Ci sono oggetti nel nostro sistema solare, di difficile definizione: si tratta infatti, di asteroidi che hanno la proprietà di avere orbite che per certi tratti sembrano ruotare attorno ad un pianeta, tale da sembrare lontanissimi satelliti, ma in realtà ruotano attorno al Sole. Gli astronomi hanno coniato per loro una definizione particolare: oggetti quasi-satelliti.

È noto che li possiedono Venere e Nettuno e forse il pianeta-nano Cerere. Ma anche il nostro pianeta sembra averne più d’uno. Stando agli astronomi dovrebbero essere almeno sette. E ce n’è uno, in particolare, chiamato (469219) Kamo’oalewa, che altro non è che un gigantesco masso dal diametro compreso tra i 40 e i 100 metri, che ruota «tra la Terra e il Sole» che fa pensare che sia «figlio della Luna».

La scoperta

Kamo’oalewa venne scoperto nel 2016 grazie all’uso del telescopio PanStarrs, alle Hawaii, ma recentemente è in qualche modo diventato famoso proprio per la sua familiarità con il nostro satellite. La conclusione è il risultato di uno studio condotto da un gruppo di astronomi guidato dal Lunar and Planetary Laboratory dell’università dell’Arizona. Lo studio tuttavia, aveva lasciato alcuni dubbi che non erano stati fugati. Ma ora, una nuova ricerca, realizzata dall’università dell’Arizona, a Tucson, è giunta a risultati che confermano questa ipotesi quasi senza ombra di dubbio. Il nuovo studio è stato presentato su Communications Earth & Environment.

Ma come è possibile ciò? Va ricordato che durante la sua storia e soprattutto subito dopo la nascita, la Luna venne bombardata da moltissimi asteroidi. Lo si deduce con facilità osservando i numerosi crateri da impatto che segnano la sua superficie, molti dei quali vecchi di miliardi di anni.

È noto dalle ricostruzioni al computer che la maggior parte del materiale che sale verso lo spazio in seguito all’impatto di un asteroide solitamente ricade sulla Luna. Ma un porzione minoritaria riesce a sfuggire la gravità lunare per prendere una loro strada verso lo spazio. Talvolta quel materiale può raggiunge la Terra, ed infatti abbiamo meteore di origine lunare e un’altra parte è in grado di sfuggire non solo alla gravità della Luna, ma anche a quella della Terra e finire per orbitare attorno al Sole. Possono così diventare asteroidi near-Earth.

Un pezzo di Luna?

L’ultima ricerca si era posto l’obiettivo di determinare quale fossero le probabilità che Kamo’oalewa fosse un pezzo di roccia staccatosi dalla Luna in seguito all’impatto di un asteroide e fosse finito proprio nell’orbita che oggi occupa. Per ottenere una risposta i ricercatori hanno realizzato una serie di simulazioni al computer sull’evoluzione dinamica di frammenti di roccia lanciati da diverse aree della superficie lunare a velocità di espulsione diverse.

Lo studio ha portato i ricercatori a definire che esiste una probabilità di circa il 7 per cento perché alcuni frammenti lunari possano effettivamente posizionarsi in orbite tipiche dei quasi-satelliti, al di fuori della nostra sfera di Hill, la regione dove l’influenza gravitazionale terrestre prevale su quella solare. Al di là degli elementi chimici dedotti da studi precedenti, ora vi sono anche elementi fisici che supportano tale ipotesi. Spiega Renu Malhotra, dell’università dell’Arizona e co-autrice della pubblicazione: «Fino a oggi si pensava che solo gli asteroidi oltre l’orbita di Marte potessero diventare near-Earth, ma ora stiamo pensando che sia proprio la Luna ad essere la più probabile fonte del near-Earth Kamo’oalewa».

Il massimo del Sole

C’è una stella che dovremmo conoscere meglio di tutte le altre: è il nostro Sole, compagno eterno del nostro girovagare per la galassia. Affidabile come un orologio, il suo apparente passaggio nel cielo ci permette di misurare il tempo. Ma per molti aspetti è tutt’altro che calmo e immutabile. Da vicino, il Sole mostra ampie variazioni e attività. Le esplosioni luminose chiamate “brillamenti” causano regolarmente enormi getti di radiazioni verso tutte le regioni del cielo. Ma vi sono anche aree più scure e più fredde chiamate “macchie solari” che emergono senza preavviso, si muovono lungo la faccia della stella, cambiano forma e svaniscono. Il Sole rilascia materiale nello spazio anche attraverso emissioni continue di particelle a formare il “vento solare”. Questa attività varia con il tempo.

Il suo picco si verifica ogni 11 anni ed era previsto che il successivo punto più alto si sarebbe verificato nel luglio 2025.

