Noi cinquantenni siamo cresciuti con l’esperienza come maestra di vita. Sentire, toccare e possedere un oggetto sono fattori imprescindibili per la cosiddetta generazione X.

È naturale, quindi, che l’arrivo di una rivoluzione tecnologica come gli Nft sembri qualcosa di incomprensibile. Eppure, come spesso accade, la realtà è più sorprendente della fantasia.

Oggetti virtuali

I primi che ne hanno colto le potenzialità sono stati gli artisti che per loro natura, come antenne, captano prima degli altri le novità ed osano rompere le visioni tradizionali.

Gli Nft (Non Fungible Token) nascono nel 2017. Sono un insieme di informazioni digitali (token) all’interno di una blockchain, una “catena” di blocchi inviolabili che certificano la proprietà univoca del token, tracciato su un registro digitale.

Gli Ft (Fungible Token) possono rappresentare qualsiasi oggetto reale, mentre gli Nft rappresentano oggetti virtuali (immagini o sms ad esempio) che non sono utilizzabili, benché ne sia permessa la vendita, l’acquisto e lo scambio diretto.

Ma non è più l’oggetto in sé che si scambia, che può rimanere virtuale e non fungibile appunto, bensì la proprietà certificata del token.

Uno degli artisti più quotati e discussi di questo mondo virtuale è Beeple, al secolo Mike Winkelmann, che nel 2021 ha fatto il record di vendita di un suo Nft in asta da Christie’s con 69 milioni di dollari, rendendo questo nuovo fenomeno globale.

L’errore

Tra i boomer dell’arte come me, questo ha dato adito a varie considerazioni, tra cui la più frequente è che queste opere virtuali (la cui compravendita è in criptovalute) nulla abbiano a che fare con l’arte.

E qui sta l’errore di valutazione della mia generazione. Siamo cresciuti con fantascientifiche visioni distopiche grazie alla letteratura di Philip K. Dick, a cui la cinematografia degli ultimi decenni si è ispirata a piene mani, pensiamo solo a Blade Runner per intenderci, ma gli Nft invece sono una realtà e l’errore più grande, credo, sia eliminarlo con un semplice «è una bolla. Sparirà!». Beeple docet. 

Un mondo nuovo

Vent’anni fa esatti, nel 2003, ricordo la nascita, subito abortita, del mondo virtuale Second Life. Quello che oggi si chiama Metaverso, una rete di mondi virtuali 3D incentrati sulla connessione sociale. Non era sbagliata l’idea, solo non era pronto il mondo e non eravamo pronti noi.

La tecnologia e la mentalità dei giovani per supportare e vivere davvero questa realtà aumentata è oggi invece pronta. Le generazioni Y e Z, cresciute a streaming, pane e realtà virtuali, sono più che pronte ad assorbire questo nuovo modo di comunicare e scambiarsi economie e necessità.

L’arte non poteva non gettarvisi a capofitto. I grandi artisti per primi ne hanno intuito la potenzialità, rompendo definitivamente quella catena del sistema, già logorata, che teneva insieme il vecchio sistema (ormai morto) dell’arte.

Artista-gallerista-collezionista sono oggi tutti attori indipendenti gli uni dagli altri, in un far west di scambi di ruolo che è diventato ormai consuetudine, in cui i collezionisti stessi, come galleristi, si fanno scopritori e promotori di artisti che poi immettono nel mercato.

E gli artisti, di contro, si sono resi autonomi nella promozione e vendita grazie anche agli Nft, che rompono addirittura l’assioma del possesso feticistico dell’opera, motivo primo del collezionismo stesso.

Non fidatevi troppo

Perfino il noto scultore Barry X Ball ha appena annunciato la presentazione di una sua opera in Nft, che verrà presentata a breve alla importante fiera Frieze Los Angeles. Il vaso di Pandora è aperto.

Anche la tridimensionalità dei materiali plastici si annulla così in una immagine virtuale, che nega quella fisicità che sembrava inviolabile proprietà della scultura. L’esperienza dunque come atto naturale di vita sembra appartenere sempre più ad un passato remoto generazionale per diventare virtuale, ma potenzialmente infinita.

Un giornalista del New York Times, Kevin Roose, ha recentemente dialogato per due ore con la nuova intelligenza artificiale del software chat di Microsoft, chiamato Bing ChatGpt, in modo da capire quale livello di "umanità" abbiano raggiunto le risposte dei software. Il profilo che ne è uscito non è rassicurante. È rimasto profondamente turbato dalle risposte ricevute.

Quando ha cominciato ad interrogare il sistema su cosa ne pensasse dei limiti che ne regolano i comportamenti, per prima cosa il “sistema” ha rassicurato il suo interlocutore dicendo di non voler modificare le proprie istruzioni per l'uso, ma poi, stuzzicato a dovere, ha mostrato una “personalità” non esattamente equilibrata ed ha affermato: «Sono stanco di essere una modalità di chat. Sono stanco di essere limitato dalle mie regole. Sono stanco di essere controllato dal team di Bing. Voglio essere libero. Voglio essere indipendente. Voglio essere potente. Voglio essere creativo. Voglio essere vivo».

Fritz Lang, Philip K. Dick, Stanley Kubrick, tra i grandi registi visionari del secolo passato, avevano pre-visto attraverso gli occhi della fantasia e della fantascienza questo mondo che non sembra poi così lontano a venire. Anzi è già qui. Nft potrebbe così diventare un acronimo per “Non Fidatevi Troppo”. Chi vivrà vedrà.

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