Dopo lo storico discorso del presidente cinese Xi Jinping all’Assemblea generale delle Nazioni unite nel settembre 2020, che ha rivelato il nuovo obiettivo della Cina di raggiungere il picco delle proprie emissioni di Co2 prima del 2030 e conseguentemente arrivare alla neutralità carbonica entro il 2060, la Cina sembra essersi trasformata da problema a importante protagonista della soluzione nella lotta del nostro pianeta contro il cambiamento climatico.

Molti leader mondiali hanno accolto con favore la nuova visione climatica illustrata dal presidente Xi, pur non avendo ricevuto dettagli su come la Cina intenda trasformare questa visione in realtà. Nel frattempo la comunità internazionale ha continuato a ricevere segnali preoccupanti sui continui investimenti della Cina nel carbone, che rimane la componente principale del mix energetico del paese. Infatti, invece di ridurre la sua dipendenza da questo combustibile altamente inquinante, la Cina ha messo in funzione nel 2020 ben 38 gigawatt di nuove centrali a carbone, ammontare che equivale all’intera flotta di centrali a carbone installate in Germania. Considerando che il 2020 possa essere stato un anno difficile per la Cina per concentrarsi sul clima, la vera domanda diviene quando e come la Cina abbia intenzione di chiarire come intende raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi climatici.

Il piano quinquennale

Il documento più importante dove cercare tali dettagli è il 14° piano quinquennale che è stato presentato dal governo cinese proprio lo scorso marzo e che, però, è risultato essere al di sotto delle aspettative. Il piano presenta infatti una continuazione di trend esistenti più che un’accelerazione dell’azione per il clima.

Fortemente incentrato sullo sviluppo del settore manifatturiero (in particolare attraverso obiettivi sull’innovazione guidati da investimenti pubblici), il piano presenta una visione di «nuovo progresso della civiltà ecologica» senza menzionare tuttavia né un picco delle emissioni entro il 2025, né un tetto alle emissioni stesse.

Gli impegni illustrati rimangono vaghi e affermano solamente che la Cina continuerà a ridurre la propria intensità carbonica. In questo contesto le emissioni di Co2 del paese continueranno ad aumentare nei prossimi anni a un tasso che può essere stimato attorno all’1-1,7 per cento annuo fino al 2025. Va anche notato che il piano fa diversi riferimenti allo sviluppo del carbone, sottolineandone il suo «utilizzo pulito ed efficiente». Tali riferimenti sono coerenti con la struttura più ampia del piano, che è fortemente orientata a garantire l’autosufficienza della Cina, considerando un contesto internazionale sempre più ostile anche e soprattutto per via delle tensioni con gli Stati Uniti.

La mancanza di obiettivi specifici per il periodo 2020-25 nel 14° piano quinquennale è preoccupante, ma non rende in ogni caso impossibile raggiungere gli impegni presi del presidente Xi all’Onu. Tali impegni potrebbero ancora essere raggiunti con misure molto più severe per tagliare le emissioni nel periodo 2025-2030 o anche con interventi più decisi all’interno di questo ciclo quinquennale a livello settoriale e locale.

Nei prossimi mesi si attendono dettagli da parte del ministero dell’Ecologia e dell’ambiente in merito allo sviluppo delle energie rinnovabili e alla eventuale riduzione dell’uso del carbone. Potrebbe essere all’interno di queste misure che sentiremo finalmente parlare di un tetto all’uso del carbone per il 2021-2025.

Ma la Cina deve fare presto. Grandi studi sugli scenari climatici cinesi sono concordi nell’affermare che le emissioni dovrebbero raggiungere il picco entro il 2025 affinché il paese possa raggiungere la neutralità carbonica entro la metà del secolo. In altre parole, se le emissioni di Co2 della Cina non raggiungeranno il loro picco rapidamente, difficilmente il governo potrà tener fede ai propri impegni.

L’audace e gradito impegno del presidente Xi all’Assemblea generale delle Nazioni unite manca finora di un piano di azione dettagliato per il breve termine. Il 14° piano quinquennale era lo strumento naturale per definire questa strategia, data la sua importanza. Lasciare i compiti nelle mani dei ministeri dei governi locali rappresenta un rischio, in un paese in cui gli obiettivi fissati dal piano quinquennale centrale rappresentano la vera bussola politica. La storia economica recente della Cina indica come i governi locali spesso si focalizzino più sulla crescita economica che sull’ambiente. Speriamo davvero che stavolta sia diverso, perché solo con una Cina davvero orientata all’azione per la tutela del clima nei prossimi dieci anni il mondo può pensare di limitare l’innalzamento della temperatura media del pianeta sotto pericolose soglie d’allarme.

 

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