Fra il 1970 e il 1971 erano stati commessi a Trento numerosi attentati (fra cui uno gravissimo dinanzi al Palazzo di Giustizia) i cui responsabili non erano mai stati scoperti, ma che l'istruttoria condotta a metà degli anni '70 aveva indicato in giovani collegati e pagati dal S.I.D. e durante le indagini era emerso il ruolo ambiguo del colonnello Santoro e del colonnello Pignatelli, del Centro C.S. di Verona, i quali erano stati anche incriminati...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci dell’ordinanza del 18 marzo 1995, “Azzi+25” di Guido Salvini, il giudice che a Milano provò, a più di vent’anni di distanza dai fatti avvenuti, a far condannare responsabili e complici di una stagione di sangue
Appare utile inserire a questo punto dell'ordinanza l'episodio del mancato attentato sulla linea ferroviaria TRENTO-VERONA in quanto, pur trattandosi di un'azione estranea al gruppo La Fenice, di tale episodio ha parlato Vincenzo Vinciguerra. Inoltre la presenza in esso di CRISTANO DE ECCHER consente di tratteggiare il ruolo svolto da tale personaggio e le complicità che lo legavano, secondo Vinciguerra, al colonnello MICHELE SANTORO, indicato nel documento Azzi come fornitore di esplosivo ai gruppi eversivi di destra.
Vincenzo VINCIGUERRA, interrogato in data 4.10.1991 sulla sua eventuale conoscenza di altri episodi equivoci che potessero testimoniare la collusione fra esponenti di gruppi di estrema destra ed Apparati dello Stato, ha riferito: "In merito, posso dire per la prima volta che sono al corrente di un episodio di cui mi parlò Mario Ricci esponente di Avanguardia Nazionale a Trento, nel 1974/75 a Madrid dove ci trovavamo entrambi. Egli mi disse che una sera ricevette l'ordine di recarsi con altri camerati sulla linea ferroviaria nelle vicinanze di Verona per compiere un attentato dimostrativo sulla linea ferroviaria.
Successivamente qualcuno li raggiunse e disse loro di fare ritorno a Trento e che l'attentato non si doveva più fare, infatti non venne compiuto. Mario Ricci aggiunse che l'ordine glielo aveva dato Cristano De Eccher. Questo racconto prese avvio dal fatto che io sostenevo che De Eccher era da considerarsi un infiltrato nelle nostre fila e Ricci ricordò allora l'episodio appena citato aggiungendo di avere successivamente appurato che, contrariamente a quello che lui credeva, l'ordine di compiere quell'attentato dimostrativo non era stato impartito da dirigenti di Avanguardia Nazionale.
Se pur non convenendo totalmente con me sul fatto che De Eccher fosse un infiltrato, concordò però che un episodio del genere giustificava il dubbio nei confronti del De Eccher. Preciso che il racconto di Mario Ricci si riferisce ad un episodio avvenuto nei primissimi anni '70".
L'episodio raccontato da Vinciguerra è attendibile sia perchè la fonte è del tutto affidabile (Mario Ricci a Madrid era l'uomo di fiducia di Stefano Delle Chiaie tanto da abitare in uno degli appartamenti "riservati" dell'organizzazione) sia perchè confermato dal veronese ROBERTO CAVALLARO. Questi, in data 29.10.1991, ha infatti ricordato che nell'ambiente di Ordine Nuovo di Verona, intorno al 1971, si parlava di un progetto di attentato sulla linea ferroviaria TRENTO-VERONA, all'altezza di Parona (e quindi molto vicino a Verona, come aveva indicato Vinciguerra), attentato poi "rientrato", e cioè non effettuato, per un contrordine o qualche altra complicazione. Dell'esecuzione dell'attentato, sempre secondo Cavallaro, erano stati incaricati proprio i trentini, essendo loro "appannaggio" operare sulla linea ferroviaria BRENNERO-VERONA.
L'episodio è quindi avvenuto, vi hanno preso parte RICCI e DE ECCHER, e cioè i militanti più attivi di Trento, ed è probabile che esso sia stato in qualche modo "diretto" dall'esterno.
La posizione di MARIO RICCI non pone particolari problemi. Egli ha negato di sapere alcunchè di tale progetto di attentato, ma non ha potuto negare di essere stato, a Madrid, in stretto contatto con Delle Chiaie, Vincieguerra, Guerin Serac e Jay Simon Salby, abitando in un appartamento in zona Manzanarre, affittato dall'organizzazione e ove era stato anche ospitato lo stesso Guerin Serac (cfr. int. Ricci, 28.9.1992).
