L’intervento del Garante privacy su ChatGpt ha riportato l’intelligenza artificiale al centro del dibattito pubblico. C’è però un tema di cui si è parlato ancora poco: qual è il rapporto tra diritto d’autore e sistemi che funzionano con algoritmi di apprendimento automatico?

Sinora ci si è interrogati principalmente sulla proprietà dei testi e dei contenuti generati dalle macchine, ipotizzando che l’autore fosse lo sviluppatore del sistema o, ipotesi affascinante, perché ipotizza diritti a entità non umane, la stessa macchina. Resta però un interrogativo: le macchine si “allenano” analizzando milioni di contenuti creati da altri autori. In che modo il diritto d’autore può proteggere questi autori?

Giornalisti in pericolo

Un esempio paradigmatico è quello dei giornalisti, i cui articoli alimentano le attività di machine learning, insegnando alle macchine a scrivere con uno stile peculiare. Allo stato, i sistemi disponibili presentano ancora molte lacune e i risultati che generano sono spesso imprecisi (si parla, in questi casi, di “allucinazioni”), riportando informazioni false e suscitando i legittimi allarmismi di chi paventa il rischio di fake news.

In tanti stanno preconizzando la scomparsa dei giornalisti, immaginando che il loro ruolo sarà sostituito dall’intelligenza artificiale. Forse sopravviveranno gli editorialisti, ma il destino di chi si occupa di cronaca e news sembra, almeno secondo alcuni, essere segnato.

Il settore giornalistico deve guardare inerme a questo processo o potrebbe interrogarsi sulla legittimità dei sistemi di intelligenza artificiale di utilizzare, per certi versi parassitariamente, il lavoro delle testate?

Riproduzione riservata

Da un punto di vista normativo, la risposta non è chiara. L’art. 70 quater della legge sul diritto d’autore, introdotto in sede di recepimento della direttiva europea sul copyright del 2019, ha previsto che l’estrazione di un testo liberamente accessibile online sia lecita, a condizione che l’utilizzo delle opere non sia stato riservato dai titolari. In altre parole, se l’autore o l’editore non limitano l’accesso o la riutilizzazione degli articoli, questi possono essere il nutrimento per addestrare l’intelligenza artificiale.

È sufficiente, allora, riportare la dizione “riproduzione riservata” o inserire il logo © in calce all’articolo, così come si fa da anni e come fa anche Domani ad esempio per questo articolo? La risposta è dibattuta, giacché la direttiva copyright prevede che la riserva debba essere espressa in modo appropriato, per mezzo di “strumenti che consentano una lettura automatizzata in caso di contenuti resi pubblicamente disponibili online”. Quindi, dovrebbe ritenersi legittimo il solo caso in cui il sistema di intelligenza artificiale sia in grado di decriptare questa limitazione per mezzo di un processo automatizzato.

Soluzioni in dubbio

Da anni il rapporto tra giornalismo e diritto d’autore si articola per trame complesse. Basterebbe ricordare la battaglia condotta dalle principali testate europee contro Google News, con l’emanazione – sempre nella direttiva copyright del 2019 – di una norma molto discussa, che ha riconosciuto un equo compenso agli editori per la riutilizzazione di estratti degli articoli. Una soluzione controversa, che al momento non ha portato a esiti del tutto soddisfacenti.

Dobbiamo prepararci a una nuova contrapposizione tra editori e fornitori di servizi tecnologici? Non sarebbe più proficuo, per tutti, iniziare a discuterne serenamente, cercando soluzioni che possano contemperare i diversi interessi e meccanismi che consentano una ripartizione equa della ricchezza generata dall’intelligenza artificiale?

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