«Lunedì saremo tutti insieme per manifestare la memoria dell’antifascismo che è parte integrante della nostra Costituzione». Il segretario del Pd Enrico Letta tende una mano all’Associazione nazionale dei partigiani, in nome di uno sforzo con cui cerca di tenere insieme tutto il centrosinistra. Non a caso lo fa a Roma, al congresso di Articolo 1, dove il leader Pd fa un gesto unitario verso gli ex scissionisti («Alla domanda di Roberto Speranza, se si fa la sinistra, la mia risposta è sì»).

Speranza, segretario di Articolo 1 uscente e rientrante – ieri è stato rieletto – ha appena detto «saremo a Milano alla grande manifestazione del 25 aprile al fianco dell’Anpi». Letta però non rinuncia a una sottolineatura delle «parole di Mattarella, che ho particolarmente apprezzato: pace, non resa e unità». Sottinteso: l’Ucraina andava e va aiutata anche con il rifornimento di armi.

Il concetto a casa Speranza non è del tutto pacifico. Articolo 1 ha votato per l’invio di armamenti a Kiev («L’Ucraina non poteva soccombere sotto la pressione militare russa»), ma poi ha segnato qualche dissenso sull’aumento delle spese militari; per il segretario «una corsa nazionalista al riarmo», sarebbe «un errore molto grave», serve «un sistema di difesa autonoma dell’Europa». Purché si sia tutti contro Putin: «Su questo non possono esserci zone grigie o giudizi a metà».

Le polemiche con l’Anpi

Tutti comunque provano a tirare secchiate d’acqua fredda sulle polemiche contro i partigiani. E a sfumare le diverse vedute. Che però tanto sfumature non sono, e lo si vedrà a breve quando il governo dovrà riaffrontare un nuovo invio di armi. Per il momento comunque è pace fatta. O quasi. Domenica le forze del centrosinistra si ritroveranno insieme all’edizione straordinaria della marcia della pace, la Perugia-Assisi. E domani di nuovo tutte insieme a Milano, alla manifestazione nazionale per il 77esimo anniversario della liberazione. In attesa di capire se qualche bontempone porterà davvero le bandiere Nato, uno degli oggetti del contendere. Al tentativo di ritrovare la concordia a sinistra dà il suo contributo anche Gianfranco Pagliarulo, che oggi parlerà al congresso di Articolo 1.

Il presidente dell’Anpi da un convegno sulla Resistenza organizzato a Bari ieri ha aggiustato il tiro. «L’invasione russa è da condannare senza se e senza ma» e «la resistenza ucraina è resistenza», sottolinea con più forza delle volte precedenti.

«Nessuno nega che sia necessaria, e oserei dire doverosa una resistenza armata nei confronti dell’invasore e dell’oppressore» anche se da questo «ai provvedimenti da assumere c’è una gradazione di possibilità che va sempre analizzata in relazione allo scontro e al contesto. E oggi il contesto è una realtà di una escalation della guerra». In ogni caso, conclude, «pur nelle opinioni diverse, è necessario e urgente operare insieme, unitariamente, affinché si apra la possibilità di un negoziato». Discorso bilanciato, e infatti a lungo limato, tanto che per prepararlo Pagliarulo venerdì ha mandato un vice alla cerimonia del Quirinale, come ha rivelato il Manifesto.

La città della discordia

«Operare insieme», dunque. Cosa che riesce a Milano e in tutto il resto del paese. Non a Roma. Sembrano lontani i tempi di “Bella ciao” cantata dalle finestre, durante il primo lockdown. Domani nella capitale l’Anpi, dopo due anni di pandemia e di iniziative online (nel 2020) o simboliche (2021), ha riconvocato il corteo che arriva a Porta San Paolo. Anche stavolta la Comunità ebraica non ci sarà, e non porterà le insegne della sua storica Brigata.

Come del resto succede dal 2014, dopo un ruvido confronto sul palco e in piazza sulla questione palestinese e sulla presenza delle bandiere «proPal», contestate da quell’anno da parte degli ebrei romani nel ricordo del Gran Mufti al Ḥusayni, amico di Hitler. Era il tempo degli accordi fra l’Autorità nazionale palestinese e l’organizzazione terroristica Hamas, da una parte, dall’altra, quella di Tel Aviv, quelli del governo della destra radicale di Benjamin Netanyahu.

Da allora fin qui ogni tentativo di riconciliazione è fallito. Quest’anno Pagliarulo ha scritto una lettera alla presidente della Comunità Ruth Dureghello offrendo «la volontà di superare divisioni che non hanno alcun fondamento». Dureghello però ha risposto pubblicamente anche prima di riceverla: «No a vessilli di chi era alleato con i nazisti».

In realtà quest’anno la Comunità palestinese romana, per voce del suo presidente Yousef Salman, come segno concreto di solidarietà a Pagliarulo per le critiche ricevute, ha annunciato che non sarà in piazza per evitare «fraintendimenti, strumentalizzazioni» e insomma «ulteriori attacchi» all’Anpi. Ma fin qui risulta che la Comunità ebraica farà comunque una commemorazione a sé, in un luogo simbolico, ma l’appuntamento sarà reso noto solo oggi.

Ma non è l’unica frattura a Roma. Le polemiche degli scorsi giorni hanno portato al non augurabile risultato che le altre associazioni partigiane – che pure messe tutte insieme restano ben lontane dai 120mila iscritti dell’Anpi – hanno convocato un 25 aprile “separato” a piazza di Torre argentina: la Fiap, Federazione associazioni partigiane (la più consistente, con 10mila iscritti); l’Anpc, i partigiani cristiani (4032); la Fivl, Volontari della Libertà (6073); l’Aned, gli ex deportati nei lager; e l’Anfim, le famiglie delle vittime dei martiri delle Fosse Ardeatine. Con loro, fra i politici, ci sarà Carlo Calenda di Azione, fresco di tessera Fiap - ha annunciato l’iscrizione in polemica con l’Anpi- e Riccardo Magi, radicale italiano di +Europa (il Partito radicale invece sarà davanti all’ambasciata Usa per un gesto di ringraziamento «per averci liberato dal fascismo»). L’Anpi di Roma assicura che dopo, tutte tranne la Fiap, convergeranno comunque a Porta San Paolo.

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