Nel 2019 per molti Tik tok era semplicemente una strana app frequentata da ragazzini. Era l’espressione più viva del distanziamento digitale e generazionale che per la prima volta riguardava anche i trentenni, cresciuti su fossili digitali come Superfighetto, Badoo, Netlog e MySpace, prima di approdare su Facebook. Nel 2020, Tik tok è diventata l'app dei record e la più scaricata al mondo. Ma anche un caso geopolitico, con la battaglia di Donald Trump contro le “app cinesi”.

Tik tok non rappresenta più solo la distanza siderale fra boomer e generazione Z. È diventato l'emblema della guerra tecnologica tra Oriente e Occidente. Il sogno americano che si muove con i passi di danza di Charli D'Amelio. Ma che rimane, comunque, un sogno importato e controllato oltre confine.

Le aziende hanno iniziato a investirci soldi per la pubblicità. Mark Zuckerberg ha provato a imitarlo, inserendo Reel, una brutta copia di Tik tok, su Instagram. Si può pure continuare a ignorare questo fenomeno, si può esserne preoccupati e si può legittimamente pensare che non valga la pena di capirlo. Farlo significa però perdersi qualcosa di quello che sta accadendo al mondo.

I dati, prima di tutto

Secondo l'AgCom, la crescita di Tik tok in Italia, durante l'anno, è stata vertiginosa. A giugno 2019, quando è iniziata la rilevazione, gli utenti attivi erano circa 900 mila. Un anno dopo, secondo gli ultimi dati disponibili, erano già 6 milioni e 600 mila. La variazione in un anno è stata del 593 per cento. Nell’ultimo trimestre del 20,5 per cento.

Facebook, con i suoi 36,9 milioni di utenti è ancora lontano. Ma nessuno fra i social network è cresciuto tanto negli ultimi mesi. Secondo i dati di Sensor Tower, nel 2020 Tik tok è stata di gran lunga l’app più scaricata sugli smartphone al mondo. Da giugno a settembre, i download sono stati quasi 200 milioni, circa 600 milioni nei due trimestri precedenti. È l’app più scaricata in Europa e la seconda negli Stati Uniti, dove è stata superata solo da Zoom.

Una tiktoker spagnola (Europa Press via AP)

Geopolitica di una app

In estate, il governo indiano ha deciso di vietare l’utilizzo di una sessantina di app cinesi, compresa appunto Tik tok. La motivazione ufficiale è il rischio per la sicurezza nazionale. Il sospetto è che Pechino possa accedere ai dati raccolti, per metterli a disposizione della propria intelligence. Un’eventualità sempre negata da Byte Dance, la società che ne è proprietaria.

A metà agosto, gli Stati Uniti hanno cercato di seguire la stessa strada, con un ordine esecutivo firmato dall’amministrazione Trump. Ancora una volta con la preoccupazione per la sicurezza nazionale, Trump ha dato a Tik tok un ultimatum: 90 giorni di tempo per la vendita a una proprietà statunitense.

Dopo alcune proroghe, l’ultimatum è scaduto a inizio dicembre, per ora senza conseguenze. Il Ctus – il Comitato sugli investimenti esteri negli Stati Uniti – ha rifiutato di rimandare ancora la scadenza, ma non è intervenuto in alcun modo. Anche perché le trattative per la cessione sarebbero in uno stato avanzato.

Sul tavolo ci sarebbero due offerte. Una è ancora sconosciuta. L’altra vedrebbe la partecipazione di Oracle, una società tecnologica della Silicon Valley, con la catena di negozi al dettaglio Walmart e gli stessi investitori statunitensi di Byte Dance. I dettagli sono ancora sconosciuti.

Cosa succederà nel 2021

Secondo E-Marketer – in un’analisi citata anche dal think tank italiano Data Media Hub – è improbabile che questa situazione di stallo possa sbloccarsi a breve. Anche perché, nel frattempo, sta per cambiare il presidente degli Stati Uniti.

È probabile invece che anche Byte Dance abbia deciso di aspettare, per capire quale atteggiamento adotterà Joe Biden. Nel frattempo, tutto fa pensare che il prossimo anno Tik tok semplicemente continuerà a crescere. Sempre di più.

L’algoritmo

Ma qual è il segreto del successo e perché questa app sembra avere una marcia in più rispetto ai competitor? Immaginiamo due persone in una stanza, sedute su un divano. Entrambe si sono iscritte per la prima volta a Tik tok. Iniziano a scorrere i video, senza rendersi conto del tempo che passa. Su alcuni video si fermano. Li guardano per intero. Magari li ripetono pure, più di una volta. Altri invece li scorrono velocemente. Li fanno «floppare», fallire, come si dice in gergo.

