Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del “Processo alla Sicilia”, il libro che raccoglie trentacinque inchieste di Pippo Fava, direttore de “I Siciliani”, ucciso con cinque colpi di pistola il 5 gennaio del 1984 a Catania


Tutti insieme si ritrovano solo tre o quattro volte l’anno, per Pasqua o per la festa del Patrono: arrivano dai mari dell’Africa, dai golfi di Spagna o Grecia, ed i loro velieri sono tanti che non riescono a stare tutti insieme dentro il porto, si incastrano l’uno con l’altro, qualcuno più piccolo, quasi stritolato dagli altri, resta letteralmente sollevato dall’acqua, cigola e si sfascia. Sembra una mandria di bufali giganteschi, anzi sembrano tonni.

Gli equipaggi si salutano, si abbracciano, spesso si picchiano, e per tutto il litorale, per chilometri e chilometri, si diffonde un odore soffocante di pesce. Tutte le mogli di Mazara hanno finalmente i rispettivi mariti: hanno aspettato settimane e mesi, vestite di nero, pallide, intatte; per tutta la notte le case di Mazara pullulano di amori frettolosi, spunta l’alba, ma metà della popolazione è ancora sveglia e stremata; finito l’amore si contano biglietti da mille, si fanno i conti per i prossimi due mesi. Le banconote luccicano ancora per qualche scaglia di pesce, e poi avranno sempre quell’inconfondibile odore di catrame e di aringhe.

Mazara del Vallo conta quasi quarantamila abitanti, cinquemila dei quali sono pescatori. Insieme alle loro famiglie fanno appunto metà della popolazione. Nell’ultima guerra non c’era nave da battaglia, sommergibile o incrociatore della regia flotta che non avesse a bordo venti o trenta marinai di Mazara del Vallo. Quasi sempre erano i più spavaldi, ma molti non sapevano nuotare.

In questo paese c’è tanto bisogno di marinai che spesso gli armatori li reclutano fra i contadini delle campagne, perciò molti sanno zappare, potare una vite, mietere il grano e trebbiare con una mula, ma in acqua sono come le pietre.

Però sull’acqua anche i contadini vivono metà della loro vita, frugano ogni angolo del Mediterraneo, pescano alici, sardine, pesce spada, crostacei, merluzzi, triglie, alcuni di loro oltrepassano Gibilterra e arrivano fino nei mari del Nord, rastrellano le coste inglesi o portoghesi; ogni tanto si vede un minuscolo bastimento di Mazara, impavido e cigolante, apparire in mezzo alle grandi flottiglie norvegesi o russe (ogni nave lucida e potente come una torpediniera) che incrociano sull’Atlantico.

Questi cinquanta chilometri di costa siciliana non rassomigliano ad alcun altro luogo dell’isola. Non ci sono carretti, né cafoni con la coppola, né asini, né montagne di pietra, né grano miserabile. Un luogo che sarebbe piaciuto invece ad Hemingway. Le coste sono verdi di vigneti, le acque del mare nere di catrame, e un continuo vento fa cigolare le barche e le imposte delle case. In questo vecchio porto incrostato di alghe, di sardine in putrefazione, ogni anno i duecentocinquanta pescherecci sbarcano pesce per sei miliardi di lire.

Un vecchio capitano di bastimenti, marinaio, contadino ed armatore, ci raccontò tutto su Mazara del Vallo. Il capitano di bastimenti era un vecchietto che sembrava uscito da una stampa, anzi da una di quelle bottiglie dentro le quali i galeotti, con molliche di pane e stuzzicadenti, costruiscono navi perfette. Infatti era piccolissimo di statura, vestito di nero, schiacciato da un enorme berretto da ufficiale con un palmo di visiera, aveva i capelli bianchi e gialli, due baffi bianchi con la punta all’insù, gli occhietti piccini come due fessure, e un magnifico naso rosso. Dava del tu a tutti. Parlando intercalava piccole risate di disprezzo e insulti per chicchessia.

«Chi sei tu figlio di p.?» disse al fotografo, appena quello gli scattò il primo flash. Gli fece una risatina di sprezzo e cominciò a parlare: «Io sono Tumbiolo Giovanni, di anni ottanta, cavaliere della Repubblica. Cavaliere fui fatto da Giovanni Gronchi e me lo meritavo; da settant’anni vivo sul mare, ho pescato migliaia di tonnellate di pesce, sono stato comandante di nave, ho passato tempeste, uragani, guerre e assalti di pirati. Eccomi qua, cavaliere della Repubblica! Io sono proprietario di due bastimenti di legno, di duecento tonnellate ciascuno, i quali battono tutti i mari del Mediterraneo. Ho però una speranza: vendo questi due bastimenti di legno e ne compero uno tutto di ferro, con una macchina dieci volte più potente, e parto a pescare il pesce nell’Atlantico.

La vera pesca è quella d’alto mare, poiché là c’è il pesce più grosso, il quale è un figlio di p... Il pesce piccolo è stupido: stanno centomila, o un milione di pesci tutti a branco, il primo annusa un odore di alghe marce e corre, e tutti gli altri gli corrono dietro. Invece quell’odore di alghe marce viene dalle reti dei bastimenti e ci restano tutti dentro. Il pesce piccolo è buono, dolce e stupido. Il pesce grande invece è delinquente, è forte, birbante, veloce; conosce l’uomo, lo inganna, lo affronta, annusa da un miglio l’odore della morte che è l’odore stesso della nafta.

Contro il pesce grosso c’è il piacere di lottare: tu pesce, io uomo. Tu rischi la morte, ed io rischio altrettanto, un bastimento che vale duecento milioni, i tifoni improvvisi dell’Oceano, la lontananza di due mesi dalla casa, il pane duro, la pioggia, il freddo, le notti senza dormire, le malattie, i miei soldi, la salute. Non c’è alcun uomo nel mondo che si senta vivo come un uomo che pesca in mezzo all’Oceano e lotta contro un grosso pesce.

In questo paese sono tutti pescatori. Cinquemila o seimila, non si può dire, perchè spesso i bastimenti hanno bisogno di uomini ed allora imbarcano anche i contadini, i braccianti. Chi non è pescatore lavora nei giardini di limoni, oppure nelle vigne. Gli altri se ne sono andati, chi a pescare nei golfi della Sardegna, chi a fare il mozzo su un piroscafo da passeggeri, chi nelle miniere della Germania. Qui si vede solo il mare, e la gente vuole invece conoscere il mondo...».

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