Ma forse questo “massimo solare” arriverà prima del previsto. Conoscere l’attività solare è importante perché influisce anche sulla Terra e sulla tecnologia su cui facciamo affidamento. Gli eventi delle particelle solari, quando eccedono la normalità, possono disabilitare i satelliti e interrompere le reti elettriche. Per avere una maggiore capacità nel fare previsioni e prepararci agli eventi, abbiamo bisogno di un buon insieme di regole, ossia un modello scientifico. La Nasa e la National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti li creano da molti anni. E data la complessità fondono tra loro una varietà di più metodi previsionali dell’attività solare. «Questo approccio ha prodotto una data per il prossimo massimo solare (il picco) intorno a luglio 2025. Si prevedeva anche che questo picco fosse relativamente debole, come il massimo durante il ciclo solare precedente», spiega Daniel Brown dell’università di Nottingham Trent su Conversation. C’è comunque da ricordare che una previsione alternativa era stata pubblicata da un gruppo di astronomi guidato dallo scienziato della Nasa Robert Leamon e Scott McIntosh, vicedirettore del Centro nazionale per la ricerca atmosferica degli Stati Uniti. Secondo loro il picco del ciclo si sarebbe verificato un anno prima, verso la metà della fine del 2024, e il numero di macchie solari sarebbe stato il doppio della previsione ufficiale. Le osservazioni del Sole allo stato attuale supportano questa previsione alternativa.

Le conseguenze

Ma cosa significherebbe per noi umani una maggiore attività solare, visto che il ciclo raggiungerà presto il suo picco? Poiché il Sole rilascia grandi quantità di energia sotto forma di brillamenti e altri eventi che espellono materiale nello spazio, c’è la possibilità che alcuni colpiscano la Terra se ci troviamo sulla linea del fuoco. Fortunatamente, la Terra ha il suo scudo magnetico che può proteggerci. Quando le particelle e i campi magnetici del Sole ci raggiungono infatti, interagiscono prima con il campo magnetico della Terra, provocandone un vero e proprio schiacciamento. Inoltre costringe le particelle solari a muoversi in un modo dettato dai campi magnetici della Terra. In una certa misura ciò li intrappola, impedendo loro di colpire la superficie terrestre.

Sebbene lo “scudo” magnetico della Terra ci offra un certo grado di protezione comunque, l’attività solare non ci è indifferente. Conseguenze sono, ad esempio, le luci del nord (o del sud), ossia le aurore polari. Queste si verificano quando le particelle solari raggiungono l’alta atmosfera ed “eccitano” gli atomi, facendoli passare a uno stato di più alta energia.

Quando gli atomi si rilassano, emettono luce in diversi colori, ad esempio rosso, verde e blu. L’attività solare inoltre, può causare sbalzi di tensione nelle lunghe linee di trasmissione utilizzate nelle reti elettriche. Un esempio in tempi vicini a noi fu il blackout elettrico del 1989 in Québec, Canada. Altri effetti possono portare ad cambiamento nella densità delle particelle nell’alta atmosfera. Ciò può causare qualche errore sui dispositivi che utilizzano il Gps. Non ultimo il fenomeno può anche portare ad un leggero riscaldamento della nostra atmosfera esterna, facendola estendere ulteriormente nello spazio.

Ciò aumenta lo spessore dell’atmosfera e ciò può far perdere di quota i satelliti e, a volte, bruciare nell’atmosfera. Uno di questi eventi ha interessato un lotto di nuovi satelliti StarLink lanciati da SpaceX nel febbraio 2022. Questo evento si è verificato quando il Sole mostrava circa la metà dell’attività che stiamo attualmente riscontrando.

Quando l’attività solare diventa più forte dunque, è più probabile che una tempesta solare possa colpirci, causando problemi elettrici soprattutto ai satelliti. Potrebbe essere necessario mettere questi veicoli spaziali in quella che viene chiamata “modalità sicura”, in cui molti sistemi sono spenti. Ciò consente loro di resistere alla tempesta. «La nostra società è in costante sviluppo in modi che ci rendono sempre più dipendenti dalle infrastrutture elettriche. Stiamo anche espandendo la nostra tecnologia nello spazio, una tecnologia che è vulnerabile se non monitoriamo il meteo spaziale e la sua fonte, il Sole», continua Brown.

Se sappiamo cosa accadrà, possiamo prepararci. Le reti elettriche vengono progettate per essere meno soggette a sbalzi di tensione e i satelliti vengono progettati per superare meglio le condizioni meteorologiche spaziali. Ma abbiamo bisogno di una comprensione più profonda della nostra stella.

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