Da una parte troviamo OpenAi, Microsoft, Meta, Google e Anthropic. Dall’altra ci sono Baidu, Tencent, Alibaba e Bytedance. Il grande assente all’interno di questo (incompleto) elenco dei principali protagonisti dell’intelligenza artificiale salta subito all’occhio.

Non si tratta però di un’azienda, bensì di un continente: l’Europa, incapace di ritagliarsi uno spazio tra i colossi statunitensi e cinesi – nella Ia come nel complessivo settore digitale – e costretta ad accontentarsi del ruolo di ente regolatore.

Un attore impegnato soprattutto a mettere un argine allo strapotere di Big Tech, attraverso il suo recente Ai Act (il regolamento per un’intelligenza artificiale etica e affidabile) e le altre norme varate negli ultimi anni in materia di privacy, servizi e mercato digitale.

Nonostante qualche importante startup sia presente anche in Europa (come le tedesche Aleph Alpha e DeepL), i numeri confermano quanto il nostro continente sia praticamente assente dalla più importante corsa tecnologica del XXI secolo: negli ultimi dieci anni, le realtà statunitensi che operano nel campo dell’intelligenza artificiale hanno raccolto investimenti per 249 miliardi di dollari. Se aggiungiamo a Francia e Germania anche il Regno Unito, le tre più importanti realtà europee si sono invece dovute accontentare di 32 miliardi di dollari (alle altre nazioni restano le briciole).

L’unicorno

Sempre negli ultimi dieci anni, negli Stati Uniti sono state fondate 4.643 startup di Ia, mentre Francia, Germania e Regno Unito assieme arrivano appena sopra quota mille. Molte meno startup, quindi, e soprattutto dotate di una capacità economica – e di conseguenza tecnologica – notevolmente inferiore.

È per tutte queste ragioni che nell’aprile 2023 è stata salutata con entusiasmo la nascita di Mistral Ai, società con sede a Parigi, fondata da Arthur Mensch (ex di DeepMind, il laboratorio di ricerca di Google) assieme a Guillaume Lample e Timothée Lacroix (ex ricercatori di Meta) e che ambisce a fare concorrenza a ChatGpt e agli altri large language model, proponendo un’alternativa europea allo strapotere statunitense.

Un’alternativa importante non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche politico e culturale: «Questi modelli producono contenuti che danno forma alla nostra comprensione del mondo. Come sappiamo, i valori della Francia e quelli degli Stati Uniti differiscono in modo sottile ma importante», ha spiegato Mensch durante una conferenza. «Il problema di non avere un campione europeo è quindi che la strada viene tracciata dagli americani: non possiamo rischiare una tale dipendenza strategica».

Il fatto che Mistral Ai volesse orgogliosamente intestarsi il ruolo di campione europeo è stato accolto con gioia dalla classe dirigente francese ed europea, tanto più visto che i suoi modelli linguistici – dal gratuito LeChat al più potente Mistral Large, pensato per un uso professionale – hanno rapidamente dimostrato di essere di ottimo livello e sono stati adottati (forse anche per spirito patriottico) da aziende francesi come Renault e Bnp Paribas.

Forte di questi primi successi, nel dicembre scorso Mistral ha ottenuto finanziamenti per quasi 500 milioni di dollari e una valutazione da due miliardi, mentre proprio in queste settimane sta cercando di raccogliere altri 600 milioni di dollari da fondi d’investimento come Dst, Lightspeed Ventures e General Catalyst, con una valutazione che dovrebbe raggiungere i sei miliardi di dollari.

Si tratta ancora di cifre piccole se confrontate con quelle di OpenAi (valutata 80 miliardi di dollari e che ha ottenuto 13 miliardi di investimento dalla sola Microsoft), ma che hanno reso Mistral il più promettente “unicorno” (startup valutate almeno un miliardo di dollari) europeo nel campo dell’intelligenza artificiale.

