddu, di Iddu che è Qua (qua lo pronuncia tutto in maiuscolo), e tu non mi dici niente? Ma ti rendi conto… La mia prima reazione è di meraviglia, non capisco il perché di tanta agitazione: – Doc, mica è ancora sicuro; la conversazione è di mezz’ora fa e la stanno tutti riascoltando, l’avrei informata appena avuta certezza… Credo che voglia mangiarmi, ma sono fuori tiro, l’Ufficio Intercettazioni sta nello stesso edificio, ma all’ultimo piano, praticamente nel sottotetto del Palazzo di giustizia di Palermo. – Cioè… stiamo parlando di uno che stiamo cercando da quarant’anni, che dicono sia morto… tu senti i parenti che chiedono se è Qua (di nuovo tutto a lettere maiuscole), e tu non lo dici Subito?

Io sono pragmatico, e non riesco ancora a sentirmi così colpevole: dopo tutto non è che lo abbia detto ad altri e non a lui, mio diretto superiore, semplicemente non mi è mai andato a genio l’atteggiamento di chi ad ogni minima cosa alza il telefono e allarma i “capi”, spesso inutilmente, ma evidentemente qualcuno, al Duomo, la pensa diversamente e ha bruciato i tempi. Pazienza, la lavata di testa me la sono presa, ma di sicuro la mia mancanza non ha portato danno all’indagine.

Mi stringo nelle spalle e continuo a fare la fila. Quando torno al Duomo nella stanzetta del riascolto c’è ressa, con grande disappunto di Totò, ma quell’“Iddu cca è?” appena sussurrato pare che lo vogliano sentire proprio tutti. Nei giorni seguenti preparo le richieste di intercettazione telefoniche e ambientali per Carmelo Gariffo, posto che, a quanto pare, è lui il collegamento con il latitante: con Iddu. [...]. 

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