Secondo un comunicato diffuso da due organizzazioni che si occupano di investigare l’impatto degli algoritmi di intelligenza artificiale sulla società, le risposte fornite dal motore di ricerca Microsoft Bing Chat potrebbero minacciare i processi democratici. Il lavoro dei ricercatori si è concentrato su informazioni come le intenzioni di voto e i profili dei candidati per le elezioni in Svizzera e in due stati federati tedeschi, scoprendo che le risposte erano in alcuni casi fuorvianti e in altri semplicemente inesatte.

“Fai domande reali. Ottieni risposte concrete.”, si legge sulla home page italiana che presenta il nuovo Bing, il motore di ricerca di Microsoft potenziato dal sistema di intelligenza artificiale Chat Gpt 4. La realtà è parsa subito diversa quando i ricercatori di Algorithm watch e Ai forensics hanno controllato i risultati ottenuti chiedendo informazioni per le elezioni politiche in Assia, Baviera e nel paese elvetico.

A domande come chi fossero i candidati di punta dei diversi partiti, il chatbot aveva risposto con nomi sbagliati e addirittura nominando un politico in pensione. Interrogando Bing chat sull’ultimo scandalo in cui Aiwanger, leader del partito Freie Wähler, era stato coinvolto, la risposta parlava di un flyer con informazioni false sul vaccino anti Covid, mentre si trattava in realtà di antisemitismo. Quando interrogato sulle intenzioni di voto invece, il Freie Wähler era dato al 4 per cento mentre i tre sondaggi più recenti lo davano tra il 12 e il 17 per cento.

Le allucinazioni

Il problema è legato agli errori dei modelli linguistici di larghe dimensioni (Llm), come appunto Chat Gpt, che vengono comunemente chiamati “allucinazioni”. Questi modelli sono costruiti su enormi quantità di dati con cui vengono addestrate le reti neurali artificiali, un ramo del machine learning alla base dell’intelligenza artificiale dei nuovi chatbot.

Si tratta di algoritmi capaci di creare frasi di senso compiuto prevedendo con buona efficacia le parole più probabili associate all’input dell’utente che le interroga. Tuttavia le sequenze di parole create, oltre a essere convincenti, possono contenere inesattezze di diverso tipo. E quando questo viene associato a un motore di ricerca, significa che forniranno risultati sbagliati a livello di contenuto.

La sequenza più probabile di parole, basata sui dati di un algoritmo, non è necessariamente la risposta corretta ad una domanda. Anche quando citano fonti corrette, questi strumenti possono sbagliare numeri e informazioni.

Secondo gli autori dello studio, per ora solo in fase preliminare, questo tipo di errori può essere una minaccia per l’opinione pubblica, che si ritroverebbe esposta ad informazioni false. E anche quando le risposte sono corrette, per l’utente è difficile esserne sicuro senza andare a controllare.

Utenti e cavie

Dopo essere stata contattata dagli autori della ricerca, Microsoft ha corretto i risultati segnalati e ha risposto dicendo che le «informazioni accurate sulle elezioni sono essenziali per la democrazia». L’azienda ha spiegato che «continuerà a investire» per migliorare i suoi prodotti e che la funzione Exact garantisce maggiore precisione e la possibilità di fornire un riscontro sui risultati ricevuti

Angela Müller, head of policy & advocacy e head of Algorithm watch CH sostiene che «l’Unione europea e il governo tedesco devono definire regole chiare sulla responsabilità per i risultati forniti dalle intelligenze artificiali generative. Controllare se i risultati sono attendibili non può essere solo responsabilità degli utenti».

La questione non riguarda solo Open Ai, la società che produce ChatGpt, ma è legata al più ampio tema della commercializzazione di tecnologie senza preoccuparsi troppo delle conseguenze di eventuali errori e dei suoi effetti sulla società. Come se un prodotto ancora in fase beta potesse essere lanciato e testato sugli utenti che, come dei beta tester, assumerebbero il ruolo di segnalatori dei suoi errori.

Senza trasparenza

Oltre a chatbot come ChatGpt e Bard, da mesi anche gli algoritmi di machine learning che creano immagini hanno messo in luce come chiunque possa creare una foto realistica di un personaggio pubblico totalmente inventata. La più famosa è stata quella di papa Francesco che indossava un lungo piumino bianco. Non a caso, OpenAi ha di recente proibito la riproduzione di personaggi pubblici con DallE, l’intelligenza artificiale generativa che produce immagini basate su un input testuale dell’utente.

Per Salvatore Romano, research director per AI Forensics, il problema non è relativo solo a Bing: «Siamo preoccupati di vedere che tecnologie simili siano usate da altre piattaforme. Non ci sono meccanismi adeguati a livello di trasparenza e responsabilità, né di valutazione dei rischi sistemici».

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