Uno scenario inquietante. Così Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia, ha commentato le rivelazioni di Domani sull’incarico conferito a Eni per il G20: «Se confermati ufficialmente, i contenuti dell’inchiesta del quotidiano Domani tratteggiano uno scenario inquietante sulle reali intenzioni del nostro governo. Affidare a una big del gas fossile e del petrolio le trattative del tavolo ambiente ed energia del G20 è un po’ come consegnare le vittime ai carnefici».

Aziende come Eni, «che hanno grossi interessi internazionali nell’ambito del mercato delle fossili e le cui attività hanno un impatto negativo sul clima del Pianeta, non devono essere coinvolte dai governi quando questi hanno un ruolo di presidenza di importanti vertici internazionali. E certamente, come pare accadere in questo caso, non dovrebbero avere questo ruolo nei tavoli tecnici. Ne va della credibilità dei lavori».

Greenpeace sottolinea come Eni sia una delle aziende italiane con il più alto livello di emissioni di gas serra al mondo, e per l’associazione tra le realtà principalmente responsabili dell’emergenza climatica in corso: «Le sue emissioni globali sono maggiori di quelle dell’Italia. Nei suoi piani futuri, il Cane a sei zampe non prevede affatto la svolta green che sbandiera a tambur battente con spot o interventi sui media, bensì intende continuare a puntare massicciamente sul gas fossile, una delle cause della crisi climatica in corso».

L’associazione ambientalista spera in una smentita di Conte: «L’esecutivo di fatto diventerebbe complice di questo pericoloso atteggiamento, purtroppo già anticipato da altre scelte governative».

Assumendo la Presidenza del G20 «il capo di governo Giuseppe Conte aveva affermato di voler mettere persone e Pianeta tra i pilastri dell’immediato futuro», continua Iacoboni. «Eppure, alcuni progetti presenti nell’ultima bozza disponibile del Recovery plan italiano sembrano essere stati scritti sotto dettatura di Eni. Si veda la parte che destina miliardi di finanziamento pubblico a un progetto inutile e costoso come il polo di Cattura e Stoccaggio della CO2 (CCS) a Ravenna, funzionale solo a continuare a sfruttare gas fossile, e non ad avviare una vera decarbonizzazione del mix energetico di Eni. È davvero questa la svolta green a cui mira l’Italia?», conclude Iacoboni.

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