Stadi pieni, montepremi da milioni di dollari, atleti in età scolare con lo stesso numero di follower delle superstar del calcio. E un regolamento antidoping per eliminare l’utilizzo di Adderall, Ritalin e altri psicostimolanti presumibilmente in grado di alterare le prestazioni durante i tornei. La professionalizzazione degli esport, le competizioni di sport elettronici tra i videogiocatori migliori del mondo, è una realtà incontestabile. Anche nelle sue conseguenze negative.
Il primo scandalo legato all’utilizzo di quelle che, con sigla anglosassone, si definiscono Peds ha una data precisa. Il 13 luglio 2015 viene caricata su YouTube l’intervista di launders, una personalità di riferimento nel mondo del gaming agonistico, a Kory Friesen, esportivo canadese conosciuto dagli appassionati con lo username Semphis.
Classe 1989 e 75mila dollari guadagnati con i tornei di Counter Strike e Counter Strike: Global Offensive, Semphis ammette davanti alla telecamera di aver fatto uso di Adderall, un medicinale spesso adoperato per curare il deficit di attenzione (Adhd) e, dai gamer per aumentare le capacità di concentrazione, affinare i riflessi e accorciare i tempi di risposta. «Non me ne frega nulla, lo dico, eravamo tutti sotto l’effetto dell’Adderall», rivela con disinvoltura il pro-player nordamericano, chiamando in causa anche la sua squadra, i Cloud9. «È piuttosto ovvio se ascolti le comunicazioni – continua – lo fanno tutti, per i fan. È così che diventi bravo».

I dialoghi

Qualcuno il consiglio di esaminare gli scambi vocali lo ha seguito davvero, e il risultato è una clip su YouTube di 3 minuti e 10 secondi. Si tratta di un montaggio con i momenti, si legge nell’intestazione, più «divertenti» e «intensi» delle conversazioni tra i Cloud9 durante l’ESL One di Katowice, in Polonia. Nelle immagini, il botta e risposta tra ShahZam, n0thing, seang@res, shroud e Semphis raggiunge vette di rapidità che fanno sembrare la velocità del filmato tre volte superiore al normale, un po’ come quando si schiaccia “forward” sul telecomando mentre si guarda un programma in tv.
A partire dalle dichiarazioni di Semphis l’elefante nella stanza è diventato improvvisamente visibile ai milioni di spettatori di esport, ai giornalisti e ai responsabili dell’organizzazione degli eventi. Nel 2018 è diventato virale un tweet in cui Timo “Taimou” Kettunen rivela, durante una diretta, che «più o meno venti» tra i migliori videogiocatori di Overwatch fanno uso di Adderall. Tra le risposte al post si può leggere l’affermazione di Jimmy “HighDistortion” Moreno, ex professionista di Gears of War, attualmente impegnato su Fortnite, secondo cui «almeno la metà della community di Gears of War» non rinuncia alla spinta degli psicostimolanti. Una delle dichiarazioni più impegnative è quella di Adam “KiLLa” Sloss, che ha rivelato che «nessuno ne parla perché tutti ne fanno uso». Dopo lo scandalo, la Electronic Sports League, una delle più importanti nel gaming competitivo, ha firmato un protocollo d’intesa con due grosse agenzie antidoping internazionali, le stesse che predispongono controlli in concomitanza delle Olimpiadi. Non tutte le organizzazioni esportive hanno seguito l’esempio. Anche perché gli esport presentano una serie di peculiarità: ad esempio, gli eventi di esport possono prevedere che atleti e pubblico siano connessi tramite internet. Come testare da remoto decine di concorrenti da tutto il mondo?

In Italia

Da qualche anno il gaming professionistico ha preso piede anche in Italia. Giorgio Calandrelli, conosciuto come pow3r, è membro di Fnatic, l’equivalente del Real Madrid nel contesto degli sport elettronici. Ettore “ettorito97” Giannuzzi è stato due volte il campione mondiale di Pes. Riccardo “Reynor” Romiti è il primo gamer non coreano ad aver vinto uno dei maggiori tornei di Starcraft II, uno strategico in tempo reale che nel paese orientale è quasi lo sport nazionale.
L’Adderall non è mai stato autorizzato in Italia, ma altri psicostimolanti come il Ritalin sì. Chi si muove nell’ambiente italiano è convinto che tra i campioni nazionali non circoli alcun tipo di Ped. «Onestamente ne ho sentito parlare, ma non ne ho mai fatto uso e credo che valga la stessa cosa per tutti i pro-player italiani», dice Stefano Pellegatta, conosciuto come Pelle981 dagli appassionati di Call of Duty Warzone. «Ne ho sentito parlare tramite il video di Semphis», spiega Simone Blase, conosciuto con la gamertag di BLASE!. «Il livello medio italiano (di CS:GO, ndr) è bassissimo rispetto al resto del mondo, i controlli vengono fatti lì dove il montepremi è altissimo». Al contrario, in Italia «non ci sono aziende che investono, perciò niente sponsor, niente tornei».
«Possiamo per esempio concordare che vi sia del doping tra i calciatori, giusto?», si chiede Loris “DorianFear” Iezzi, pro-player per la squadra di Pes del Parma, «ma possiamo ipotizzare la stessa cosa tra chi partecipa a un torneo amatoriale di calcetto? Improbabile, tanto improbabile».
È d’accordo Federico Brambilla, fondatore di Exeed, un team in grado di competere in tutto il mondo, grazie a un roster di campioni di Fifa, Rocket League, Fortnite e Tekken 7: «In Italia il videogioco è stato sempre visto come un passatempo», spiega. «Negli altri paesi un concetto del genere è stato superato e la cultura del gaming sportivo competitivo cresce». Solo se si arrivasse a un’«esplosione del mercato», continua Brambilla, «potremmo vedere i primi casi. Siamo umani, siamo esseri imperfetti e quando la posta in palio è alta la persona, nella sua umanità, tende a cercare una scorciatoia».
C’è da dire che la comunità dei gamer, discutendone online, ha opinioni divergenti sugli effetti dei farmaci contro il deficit di attenzione. In molti sono convinti che non siano d’aiuto e lo stesso Semphis ha successivamente dichiarato che, per quanto riguarda alcuni aspetti del match, come la capacità di orientamento, gli effetti dell’Adderall sono controproducenti.
«Non ci sono dati che dimostrano che l’Adderall sia in grado di migliorare le prestazioni, se lo fa è perché corregge un disturbo», dice il professor Stefano Pallanti, psichiatra e docente universitario negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Italia. «Gli individui affetti da Adhd sviluppano facilmente dipendenza dal gioco online ed è quindi probabile che, se facessimo un’indagine tra i giocatori online, avremmo una cifra superiore al 3-4 per cento», la media della popolazione mondiale con deficit di attenzione. Tra le conseguenze su persone che non necessitano il trattamento farmacologico c’è «una lieve euforia, che potrebbe essere considerata positivamente, al netto di una prestazione che non migliora». C’è poi l’effetto energizzante, la riduzione dell’appetito, delle pause e anche del bisogno di dormire, che potrebbero aiutare i pro gamer durante le lunghe sessioni di gioco in diretta per intrattenere i propri follower. Tra gli effetti collaterali anche «un aumento della pressione e della frequenza cardiaca e un aumento della confidenza soggettiva». Insomma, il miglioramento potrebbe non essere altro che una forma di autosuggestione.

© Riproduzione riservata