Gli Stati Uniti sono stati il paese più colpito al mondo dagli eventi estremi: quattro tra i dieci peggiori dell’anno sono stati nel loro territorio. In California, le prime ricerche dicono che il disastro è stato peggiore di quanto non sarebbe stato in un mondo non fossile
La fotografia degli Stati Uniti all’inizio dell’èra Trump non può che partire dagli incendi a Los Angeles, uno di quegli eventi che segneranno un prima e un dopo nella storia della città e degli Stati Uniti. Los Angeles è bruciata simbolicamente nel passaggio di consegne tra un’amministrazione attenta al clima (con tutti i suoi limiti) e una negazionista, proprio come se il territorio americano avesse voluto mandare un ultimo avviso sul futuro.
I dati degli eventi estremi
Per capire la scala del disastro incendi, dobbiamo tornare ai dati diffusi da Christian Aid sui peggiori disastri climatici globale del 2024. Gli Stati Uniti sono stati il paese più colpito al mondo da questa tassa degli eventi estremi: quattro tra i dieci peggiori dell’anno sono stati nel loro territorio. Gli uragani Milton ed Helene hanno causato rispettivamente 60 e 55 miliardi di dollari di danni.
La stima per gli incendi di Los Angeles avrà bisogno di settimane, forse mesi per essere accurata, ma le cifre più accreditate oscillano in una forchetta tra 150 e 275 miliardi di dollari di danni. A Los Angeles, sotto gli occhi del mondo, praticamente in diretta, a una settimana dall’arrivo di Trump, è successo qualcosa di irreparabile.
C’è stato un primo studio rapido di attribuzione sul collegamento tra questi specifici incendi di gennaio e il contesto del riscaldamento globale. Lo ha condotto la University of California, spiegando che si tratta della base per futuri approfondimenti. Risultato dei modelli: gli incendi di Los Angeles sono stati resi più grandi e distruttivi di quanto non sarebbero stati in un mondo non fossile.
Il “colpo di frusta”
La domanda chiave non è: ci sarebbero stati ugualmente quegli incendi? La domanda chiave è: saremmo riusciti a controllarli meglio, prima che bruciassero Los Angeles in quel modo, in un mondo non surriscaldato da carbone petrolio e gas? Secondo i primi studi, il combustibile del fuoco a disposizione degli incendi è cresciuto del 25 per cento a causa del cambiamento climatico. I due roghi di Eaton e Palisades sono stati rispettivamente il primo e il secondo peggior incendio nella storia della California meridionale.
Come è aumentato così tanto il combustibile? Si è discusso molto del cosiddetto “colpo di frusta climatico” in relazione a questi incendi: si tratta della combinazione anno dopo anno di una stagione eccessivamente piovosa (che ha fatto crescere a dismisura la vegetazione) seguita da una eccessivamente arida (che l’ha fatta seccare). Nei due inverni precedenti, la pioggia era stata il doppio delle medie stagionali, la vegetazione non era così rigogliosa da trent’anni. Poi il tracollo delle precipitazioni, con il secondo semestre più arido delle serie storiche per quel territorio per la California meridionale. Lo scenario da sogno per il fuoco.
Secondo una ricerca, pubblicata su Nature Reviews Earth and Environment, i colpi di frusta causati climatici da stagioni opposte per valori di umidità e precipitazioni stanno diventando sempre più frequenti.
Il colpo di frusta in California ha aggravato gli incendi, ma in Africa orientale ha causato una stagione delle alluvioni devastante, che ha lasciato due milioni di persone senza casa. In questo caso, la frusta ha compiuto il percorso contrario: prima la siccità – durata diversi anni – e poi le precipitazioni, che sono arrivate su un suolo che era stato reso troppo secco e duro per trattenere tutta quell’acqua, amplificandone la potenza. Lo studio pubblicato su Nature ha trovato le tracce di colpi di frusta climatici amplificati da riscaldamento globale in eventi estremi di Africa, Pakistan, Australia e Cina. I numeri del fenomeno, dalla metà del secolo scorso, sono aumentati tra il 31 e il 66 per cento.
Il meccanismo del colpo di frusta climatico è questo: un’atmosfera più calda trattiene più vapore acqueo. Questo rende le precipitazioni più intense ma aggrava anche le siccità, perché l’atmosfera riscaldata causa più traspirazione dal suolo e dalle piante. L’effetto è quello di trasformare l’atmosfera in una spugna che assorbe l’acqua dalla terra e poi la rilascia tutta all’improvviso. Mondo più caldo, spugna più capiente, guai più grandi.
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