Non sempre essere dove sono tutti è sinonimo di desiderabilità ma soprattutto di esclusività. Il brand di alta gamma Bottega Veneta con l’inizio del 2021, visto da molti come l’anno della ripresa e della rinascita, si è posto il dubbio se fosse ancora il caso di farlo. E ha scelto l’assenza, togliendosi dai social. Una mossa in controtendenza per un settore come quello della moda che ha vissuto per un anno di bombardamento digitale, imposto dalla pandemia. L’account Instagram del brand del gruppo Kering, che vantava 2,5 milioni di follower, è stato cancellato, così come quelli di Twitter e Facebook; quest’ultimo è rimasto online ma con la rimozione di tutti i contenuti video e foto.

Quanto valgono i social

Il segmento della moda fa molto affidamento sui social media sia per la comunicazione diretta con i consumatori che per la pubblicità e il marketing, che generano entrate, specialmente in questo momento dove i negozi aprono e chiudono. I like e i follower, però, non sono mai stati un parametro di misurazione di vendite e flussi di cassa, quanto piuttosto di successo e desiderabilità. Ma è anche vero che, in un’epoca in cui i social sono sempre più di massa, il valore del lusso sarà ricercato maggiormente nell’interazione umana, e non in quella digitale.

Sappiamo anche che il lusso è entrato nella tecnologia tardi. Ha lottato per far quadrare il sistema correttamente poiché evidentemente mancava del contatto personale e dell’attenzione per cui l’alta gamma è famosa: l’esperienza di acquisto. Quindi? Forse un elemento indispensabile per rendere il lusso tale è quello di far sentire chi compra un privilegiato. Si sta ricreando una stratificazione sociale, seppure in maniera democratica. E questo risultato si può ottenere solo tramite un ritorno a una dimensione più intima ed esclusiva come quella a cui sta lavorando Bottega Veneta.

La sua ultima campagna pubblicitaria parla chiaro: le foto ritraggono modelli in pose naturali, immortalati durante quello che sembra essere un weekend in una villa immersa nella natura. In un paio di scatti i protagonisti sono un cane dalmata e un pappagallo, entrambi più esposti degli indumenti. Immagini essenziali, veicolate senza balletti per teenager su TikTok e facendo a meno di dirette Instagram. Tutto a favore di un ripensamento generale sull’utilizzo dei social.

«I social effettivamente hanno reso troppo accessibile la moda, che dovrebbe invece continuare a comunicare una porzione di sogno, una desiderabilità che la trasformi in un “premio”, nel momento in cui la si raggiunge, attraverso l’acquisto di un abito», dice Paolo Landi, autore del libro Instagram al tramonto. «Comprare su Instagram con un click, pagando con PayPal rende tutto meccanico e troppo rapido. Invece la moda ha bisogno di più lentezza e di più immaginazione».

Insomma, i social iniziano a essere considerati dai marchi del lusso solo un veicolo pubblicitario a cui possono accedere tutti. «Probabilmente sì, anche se i social si stanno già attrezzando contro la massificazione, che rappresenta sempre un problema per la moda. Clubhouse, per esempio, è un social privato, disponibile solo sulla piattaforma di Apple, al quale si può accedere solo su invito. È probabile che molti brand del lusso si sposteranno qui».

C’è chi però sostiene che il lusso possa essere raccontato anche sulle piattaforme digitali, come ha spiegato Giovanni Faccioli, fashion & luxury market leader di Deloitte Italia: «I social non sono per loro natura esclusivi, solo i contenuti lo possono essere ed è proprio si contenuti che i marchi del lusso si differenziano dal resto del mondo fashion, puntando sulla creazione di esperienze uniche sempre più innovative e coinvolgenti, differenti a seconda della piattaforma selezionata, ma pur sempre elitarie. È così, quindi, che il lusso sui social riesce a conservare l’aspetto aspirazionale ed elitario che da sempre lo contraddistingue».

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