Negli ultimi tempi un’intervista ad Antonio Polito e un intervento di Mattia Feltri segnalano un’ulteriore evoluzione del dibattito sul cambiamento climatico. Entrambi i commentatori, pur riconoscendo la gravità e la causa antropica del cambiamento climatico, lamentano la polarizzazione del discorso. Polito parla di «bipolarismo psichiatrico» tra indifferenza dei negazionisti e catastrofismo degli altri. Feltri contrappone negazionisti e apocalittici. Entrambi se la prendono con gli eccessi del dibattito e stigmatizzano gli opposti estremismi. Su questo giornale gli interventi di Ferdinando Cutugno e Gianfranco Pellegrino hanno più volte analizzato il negazionismo vero e proprio.

L’elemento significativo degli interventi di Polito e Feltri è invece più sfumato e tipico della cultura politica italiana degli ultimi decenni. Pur non costituendo esempi di negazionismo e di minimizzazione del problema, entrambe queste prese di posizione esprimono, ancora una volta, il tic ossessivo del centro politico e culturale italiano nei confronti delle grandi battaglie di civiltà.

Il cerchiobottismo climatico è, infatti, insidioso anche se non nega il dato acquisito della causa antropica del cambiamento climatico. È una forma di cerchiobottismo perché in entrambi gli interventi possiamo vedere il bisogno di prendere ugualmente le distanze dagli estremi del dibattito. Forma mentis degli opinionisti del Corriere della Sera, così come di molto centrismo italiano, il cerchiobottismo è, a sua volta, una malattia speculare all’estremismo. In generale, da un punto di vista cognitivo, il cerchiobottismo soffre di quella che in epistemologia si chiama la fallacia del punto mediano (middle ground fallacy). La fallacia sta nel presupporre, sempre e comunque, che di fronte a una disputa tra due opposti la risposta giusta stia nel mezzo.

Questo atteggiamento mentale può essere corretto se le posizioni opposte esprimono interessi contrastanti e non dipendono dalla verità scientifica o dalla giustizia. Gli interventi di Polito e Feltri non negano la questione scientifica, sebbene si dichiarino scettici verso la scienza con la S maiuscola, un fantoccio polemico esistente solo perché i giornalisti (come Feltri e Polito) amano crearlo come tale nel dibattito pubblico.

Quindi più che un problema strettamente cognitivo, il cerchiobottismo climatico esprime un disturbo di posizionamento politico e culturale. (Uso intenzionalmente il termine disturbo perché Polito ci invita a usare categorie psichiatriche per capire l’attuale dibattito sul clima). Infatti, di fronte a quasi tutte le battaglie di principio degli ultimi anni (immigrazione, superamento della società patriarcale, inclusività) i cerchiobottisti hanno cercato di porsi come terzi tra opposti estremismi. Ma sostenere la terzietà tra gli opposti estremismi in queste grandi questioni – e in questioni più “locali” come, ad esempio, l’accettabilità politica di Berlusconi – è un atteggiamento mistificatorio perché mette sullo stesso piatto due posizioni (i supposti estremi) che non hanno la stessa validità scientifica, morale e politica.  

Nel caso del cambiamento climatico si può anche sostenere che l’ansia e la disperazione siano risposte sbagliate da un punto di vista emotivo, perché paradossalmente rischiano di non farci vedere soluzioni praticabili, portandoci così all’inattività non voluta. Ma anche se fossero sbagliate come risposte emotive, sono giuste da un punto di vista sostanziale e, in ogni caso, non possiamo metterle sullo stesso piano del negazionismo. Sebbene Polito e Feltri non neghino la sostanza scientifica della questione, l’effetto non dichiarato, ma in fondo non inatteso, è quello di parificare il dibattito tra destra e sinistra e mettersi nel mezzo. Una medietà, però, tutt’altro che virtuosa poiché riconosce a una parte più dignità di quella che meriterebbe. La carsica lamentela degli opinionisti del Corriere della Sera riguardo alla scomparsa in Italia di una borghesia illuminata – lamentela che sembra svanire coi governi tecnici e le fiammate illusorie del centro politico – è responsabilità anche dei cerchiobottisti stessi, i quali, per tigna esistenziale, hanno rifiutato di accettare tante battaglie di principio che il centro liberale dovrebbe sostenere (e che sostiene in altri paesi). Così facendo non solo hanno spostato a destra la soglia di accettabilità in tante questioni (ambiente, migrazione, giustizia sociale, inclusione di genere), ma hanno anche contribuito a legittimare il populismo di cui ora si lamentano.

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