Meta licenzierà 11mila dipendenti, all’incirca il 13 percento della forza lavoro dell’azienda. Lo ha annunciato nella mattinata di oggi, 9 novembre, Mark Zuckerberg, amministratore delegato del gruppo che controlla i social network Facebook e Instagram e le app di messaggistica WhatsApp e Messenger. 

La prima vera crisi

La decisione era nell’aria, dopo le anticipazioni pubblicate sul Wall Street Journal, e arriva a pochi giorni di distanza dal licenziamento di massa che ha coinvolto i dipendenti di Twitter. Un piano che sarebbe stato definito nell’incontro di ieri tra Zuckerberg e la dirigenza. Il New York Times cita, in proposito, la testimonianza di una fonte presente al vertice aziendale, secondo la quale uno dei motivi alla base degli allontanamenti sarebbe la crescita «troppo rapida» dell’azienda.

A fine settembre Meta registrava 87.134 dipendenti, mai così tanti nella sua storia (cioè dalla fondazione di Facebook, nel 2004). Il gruppo non ha conosciuto crisi da quando l’imprenditore americano, nei tempi lontani dei suoi studi ad Harvard, plasmò il concetto di social network aprendo all’era del web 2.0.
La “leggendaria” sede di Menlo Park, nella Silicon Valley californiana, per quasi due decenni si è nutrita del mito di un progresso visionario e inarrestabile, attirando a sé i migliori cervelli e investitori in giro per il mondo. 

Non ci fu nessuna ripercussione sui dipendenti neppure dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, durante le elezioni Usa del 2016, che coinvolse profondamente la piattaforma e costrinse Zuckerberg a un “mea culpa” in un’audizione di fronte al Senato americano.

La scelta comunicativa

Vedere uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo abbassare la testa e riconoscere i propri errori, che siano “politici” o strategici, non capita così frequentemente. Oggi è accaduto di nuovo. «Voglio assumermi la responsabilità di queste decisioni e di come siamo arrivati ​​qui», ha scritto Zuckerberg in una lettera ai dipendenti. «So che è dura per tutti e sono particolarmente dispiaciuto per coloro che sono stati colpiti». 

Una scelta comunicativa pensata per mettersi al riparo, almeno in parte, dalle critiche che inevitabilmente sarebbero arrivate, offrendo l’immagine di un imprenditore che vive vicino alla propria azienda e a chi ci lavora. Il fondatore di Facebook ha segnato, in questo modo, anche un distacco dalle modalità con cui il rivale Twitter ha annunciato il licenziamento di metà dei propri lavoratori, il 4 novembre scorso, senza che il patron Elon Musk mostrasse cenni di interesse per il risvolto umano dell’operazione.

Ma che si tratti di una scelta di immagine o di una sincera manifestazione di rammarico, l’assunzione di responsabilità di Zuckerberg non è casuale, né immotivata. Meta, che nel 2021 raggiungeva un valore in borsa di mille miliardi di dollari, nell’anno in corso ha affrontato non pochi guai finanziari. 

Il buco del metaverso

A ottobre i profitti trimestrali hanno segnato un calo del 50 percento e nel 2022, finora, le azioni sono scese di oltre il 72 percento. In parte, i fattori di crisi sono comuni all’intero settore, che è cresciuto durante la pandemia e ora soffre il rallentamento dell’economia globale e il declino della pubblicità digitale. Ma il punto di rottura, per Meta, è scritto nel nome.

L’ossessione di Zuckerberg per il metaverso pesa per miliardi di dollari sul bilancio aziendale. Gli enormi investimenti su prodotti correlati, come i visori per la realtà virtuale, non stati ricevuti dal pubblico con l’entusiasmo sperato.

Secondo il New York Times, all’interno dell’azienda circolerebbe da tempo il sospetto che l’ambizione di Zuckerberg di elevarsi a vero pioniere della realtà aumentata stia prendendo il sopravvento sulla razionalità. Nel rapporto sugli utili pubblicato il mese scorso, Meta ha rivelato che la parte della società che opera nel metaverso, Reality Labs, ha registrato perdite operative per 3,67 miliardi di dollari e, secondo le previsioni, il prossimo anno la situazione peggiorerà ancora.

Qualche settimana fa, lontano dai toni gravi con cui oggi ha comunicato gli 11mila licenziamenti, Zuckerberg intratteneva la platea di ascoltatori presenti alla conferenza Meta Connect, annunciando orgogliosamente che: «Il futuro non è molto lontano e noi ne siamo parte fin dall’inizio». Ma i nuovi inizi, si sa, sono quasi sempre in salita. Da Twitter a Meta, l’ultima settimana delle big tech sembra confermarlo.

© Riproduzione riservata