Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie del Blog Mafie è dedicata al maxi processo in occasione del trentunesimo anniversario della strage di Capaci


Il traffico internazionale di stupefacenti (soprattutto di eroina) è in atto, senza dubbio, l'affare più lucroso della organizzazione mafiosa siciliana. È sorto come naturale evoluzione del contrabbando di tabacchi, del quale utilizza sempre più integralmente le strutture, e lo ha gradatamente sostituito quasi per intero.

Dal complesso delle risultanze probatorie acquisite nel presente procedimento, si può trarre la conclusione che nel traffico di stupefacenti vi sono membri di "Cosa nostra" impegnati operativamente, che si organizzano, associandosi, entro determinati limiti, anche con persone non appartenenti all'associazione, e che tutta "Cosa nostra" partecipa finanziariamente al traffico, nei modi stabiliti dalla "commissione" e dai "capi famiglia".

Sulla base della constatata gestione unitaria del traffico dell'eroina da parte della associazione mafiosa, appare indispensabile, ai fini delle conseguenze giuridiche da trarre in ordine ai delitti di associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti e di traffico di droga, per i quali sono stati condannati taluni imputati, innanzitutto stabilire come sia strutturato tale traffico.

A prima vista, sembrerebbe ovvio che, essendo il traffico di stupefacenti tra le finalità primarie di "Cosa nostra", chiunque appartenga a tale associazione mafiosa debba rispondere, per ciò stesso, anche dei reati concernenti gli stupefacenti, a prescindere da qualsiasi suo accertato e specifico coinvolgimento nel traffico stesso.

Una attenta verifica delle risultanze processuali consente, tuttavia, di affermare che l'equazione mafioso= trafficante di droga non può accettarsi. Soccorrono, al riguardo, le dichiarazioni di Tommaso Buscetta, il quale ha consentito una "lettura dall'interno" della struttura e del funzionamento di "Cosa nostra" anche in relazione al traffico di stupefacenti.

Ha, infatti, riferito testualmente il Buscetta: "La S.V. mi chiede di quali notizie io sia in possesso in ordine al traffico di stupefacenti e di eroina in particolare. Al riguardo, mi risulta quanto segue.

Ritornato a Palermo, nel giugno 1980, mi accorsi che un grande benessere investiva un pò tutti i membri di Cosa nostra. Stefano Bontate mi spiegò che ciò era la conseguenza del traffico di stupefacenti. Egli che concordava con me nel ritenere che il traffico di stupefacenti avrebbe portato alla rovina Cosa nostra mi disse che all'origine vi era stata l'iniziativa di Nunzio La Mattina. Il contrabbando di tabacchi cominciò ad essere abbandonato da Cosa nostra all'incirca verso il 1978, sia per gli aumentati rischi sia per le beghe interne che spesso mandavano a monte affari importanti. Il La Mattina che, quale contrabbandiere, aveva avuto modo di avvicinarsi alle fonti di produzione e di approvvigionamento della materia prima per la produzione dell'eroina, ritenne di tentare la sorte e riuscì a convincere gli esponenti più autorevoli di Cosa nostra.

Ad un certo punto, avvenne che l'approvvigionamento della materia prima era riservato all'attività di Tommaso Spadaro, Nunzio La Mattina e Pino Savoca, i quali, però, lavoravano ognuno per conto proprio, mantenendo gelosamente segreti i propri canali.

Gli altri partecipavano solo finanziariamente a tale lucrosissima attività nel senso che si quotavano per finanziare l'acquisto e la raffinazione dell'eroina, ritirando, poi, dai laboratori palermitani il prodotto finito. Ed è da rilevare che in questo settore, come già del resto nel contrabbando, le divisioni delle varie famiglie non operavano più, nel senso che ognuno si poteva associare con chi voleva. lo, forse, sono stato l'unico uomo d'onore di Palermo a non avere mai avuto alcuna parte in tali traffici, sia perché, come ho già detto, ne vedevo l'estrema pericolosità per la stessa sopravvivenza di Cosa nostra, sia perché, anche per effetto della mia carcerazione, ero stato tenuto in disparte.

Stefano Bontate sosteneva anche egli di essere estraneo, ma, per amore di verità, non saprei se quanto egli diceva corrispondeva al vero, poiché, nella materia, ognuno si teneva per sè quanto faceva. Vero è che l'uomo d'onore ha l'obbligo di dire sempre la verità ma solo per la materia attinente a Cosa nostra; gli affari, invece, non riguardavano la mafia ed ognuno può associarsi con chi vuole. Va da sè, però, che se ci si associa fra uomini di onore, si ha l'obbligo di comportarsi correttamente e di dire sempre la verità anche nei rapporti di affari che riguardino tali uomini di onore.

Ricordo, in proposito, che Pippo Calò tolse a Masino Spadaro la qualifica di vice capo di Porta Nuova perché lo Spadaro si era comportato scorrettamente in affari di contrabbando di tabacchi che riguardavano anche altri uomini d'onore e, precisamente, lo stesso Pippo Calò. Se, invece, lo Spadaro avesse frodato persone non mafiose, nessun uomo d'onore avrebbe potuto chiedergli nulla e, soprattutto, lo Spadaro non avrebbe avuto l'obbligo di dire la verità.

Altro uomo d'onore che non avrebbe potuto partecipare al traffico di stupefacenti era Gaetano Badalamenti, il quale, per altro, mi ha sempre detto di essersi mantenuto estraneo.

E ciò, non perchè il Badalamenti non volesse partecipare, ma perchè, essendo stato "posato", non avrebbe potuto in alcun modo prendere contatti con gli uomini d'onore che gestivano il traffico. Tuttavia, proprio per le considerazioni testè fatte, non so dire se quanto riferitomi dal Badalamenti risponde al vero. C'è da dire, però, che se ha partecipato clandestinamente a tale attività, prendendo contatti con uomini d'onore che nemmeno avrebbero dovuto avvicinarlo, ciò significa che veramente il danaro ha corrotto tutto e tutti, poichè sarebbe stata commessa una gravissima violazione. C'è da dire, ancora, che, per le esigenze del traffico, è stato necessario ricorrere anche ad uomini non mafiosi e ciò è stata causa non ultima della confusione che si è venuta a creare.

In buona sostanza, quando sono arrivato a Palermo ho trovato, accanto ad una incredibile ricchezza, una altrettanto grave confusione nei rapporti fra le varie famiglie e gli uomini d'onore, tanto che mi sono reso subito conto che i principi ispiratori di Cosa nostra erano definitivamente tramontati ed era meglio per me che me ne andassi via da Palermo al più presto, non riconoscendomi più in quella organizzazione cui avevo creduto da ragazzo.

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