I roghi distruggono case e quartieri, in California morti e decine di migliaia di evacuati. Il cambiamento climatico porta roghi giganteschi che solo la prevenzione può contenere
Lo chiamano «fire weather», il meteo da fuoco, quello che ha creato le condizioni ideali per gli incendi che stanno assediando la contea di Los Angeles. La tempesta perfetta pirolitica è la combinazione di tre elementi: vento forte, siccità prolungata, temperature sopra la media.
Sono tre anche i roghi principali che terrorizzano la città, che hanno fatto evacuare 100mila persone, distrutto un numero imprecisato di edifici e tolto energia elettrica a oltre 200mila abitanti della zona (numeri in crescita di ora in ora). Sono disposti come in un triangolo intorno a Los Angeles: il più grande è il Palisades Fire, completamente fuori controllo e vicino alla costa, in una zona residenziale esclusiva dalle parti di Santa Monica. Il triangolo del fuoco è chiuso dall'Eaton Fire, ad Altadena, nell'interno, e dall'Hurst Fire, a San Fernando, più a nord. Il governatore della California Gavin Newsom ha dichiarato lo stato di emergenza: «Che modo infernale di cominciare l'anno», ha aggiunto. Può essere afflitto, ma non sorpreso: anche questa è una forma di nuova normalità. Dei venti incendi più disastrosi nella storia dello stato, quindici si sono verificati negli ultimi dieci anni.
Quella che stiamo osservando in queste ore è un’ulteriore mutazione degli effetti della crisi climatica sui comportamenti del fuoco. Giorgio Vacchiano, docente di ecologia forestale all'Università di Milano, lo definisce whiplash, «colpo di frusta climatico. Il 2023 è stato un anno estremamente piovoso, e quindi ha fatto crescere la vegetazione. Il 2024 è stato invece estremamente secco, quindi la vegetazione è seccata in massa».
Incendi ad alta velocità
Per un incendio non c'è niente di più desiderabile: tante piante tutte vicine che bruciano in fretta, con una marea di combustibile a disposizione. Meteo da fuoco, con venti sopra i 120 chilometri orari che permettono alle fiamme di spostarsi in fretta. «Non abbiamo ancora una correlazione tra crisi climatica e questa velocità dei venti, ma ne abbiamo sicuramente una tra crisi climatica e siccità». La California ha ricevuto meno di 8 millimetri di pioggia dal mese di maggio a oggi. In teoria nei mesi invernali le precipitazioni aumentano ma per ora non se ne vedono all'orizzonte.
A ottobre era stato l'Earth Observatory della NASA a codificare questi nuovi incendi: non più megafire, incendi vastissimi come quello raccontato nel libro L'Età del fuoco (John Vaillant, uscito lo scorso anno in Italia) che distrusse Fort McMurray in Canada, ma «fast moving fires», incendi più piccoli che però si muovono rapidi come animali, conquistando oltre 16 chilometri quadrati al giorno.
Come ha spiegato nel report della NASA Jennifer Balch, direttrice del Environmental Data Science Innovation & Inclusion Lab, «ci eravamo concentrati sulla metrica sbagliata: è la velocità del fuoco il suo aspetto più problematico, non la grandezza dell'incendio». L'incendio di Palisades in una manciata di ore è passato da avere un'estensione di quattro ettari (cinque campi da calcio) a quasi 1300 ettari. Come aggiunge Vacchiano, «il pericolo reale deriva dalla possibilità degli incendi di diffondersi velocemente su aree ampie, e non tanto o non solo dalla causa di innesco, soprattutto quando ciò accade in aree densamente abitate».
Il resto è l'impotenza dei vigili del fuoco: nella giornata di ieri i tre incendi erano ancora contenuti allo zero per cento. È il meteo che crea le condizioni per la propagazione, sarà il meteo a farle passare, perché oltre una certa soglia di intensità e di energia sprigionata, è semplicemente impossibile avvicinarsi al fuoco per spegnerlo, e anche l'acqua lanciata dagli aerei non ha più molta efficacia.
Nel report sugli eventi estremi del 2024 del World Weather Attribution, la massima autorità in tema di correlazione tra disastri naturali e cause da riscaldamento globale, si legge che «mentre un singolo incendio può essere causato da fenomeni naturali come un fulmine, o dall'attività umana, le condizioni calde e secche come quelle che stiamo sperimentando in questi anni fanno sì che le possibilità che l'incendio prenda piede e si diffonda sono più elevate, e ogni incendio sarà più difficile da controllare».
Una lezione per l’Italia
Il fuoco ha sempre fatto parte dei paesaggi naturali a margine dei quali viviamo e costruiamo le città, ma non aveva mai avuto – da quando esistono quelle città – condizioni così ideali per diventare tanto pericoloso in così poco tempo.
Giuseppe Delogu è uno dei massimi conoscitori italiani di incendi forestali, fa parte del Gruppo incendi della Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale. «Gli incendi si spengono vent'anni prima, con la prevenzione, invece purtroppo si continua a puntare sull'estinzione del fuoco, su un approccio contundente per il quale non avrai mai abbastanza uomini, acqua, tecnologia, e intanto si continua a a costruire senza una vera percezione del rischio».
Il modello virtuoso è un cambio totale di paradigma col fuoco, togliendo combustibile e vegetazione lì dove gli incendi rischiano di fare più danni a case, cose e persone, il modello delle «fire wise community», comunità che sono pronte al fuoco in modo permanente, anche perché le stagioni degli incendi sono sempre più estese.
Nelle fiamme in California c'è anche una lezione per le aree boschive italiane perché, come spiega Delogu «il vento di maestrale ha caratteristiche simili a quello di Santa Ana che ha spinto gli incendi di Los Angeles. La nostra struttura è attrezzata spegnere gli incendi piccoli, normali, ma se arriva il maestrale tutto rischia di collassare».
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