A conferma del fatto che l’omicidio Lima rientrasse in un ben più ampia strategia che “partiva da lontano”, di cui era ben consapevole anche Cosa Nostra, depongono varie dichiarazioni di collaboratori. Fin da quelle di Gaspare Mutolo, fra i primi a rendere dichiarazioni in merito (egli iniziò a collaborare nel 1992, subito dopo l’omicidio Lima e la strage di Capaci)
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del decreto di archiviazione dell’inchiesta “Sistemi criminali”, della Procura della Repubblica di Palermo, del 21 marzo 2001.
Verranno di seguito esaminate le altre risultanze investigative, eterogenee rispetto alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, dalle quali sono emersi ulteriori indizi in ordine al reato di associazione eversiva per cui si procede.
Risultanze investigative, che – come si evidenzierà – costituiscono, nel contempo, elementi di prova autonomi ed elementi di riscontro delle dichiarazioni dei collaboranti.
Le indagini sull’omicidio Lima
Come è noto, secondo la ricostruzione dei collaboratori di giustizia, consacrata nelle sentenze di primo e di secondo grado che hanno condannato i responsabili dell’omicidio, l'on. Lima è stato ucciso perché considerato il simbolo di quella componente politica che, dopo avere attuato per tanti anni un rapporto di pacifica convivenza e di scambio di favori con Cosa Nostra (che, a sua volta, riversava su di questa i voti controllati dall’organizzazione), non sembrava più interessata a tutelare gli interessi dell'associazione mafiosa, mostrando – anzi - di voler proseguire in una politica contraria. Ma già nell’ambito delle indagini su quell’omicidio alcune risultanze sembra vano confermare l’esistenza di ulteriori interessi all’eliminazione dell’on. Lima, convergenti con quelli di Cosa Nostra, immediatamente legati all’esito del maxiprocesso in Cassazione.
Invero, al di là delle motivazioni dell’omicidio riferibili ad una lettura del tutto interna all’ottica di Cosa Nostra, non possono esservi dubbi sugli obiettivi effetti destabilizzanti dell’omicidio di un personaggio della caratura dell’on. Lima al la vigilia delle consultazioni elettorali nazionali del ’92. Il colpo inferto al sen. Andreotti fu notevole, specie se si considera che era già avviata la “corsa” alla Presidenza della Repubblica rispetto alla quale Andreotti era uno dei candidati più favoriti.
E v’è più di una risultanza che depone nel senso della sussistenza di un movente occulto dell’omicidio Lima, più prettamente politico, che trascende gli interessi di Cosa Nostra e converge con essi.
A conferma del fatto che l’omicidio Lima rientrasse in un ben più ampia strategia che “partiva da lontano”, di cui era ben consapevole anche Cosa Nostra, depongono varie dichiarazioni di collaboratori. Fin da quelle di Gaspare Mutolo, fra i primi a rendere dichiarazioni in merito (egli iniziò a collaborare nel 1992, subito dopo l’omicidio Lima e la strage di Capaci), il quale ha riferito che il boss Salvatore Montalto, in occasione di un incontro avvenuto nel corridoio antistante le sale-colloquio del carcere ove erano entrambi detenuti, gli disse – commentando con palese soddisfazione l’omicidio Lima - «accuminciaru finalmente», facendo un eloquente gesto con entrambe le mani atteggiate a cerchio.
Un’evidente allusione ad un ben preciso “programma di attentati” del quale l’omicidio Lima costituiva evidentemente soltanto il primo atto. E Gioacchino La Barbera nell’interrogatorio del 3.12.1993 ha riferito:
A tal proposito, riferisco una conversazione che ebbi con Gioè Antonino la sera in cui finimmo di caricare l'esplosivo sotto l'autostrada e che poi servì per l'attentato al Giudice Falcone (di cui ho ampiamente riferito al P.M. di Caltanissetta). Questa conversazione ebbe luogo circa dieci giorni prima il giorno della strage, e fu solo allora che io seppi che obiettivo dell'attentato era proprio il Giudice Falcone. Presi allora a parte il Gioè, e parlando solo con lui gli chiesi, in sostanza, che cosa volessero fare i corleonesi; se volevano combattere lo Stato e dove saremmo andati a finire noi. Il Gioè, prima allargò le braccia, a significare che lui, come me, non aveva come staccarsi da questo destino ormai segnato. Aggiunse poi qualche parola per alludere ad altri avvenimenti ancora terribili (come io ho meglio capito in seguito), e mi disse che per noi le alternative erano solo o la condanna all'ergastolo, o di morire in un conflitto a fuoco, o di mettersi un laccio al collo e suicidarsi; o ancora di essere uccisi da Cosa Nostra se avessimo manifestato il minimo segno di dissenso. Ripeto che questo discorso di Gioè mi convince sempre più che egli sapesse anche qualcosa sui programmi dei capi di Cosa Nostra, per il periodo successivo alla strage di Capaci.
L’ipotesi da verificare è, quindi, se l’omicidio Lima sia stato il primo “atto violento” di realizzazione del programma criminoso dell’associazione eversiva costituita nel 1990, l’inizio della guerra del sistema criminale contro il sistema politico istituzionale vigente.
Ed occorre stabilire quali fossero le connessioni fra l’omicidio Lima ed i successivi fatti criminosi palermitani: le stragi immediatamente successive di Capaci e di Via D’Amelio, e l’omicidio di Ignazio Salvo del settembre di quel 1992.
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