Del resto, come si vedrà, Vincenzo Vinciguerra ha indicato in Mario Ricci uno degli elementi più spiccatamente "operativi" del gruppo, che aveva partecipato sia al sequestro e all'interrogatorio di Gaetano Orlando nel giugno del 1974 sia alla campagna di attentati anti-algerini dell'estate del 1975, commettendo materialmente l'attentato all'Ambasciata d'Algeria a Bonn.
Anche Cristano DE ECCHER (cfr. int. 16.9.1992) ha negato, ovviamente, di avere preso parte ad un'azione sulla linea ferroviaria TRENTO-VERONA (è del resto ben difficile che qualcuno abbia ragione di confessare un reato comunque prescritto), ma, al di là di tale episodio, il suo ruolo merita un approfondimento in quanto la figura di De Eccher si collega, da un lato, al colonnello MICHELE
SANTORO e, d'altro lato, aleggia ai margini dell'operazione del 12 dicembre 1969.
Cristano DE ECCHER, discendente di una nobile famiglia del Sacro Romano Impero proprietaria di un castello a Calavino, nei pressi di Trento, è infatti un personaggio di grande interesse il cui ruolo è stato solo parzialmente sinora messo a fuoco dalle indagini.
Egli, sin da giovanissimo alla fine degli anni '60, era uno dei responsabili, a Trento, di Avanguardia Nazionale. Iscritto all'Università di Padova, era comunque in stretto contatto in tale città anche con Franco Freda di cui frequentava lo studio legale e sembra che fosse una delle poche persone cui Freda, in virtù delle sue origini nobiliari, desse del tu.
De Eccher era quindi in realtà un elemento di collegamento fra i gruppi di Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo. Esattamente il G.I. di Catanzaro, dr. Emilio Le Donne, che aveva condotto nei confronti di Delle Chiaie e Fachini la quarta e ultima istruttoria sulla strage di Piazza Fontana, aveva definito De Eccher un personaggio ambiguo, rimasto sempre ai bordi delle indagini e sul quale, tuttavia, gravavano elementi di sospetto che lasciavano intravvedere un suo ruolo, almeno successivo e di controllo, nell'operazione del 12 dicembre 1969 (cfr. ordinanza del G.I. di Catanzaro, vol.27, fasc.1, ff.211 e 212).
Come già si è ricordato nel capitolo 11, Sergio Calore nel 1984, sin dal momento iniziale della sua collaborazione, ha indicato in Cristano De Eccher colui al quale, dopo gli attentati, erano stati affidati i timer residui ed egli li aveva occultati e murati, secondo il collaboratori, in una villa di sua proprietà (cfr. int. Calore al P.M. di Firenze, 6.1.1984 f.2, vol.10, fasc.1 e a questo Ufficio 21.10.1991, f.3). Effettivamente la famiglia De Eccher possiede una sorta di castello o villa patrizia a qualche chilometro da Trento e cioè qualcosa di molto simile a quanto ricordato da Calore il quale, non conoscendo De Eccher, non avrebbe potuto essere al corrente di tale particolare se effettivamente non fosse stato a lui rivelato da Freda in carcere.
Secondo Sergio Calore i timers, su disposizione di Stefano Delle Chiaie, non sarebbero poi stati più restituiti a Freda, comportamento questo che aveva suscitato l'ira di quest'ultimo tanto da ironizzare "sulla decadenza di un Barone del Sacro Romano Impero" come De Eccher (int. Calore, 21.10.1991, f.3). La disponibilità dei timers da parte di De Eccher dopo la strage è stata addirittura confermata dal fedelissimo di Freda, MARCO POZZAN, anch'egli componente della cellula di Padova. Egli infatti, durante la sua latitanza in Spagna, aveva potuto leggere di nascosto, nell'appartamento dove abitava Delle Chiaie a Madrid, una lettera probabilmente inviata dall'Italia a Mario Ricci quale fiduciario di Avanguardia Nazionale in Spagna. In tale lettera si faceva riferimento e si confermava il fatto che Cristano De Eccher era in grado ormai di tenere sotto controllo Franco Freda (cfr. int. Pozzan al G.I. di Catanzaro 13.5.1982 vol. 27, fasc.2, e a questo Ufficio 8.10.1992, f.2).