Modifiche all’Ai Act

Talmente promettente che il già citato Ai Act è stato modificato in corsa – su pressione proprio della Francia, spalleggiata in questo dalla Germania e dall’Italia – per evitare che delle norme troppo stringenti potessero “ostacolare l’innovazione”, ovvero rallentare la rapida ascesa dell’unica realtà continentale che sembra in grado di tenere testa alla Silicon Valley.

E così, nell’Ai Act sono state ammorbidite le norme relative alla fase d’addestramento e all’utilizzo di materiale protetto da diritto d’autore, eliminando anche alcuni dei vincoli previsti per le realtà open source (come Mistral Ai, i cui codici sono quindi liberamente accessibili e modificabili) e consentendo una maggiore autoregolamentazione. Tutte operazioni salutate con gioia da Arthur Mensch e dai suoi soci, che – attraverso i politici francesi – avevano in più occasioni chiesto di «avere una chance di competere con i loro concorrenti globali», accusando il parlamento europeo di complicare eccessivamente la vita alle realtà europee.

Peccato che il 26 febbraio, pochi giorni dopo il varo dell’Ai Act, Mistral abbia siglato una partnership pluriannuale proprio con Microsoft, che permetterà alla startup francese di sfruttare la piattaforma cloud Azure per far funzionare i propri modelli linguistici.

Microsoft ha inoltre investito in Mistral circa 15 milioni di euro, che potranno essere convertiti in quote al termine del prossimo round di finanziamenti.

In poche parole, dopo aver chiesto di modificare l’Ai Act affinché potesse competere con i colossi del settore, Mistral Ai si è affidata a Microsoft, scatenando le ire dei politici europei: «Siamo infuriati perché il governo francese ha sostenuto per mesi la tesi della leadership europea, ovvero che queste aziende dovrebbero essere in grado di crescere senza l’aiuto di aziende cinesi o statunitensi», ha spiegato – come riportato dalla newsletter Guerre di rete – il consulente per la politica digitale del Partito popolare europeo, Kai Zenner. «Ora hanno ottenuto tutte le loro richieste e cercano comunque aiuto esterno, trovo che questo sia semplicemente ridicolo».

L’indagine

È forse anche questo scontro ad aver spinto la Commissione europea ad aprire immediatamente un’indagine antitrust, per verificare se l’accordo tra Microsoft e Mistral Ai non aumenti eccessivamente la concentrazione di potere nel settore (una simile indagine da parte dell’autorità britannica è stata invece successivamente abbandonata).

Le partnership extraeuropee non rappresentano però l’unico voltafaccia compiuto da Mistral Ai, che, come detto, si è sempre definita un’azienda sostenitrice dell’open source, respingendo l’idea – sostenuta da OpenAi, Anthropic e altre realtà del settore – che offrire accesso libero al codice di questi sistemi rischierebbe di farli finire in mani pericolose, che potrebbero usarli per diffondere disinformazione o, peggio, per costruire armi letali.

Una posizione che – secondo quanto dichiarato da Mensch – è non solo sbagliata, ma anche economicamente interessata, avendo in realtà il solo scopo di ostacolare l’ingresso di nuove realtà del settore.

Come già avvenuto con OpenAi (che, a differenza delle origini, oggi di “open” ha soltanto il nome), anche Mistral Ai sembra aver cambiato approccio in seguito alla sua partnership con Microsoft, visto che il suo modello più potente – Mistral Large – è stato rilasciato in modalità chiusa: «Non vogliamo abbandonare del tutto l’open source», ha spiegato durante una conferenza parigina un dirigente della startup. «Questa tecnologia è rivoluzionaria ed è importante essere trasparenti, inoltre l’open source è essenziale per facilitare la nascita di un ecosistema europeo dell’intelligenza artificiale».

La promessa di Mistral Ai è quindi di continuare a produrre anche, ma non più soltanto, sistemi open source, in modo da conciliare le necessità commerciali e le convinzioni politiche.

Il sospetto che – dopo aver raggiunto lo status di unicorno e aver stretto accordi con i colossi del settore – in casa Mistral Ai stia rapidamente cambiando il vento è però difficile da cancellare.

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