Se esiste una «lobby dei rinnovabilisti», come polemicamente suggerito dal ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani in un'intervista alla Stampa, non deve essere particolarmente potente: nel 2021 il ritmo di installazione di eolico e fotovoltaico è ancora lento, pieno di ostacoli e lontano da quello che serve al percorso di decarbonizzazione dell'energia italiana. I numeri vengono dal rapporto Comunità Rinnovabili, che Legambiente compila dal 2006 e che nell'ultima edizione mette insieme i dati di un anno importante, il primo del governo Draghi, che si è insediato a febbraio del 2021. Tra i pezzi del mandato politico, affidato operativamente a Cingolani e al suo nuovo ministero, c'era accelerare con le rinnovabili, per tenere il passo delle richieste europee, del pacchetto Fit for 55 (che l'Italia sta negoziando con gli altri paesi alla Commissione europea) e del Green Deal. Ecco, se i prossimi anni fossero come il primo del governo Draghi, gli obiettivi europei fissati per il 2030 sarebbero comodamente raggiunti tra 124 anni, nel 2146. Diceva John Maynard Keynes che «nel lungo periodo siamo tutti morti», ma almeno avremo i 70 GW promessi per il prossimo decennio.

La lentezza e Cingolani

Nel 2021 sono stati aggiunti al sistema elettrico italiano 1,35 GW, tra idroelettrico, eolico e fotovoltaico. Vuol dire che il contributo delle fonti di energia pulita alla produzione del nostro paese è cresciuto, rispetto al 2020, di appena l'1,58 per cento, arrivando a 115,7 TWh. Oggi nel nostro paese sono presenti 1,35 milioni di impianti rinnovabili, potenza complessiva di 60,8 GW. È una fotografia desolante, per ora i meccanismi ideati da Cingolani per sbloccare il collo della bottiglia di tutto il processo - burocrazia, autorizzazioni e conflitti tra poteri - non hanno cambiato la curva. I dati sono la pagella di un anno sconfortante ma tutto sommato di passaggio, i meccanismi per accelerare pratiche e procedure sono arrivati a partire dall'estate, col DL Semplificazioni. L'anno chiave, sul quale si giocherà la capacità italiana di cambiare la propria energia nel corso di questo decennio, è quello in corso. I segnali però non invogliano all'ottimismo: non ci sono solo la guerra in Ucraina, lo shock energetico e l'improvvisa consapevolezza dell'insostenibilità politica ed economica del gas russo, ma anche l'interpretazione che ne ha dato il governo. Cingolani e Draghi hanno dimostrato di credere alle fonti rinnovabili di energia solo in chiave residuale, per il medio e lungo termine. Il lungo tour ministeriale africano ha confermato che in Italia si continuano a risolvere i problemi geopolitici del gas con altro gas geopoliticamente problematico.

Sbloccare la situazione

Secondo Elettricità Futura, principale associazione del mondo elettrico italiano, si potrebbero sbloccare investimenti in rinnovabili per 80 miliardi di euro, che in tre anni porterebbero al sistema 60 GW di nuova potenza e permetterebbero all'Italia di fare a meno del 70 per cento del gas russo sostituendolo con energia pulita. Il sistema energetico italiano si è però mostrato ingovernabile, quindi quelli sono i numeri di una montagna impossibile da scalare. Il concetto chiave - quello che il mondo ambientalista chiede ormai in modo compatto e che Cingolani non sembra aver intenzione di concedere - è quello di un commissario ad hoc, che vada a correggere storture e colli di bottiglia logistici e legislativi.

Nel febbraio 2021, durante i primi giorni del governo Draghi, la campagna vaccinale sembrava una montagna insormontabile come quella delle rinnovabili oggi, il problema non erano certo i no-vax ma il funzionamento del sistema, che sembrava strutturalmente incapace di arrivare a quella quota di 500mila vaccini al giorno che ci avrebbe messo in sicurezza. Lo sappiamo poi come è andata a finire: Draghi ha tirato fuori la sua carta preferita, il whatever it takes, ha nominato il commissario Figliuolo, e ha indirizzato tutti gli sforzi di quella stagione politica per condurre la nave in porto. Due mesi dopo la campagna era già spedita e funzionante, una delle migliori in Europa. La lezione di quella storia è che ogni brusco cambio di rotta sembra impossibile, per le istituzioni italiane, fino a quando non arrivano grandi dosi di una merce rarissima: la volontà politica di farlo. Ed è esattamente quella che sta mancando oggi all'Italia. Le rinnovabili crescono così poco perché evidentemente al governo Draghi Cingolani va bene così.

© Riproduzione riservata