Tale controllo si riferiva molto probabilmente alla possibilità di esibire la prova decisiva nei confronti di Franco Freda, minaccia che costituiva per FREDA un efficace deterrente dal rendere ai giudici, anche in caso di cedimento o di difficoltà, dichiarazioni pericolose per i complici e sopratutto quelli di Avanguardia Nazionale che erano stati compartecipi dell'operazione del 12 dicembre 1969. Proprio dal fatto che Stefano Delle Chiaie disponeva e si era trattenuto la prova decisiva era nata, secondo Calore, la violenta inimicizia tra Freda e Delle Chiaie emersa anche nel processo di Catanzaro (cfr. int. Calore al P.M. di Firenze 6.1.1984, f.2).
Si ricordi infatti che la prova della disponibilità dei timers dopo la strage da parte di Freda o di elementi a lui vicini è l'elemento decisivo ed equivale in pratica alla prova certa della responsabilità quantomeno di Freda e del gruppo di Padova per gli attentati del 12 dicembre in cui parte dei timers era stata usata. Infatti Franco Freda, che non aveva potuto negare di avere acquistato 50 timers presso la ditta ELETTROCONTROLLI di Bologna, aveva dovuto sostenere, per allontanare da sè l'inevitabile responsabilità per gli attentati, di averli ceduti ad un peraltro improbabile capitano HAMID dei Servizi Segreti algerini il quale li aveva chiesti e ricevuti per organizzare attentati contro obiettivi sionisti.
Era questo certamente il punto più debole della difesa di Freda in quanto il capitano Hamid non è mai stato individuato e non si comprende perchè un ufficiale dei Servizi Segreti algerini, per organizzare attentati, avrebbe dovuto chiedere aiuto ad un procuratore legale di Padova, ma soprattutto il possesso dei timers da parte di De Eccher e poi di altri, come affermato da Calore, era una prova della falsità di tale estrema tesi difensiva appena meno disastrosa per Freda della minaccia dell'effettiva ricomparsa dei timers nel corso del processo.
Si ponga quindi attenzione al significato degli ulteriori elementi acquisiti sul punto nel corso di questa istruttoria. Poichè nel documento Azzi vi è l'affermazione, in tempi non sospetti (metà del 1974) e molto precedenti alle dichiarazioni di Calore, che i timers erano effettivamente occultati da un uomo come De Eccher, vicino ad entrambe le organizzazioni O.N. e A.N., che avrebbe potuto cederli in parte a La Fenice per attuare, nell'aprile 1973, la provocazione nei confronti di Feltrinelli e poichè tale circostanza, unitamente all'inesistenza del capitano Hamid, è stata confermata anche da una fonte attendibile quale Edgardo Bonazzi (cfr. deposiz. 15.3.1994, f.3), è possibile ora affermare con certezza, nonostante l'esito del processo di Appello di Catanzaro, che Sergio Calore aveva detto la verità, che con ogni probabilità i timers erano stati custoditi in un primo momento da De Eccher e poi passati ad elementi di A.N. e che la versione di Freda sulla cessione di essi al capitano Hamid era solo un disperato espediente per mettere in dubbio la prova decisiva dell'accusa e sfuggire alla condanna.
Vi è peraltro da chiedersi perchè durante il dibattimento un collaboratore leale come Sergio Calore non sia stato creduto e un minimo di credibilità sia stata invece concessa alla versione di Freda concedendogli il beneficio del dubbio. Certo, dopo i nuovi riscontri acquisiti, sarebbe forse il momento per Cristano De Eccher di fornire qualche spiegazione......
Un'altra circostanza di eccezionale rilevanza per mettere a fuoco il ruolo giocato da De Eccher è costituita dalle dichiarazioni rese da Vincenzo Vinciguerra sin dall'istruttoria per l'attentato di Peteano in merito ai rapporti fra De Eccher e il colonnello Michele Santoro, quando questi, sino alla fine del 1972, prestava servizio a Trento quale comandante del Gruppo dei Carabinieri.
VINCENZO VINCIGUERRA aveva infatti riferito al G.I. di Venezia (int. 14.7.1984) di avere appreso all'inizio del 1973 da Cesare Turco, altro ordinovista di Udine e in contatto con ambienti trentini, che il colonnello MICHELE SANTORO aveva convocato pochi mesi prima a Trento nel suo ufficio Cristano De Eccher, con la famiglia del quale era in ottimi rapporti di amicizia.
In tale occasione aveva testualmente detto a De Eccher: ""Sappiamo chi ha ucciso i tre Carabinieri di Peteano. E' stato il Vinciguerra di Udine." Tale episodio si era verificato in un momento cruciale. Infatti il fallito dirottamento di Ronchi dei Legionari dell'ottobre 1972 (al termine del quale era stato ucciso l'altro ordinovista di Udine, Ivano Boccaccio) rendeva facile e concreto il collegamento investigativo, tramite una semplice perizia balistico/comparativa, tra i due episodi.