Senza saperlo, i due nuovi utenti sono già stati studiati dall’algoritmo di Tik tok. Nel giro di poco tempo, le due persone hanno fra le mani la stessa app, per molti aspetti molto simile. Eppure, se la confrontassero, si renderebbero conto che propone loro contenuti molto diversi.

Il segreto di Tik tok è questo: la capacità di creare un profilo accuratissimo dei propri utenti. Scoprendo tutte le loro parafilie, i piaceri nascosti, le manie inconscie e le ossessioni. Riproponendole di continuo, creando dipendenza e facendo dimenticare che esiste un mondo al di fuori della propria bolla.

Un palcoscenico

Pensare a Tik tok solo in termini negativi sarebbe però un errore, anche perché non ne spiegherebbe la diffusione. C’è un altro aspetto da considerare: l’app mette a disposizione un insieme di strumenti creativi senza precedenti. Innanzitutto, è il programma di montaggio video – effetti speciali compresi – più semplice al mondo.

L’app nasce perché tutti possano farsi conoscere imitando gli altri, seguendo gli stessi passi di danza. Ma per diventare davvero famosi, su Tik tok, bisogna distinguersi. Inventare qualcosa. Essere creativi. Insomma, avere una propria personalità e fare qualcosa che non ha mai fatto nessuno prima.

C’è Andrea Cerrato che ha scritto una canzone che racconta la storia di Harry Potter. Cecilia Cantarano che è un’artista dell’intrattenimento. Davide e Samanta che raccontano la loro vita di piccoli commercianti. Pietro Morello che suona qualsiasi strumento, a qualsiasi ora, facendo arrabbiare il vicino di casa. Davide Patron che insegna come si pronunciano davvero le parole in inglese. Sono tutte persone normali che su Tilk tok hanno trovato il loro palcoscenico. E hanno dimostrato di avere qualcosa da dire.

Denim day

Nel corso del 2020 Tik tok ha smesso di essere l’app riservata ai ragazzini, dove ci sono solo balletti, contenuti frivoli e altre sciocchezze. È anzi diventato il posto dove si possono veicolare messaggi dal forte impatto sociale. La scorsa primavera, per esempio, ragazzi da tutto il mondo hanno iniziato a condividere sull’app storie di abusi e violenze sessuali subìte, abbattendo un tabù ancora molto diffuso. Hanno creato una sorta di grande comunità virtuale, senza confini, di sostegno reciproco. Se ne è accorta anche Chiara Ferragni che in Italia ha contribuito a dare ancora più visibilità a quello che stava succedendo, ricondividendo i video.

Il 29 maggio è il cosiddetto “Denim day” (“il giorno dei jeans”), nome internazionale di una ricorrenza che si lega a una storia italiana. Nel 1992, un istruttore di guida di 45 anni fu condannato perché aveva violentato una ragazza di 18 anni, durante una lezione. Qualche tempo più tardi, nel 1998, la Cassazione annullò la sentenza. Con questa motivazione: la ragazza indossava un paio di jeans. E non potevano essere sfilati – sostenne la Corte – senza il suo consenso.

Dopo la sentenza, alcune parlamentari si presentarono, per protesta, con i jeans sui gradini del Palazzo di Giustizia, sede della Cassazione. La manifestazione venne ripresa oltre oceano, negli Stati Uniti: da allora, il “Denim day” è il giorno in cui donne e uomini di tutto il mondo protestano indossando i jeans, per ricordare che il vestito della vittima non può mai essere l’alibi o il pretesto per un abuso o per sottintendere un consenso che non c’è.

Messaggi sociali

Così, quest’anno, su Tik tok centinaia di ragazzi da tutto il mondo hanno mostrato i vestiti strappati che indossavano il giorno in cui hanno subìto una violenza. Lo hanno fatto condividendo un messaggio che è insieme di ribellione e di speranza: «Quello che è successo non ti definisce». In questo modo, le vittime hanno voluto condividere il loro trauma, per sentirsi meno sole e meno sbagliate.

«Sono felice che internet stia diventando un posto in cui le persone possano trovare i propri simili e sapere che non sono soli in queste terribili esperienze – ha scritto a riguardo Chiara Ferragni –. È bello che sui social non si vedano solo selfie, viaggi, balletti e cuccioli ma anche la normalizzazione di tutto ciò che positivo non è. La generazione più giovane della mia sta riuscendo a usare questo mezzo, considerato frivolo da chi non lo capisce, per trasformarlo in un incubatore di grandi messaggi sociali». Tik tok, nel 2020, è stato anche questo.

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