Infatti Ivano Boccaccio era stato trovato possesso della pistola usata da Vinciguerra per sparare contro i vetri della Fiat 500 di Peteano in cui poi era stato collocato l'ordigno esplosivo e della quale erano stati recuperati i bossoli.
D'altro lato, nell'estate del 1972, il generale GIOVAMBATTISTA PALUMBO, tramite il colonnello Santoro e il colonnello PIGNATELLI del Centro C.S. di Padova del S.I.D., aveva costruito grazie al falso memoriale PISETTA la "pista rossa" destinata a distogliere l'Autorità Giudiziaria dalla vera pista del gruppo di O.N. di Udine. Il problema era stato risolto, come è poi emerso dall'istruttoria di Venezia, sostituendo i bossoli sequestrati a Petano intorno alla 500 in modo tale che anche una eventuale balistica risultasse negativa e la pista rossa potesse rimanere in piedi.
Giustamente Vincenzo Vinciguerra, avendo appreso del colloquio fra Santoro e De Eccher ed avendo letto che le indagini si orientavano invece su una pista rossa, aveva tratto la conclusione che le coperture per l'attentato di Peteano erano scattate a sua insaputa e in maniera autonoma mentre sia egli sia Carlo Cicuttini, peraltro già fuggito prudenzialmente in Spagna nell'ottobre 1972, avevano al contrario temuto, fino a quel momento, di essere arrestati.
Tali coperture non richieste erano scattate per evitare una verità su tale attentato che in quel momento era solo di intralcio. Infatti non era ipotizzabile da parte degli Apparati dello Stato ammettere che l'uccisione di tre Carabinieri e un attentato contro le Istituzioni dello Stato fossero stati commessi da un esponente di Ordine Nuovo in quanto ""il terrorismo allora, e cioè nel 1972, doveva essere solo di marca comunista"" (cfr. Vinciguerra, interr. citato).
Nel corso dell'istruttoria condotta dall'A.G. di Venezia, ovviamente, tanto il colonnello Santoro quanto De Eccher avevano negato l'episodio riferito da Vinciguerra, pur ammettendo che fra Santoro e la famiglia di De Eccher esistevano ottimi rapporti di conoscenza (cfr. sul punto, in questa istruttoria, int. Santoro 21.11.1991 e int. De Eccher 16.9.1992).
Non era peraltro mai stato possibile sentire sul punto Cesare TURCO in quanto traferitosi all'estero e resosi irreperibile anche perchè incriminato dall'A.G. di Venezia per al sua partecipazione alla struttura di O.N. del Veneto.
Nell'ambito della presente istruttoria, Vincenzo Vinciguerra non solo ha confermato ma anche rafforzato il suo racconto in merito agli ambigui rapporti De Eccher/Santoro.
Egli infatti, a partire dal 1991, ha accettato di fornire alcune notizie anche sulle attività e sui militanti di Avanguardia Nazionale (organizzazione cui aveva aderito subito dopo il suo arrivo a Madrid), riconoscendo che anche tale gruppo, non meno di Ordine Nuovo, era coinvolto nella strategia della tensione e inquinato da rapporti con Apparati dello Stato.
Vinciguerra ha così accettato di rivelare quale era stata la seconda fonte che in Spagna, nel 1974, gli aveva confermato il tenore della conversazione fra Santoro e De Eccher: era stato lo stesso capo di A.N., STEFANO DELLE CHIAIE, il quale era stato informato dal suo luogotenente ADRIANO TILGHER, informato a sua volta direttamente da De Eccher (int. Vinciguerra, 30.11.1991, f.3).
Vale la pena di aggiungere che, non a caso, il padre di Adriano Tilgher era amico di un alto ufficiale del S.I.D., il cui nome è rimasto peraltro sconosciuto (int. Vinciguerra, 25.7.1992, f.2)
Oltre all'episodio del mancato attentato sulla linea ferroviaria Trento-Verona (per il quale nei confronti di De Eccher e Ricci deve essere dichiarato non doversi procedere per prescrizione), nel corso dell'istruttoria sono stati acquisiti altri interessanti elementi indiziari in merito sia alla vicinanza di De Eccher agli esplosivi e ai congegni che li innescano sia in merito ai suoi ambigui rapporti con il colonnello Santoro: tali nuovi elementi indiziari rendono ancora una volta perfettamente attendibili il racconto di Sergio Calore e quello di Vincenzo Vinciguerra.
Infatti in relazione alla familiarità di De Eccher con esplosivi ed anche con esercitazioni paramilitari, sono stati acquisiti i fascicoli contenenti i rapporti informativi del S.I.D. elaborati sulla base di notizie fornite negli anni '70 da due stabili informatori di Trento contrassegnati dai nomi in codice AVORIO e AVANA (vedi vol.30, fasc.2).
Tali due soggetti erano, come suggeriscono le stesse lettere iniziali dei nomi in codice, militanti o
simpatizzanti di Avanguardia Nazionale. Nonostante l'effettuazione di ogni accertamento possibile, non si è pervenuti all'identificazione di queste due fonti e la Direzione del S.I.S.M.I. in questo caso si è rifiutata di rivelarne i nomi appellandosi all'art.203 del c.p.p. del 1989 in base al quale il giudice non può obbligare non solo gli ufficiali di p.g. ma anche il personale dipendente dai Servizi di Sicurezza a rivelare i nomi dei loro informatori. Peraltro dagli atti del S.I.D. la fonte AVANA risulta essere deceduta nel 1975. Le notizie contenute nei due fascicoli, sinora mai visionati da alcuna A.G., sono comunque di notevole interesse. AVANA infatti riferiva in merito alla partecipazione di moltissimi elementi di A.N., anche di Trento, al concentramento per il golpe Borghese su autocarri militari, guidati da un paracadutista in servizio e armati di moschetto automatico (cfr. rapporto in data 22.3.1971). Riferiva inoltre in merito alla partecipazione di De Eccher, Ricci e di un altro militante di Trento, tale Guido Cocolo, ad un convegno nazional-europeo che si era tenuto a Monaco di Baviera nel settembre 1972 con la presenza di militanti di molti Paesi.
In tale occasione, grazie agli italiani che erano presenti sia a nome di O.N. che di A.N., era stato approvato un documento in italiano di solidarietà con Franco Freda, ingiustamente incarcerato e "vittima del sistema" (cfr. rapporto in data 28.9.1972 e volantino allegato).
Di interesse ancora maggiore risultavano le notizie fornite da AVORIO. Questi infatti segnalava (cfr. rapporto in data 21.1.1971) che nel mese di gennaio del 1971 De Eccher, Oscar Cecchin (uno dei fratelli Cecchin, altri militanti di destra a Trento) e quattro padovani avevano organizzato un addestramento alla guerriglia sulle pendici della Maranza, una zona montuosa nei pressi di Trento.
Sopratutto, in quel periodo, i fratelli Cecchin avrebbero detenuto in una forra nei pressi di una casa colonica di loro proprietà e denominata Ranch, occultati debitamente, 50 chili di esplosivo rubato in cantieri della zona, detonatori e quattro moschetti modelli 91. Tale esplosivo era destinato ad attentati da compiere a Trento in danno dell'Istituto di Sociologia, della Questura e del Tribunale.
Si ricordi che fra il 1970 e il 1971 erano stati commessi a Trento numerosi attentati (fra cui uno gravissimo dinanzi al Palazzo di Giustizia) i cui responsabili non erano mai stati scoperti, ma che l'istruttoria condotta a metà degli anni '70 aveva indicato in giovani collegati e pagati dal S.I.D. e durante le indagini era emerso il ruolo ambiguo del colonnello Santoro e del colonnello Pignatelli, del Centro C.S. di Verona, i quali erano stati anche incriminati.
Si osservi, a conferma dell'attendibilità di tali fonti, che Cristano De Eccher ha ammesso di avere partecipato con Mario Ricci e Guido Cocolo al convegno di Monaco di Baviera e di essere stato in quegli anni in buoni rapporti con i fratelli Cecchin di Villazzano (cfr. int. 16.9.1992).
Si osservi che, con una scelta assai discutibile, il S.I.D. aveva deciso di non informare nè l'Arma dei Carabinieri nè il Ministero degli Interni delle notizie fornite dalla fonte AVORIO al fine di non " bruciare " la fonte. Sarebbe stato scelto in seguito, di intesa con il C.S. di Trento, il momento più opportuno per informare l'Autorità di P.G. (vedi appunto allegato alla nota informativa in data 21.1.1971, firmato dal segretario del reparto D dell'epoca col.COGLIANDRO e vistato dal gen. MALETTI; vol.30, fasc.2, f. 13).
Non risulta però che ciò in realtà sia mai avvenuto e che l'Autorità di P.G. sia stata notiziata della presenza dell'esplosivo. Forse in tal modo non è stata "bruciata" la fonte ma certamente è stata bruciata la possibilità di sequestrare, tramite una perquisizione mirata il materiale esplosivo detenuto dal gruppo di Trento.
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