Sono circa 5mila. Ma il conto degli alberi sradicati e fortemente danneggiati in città potrebbe salire ancora. Cinquecento circa solo nei parchi cittadini. Un bollettino gravissimo a poco più di una settimana dalla tempesta che ha colpito Milano a cavallo tra lunedì 24 e martedì 25 luglio, con venti che hanno superato i 100 km/h e che, secondo il sindaco Beppe Sala, avrebbe causato danni per 50 milioni di euro.

Una perdita non solo economica, ma anche ambientale e paesaggistica, dato che ci vorranno probabilmente anni per ripristinare le alberature. Un evento che ha messo in luce la vera questione che da troppe amministrazioni viene considerata come minoritaria nella programmazione dei lavori pubblici, ovvero la gestione del verde che deve essere condotta da professionisti del settore, come agronomi, forestali e arboricoltori in primis.

Un evento certamente estremo e piuttosto raro, ma che dovrebbe portare l’amministrazione pubblica – non solo del capoluogo lombardo – a ripensare la gestione del verde pubblico. «Purtroppo l’eccezionalità di questi eventi è la nuova normalità», spiega Francesco Ferrini, professore ordinario di arboricoltura generale e coltivazioni arboree all'Università di Firenze.

Ma come è potuto accadere e, soprattutto, perché tanti alberi sono caduti o sono stati pesantemente danneggiati? Secondo Ferrini sono stati diversi i fattori in gioco: «Oltre all’eccezionalità dell’evento in sé, si deve considerare il fatto che questo sia avvenuto in un momento in cui le piante sono in piena fogliazione, quindi offrono più resistenza al vento. Inoltre molte piante erano senescenti e giunte ormai a fine vita, molte inoltre avevano un apparato radicale compromesso». 

Una visione a lungo termine

Una mancata gestione e manutenzione dunque, che ha portato molte delle piante più vecchie e già compromesse a non resistere al forte vento. «Molti degli alberi caduti probabilmente andavano tolti 15 anni fa e sostituiti con esemplari più forti», spiega Stefano Lorenzi, arboricoltore certificato Etw (European tree worker). «Ci vuole un approccio più tecnico all’albero in città, non può più essere considerato un mero complemento d’arredo ma un vero e proprio presidio sanitario e mitigatore di evento estremo».

Gli alberi e più propriamente l’intero verde urbano, deve essere progettato e pensato per plasmare la città, non il contrario. Secondo l’associazione arboricoltori, che raggruppa i maggiori professionisti che operano nel settore, «la città di Milano, dopo la notte del 24 luglio scorso, avrebbe fatto una conta degli alberi caduti meno disastrosa, se questi non fossero stati costretti, nel corso degli anni, in spazi angusti». 

Secondo gli esperti inoltre «servono piani pluridecennali su impianti e cura degli alberi con all’interno piani regolatori che tengano conto dell’esigenza di questi essere viventi. Non serve apporre la bandierina di chi ha piantato più alberi, serve capire, piuttosto, quanti ne servono, quali tipologie e dove metterli».

Non si tratta perciò di numeri, piuttosto di una pianificazione e gestione affidata agli esperti, come avviene in molte altre città europee e alcune italiane, come Torino, Bolzano, Merano, solo per citarne alcune. Serve soprattutto prevenzione: le giuste potature, effettuate negli anni da professionisti; trattamenti radicali periodici, valutazione della stabilità e la progettazione degli spazi giusti. Una collaborazione quindi tra progettisti, paesaggisti e “tecnici degli alberi”.

«L’Olanda ad esempio insegna che i nuovi alberi hanno necessità di almeno diciotto interventi nei primi cinque anni di vita, poi li si abbandona», continua Lorenzi. «Noi qui facciamo il contrario: per vent’anni non si interviene per poi lavorare in emergenza». Una pianificazione urbana coordinata e condivisa può assicurare che sia gli alberi sia le infrastrutture coesistano in modo sostenibile. Come spiega Ferrini, «quando si progettano nuove infrastrutture o si rinnovano quelle esistenti, la preservazione e l’integrazione degli alberi dovrebbero essere considerate parte del progetto».

Una risorsa non una minaccia

In un contesto climatico come quello attuale, gli alberi, ma tutto il verde urbano, saranno fondamentali per contrastare eventi estremi come le ondate di calore o le piogge torrenziali. Ma non solo. La Fao stima che gli alberi in città, se posizionati correttamente intorno agli edifici, potrebbero ridurre il fabbisogno di aria condizionata del 30 per cento circa. Nei climi più freddi, invece, potrebbero essere impiegati per proteggere le case dal vento e consentire di risparmiare l’energia utilizzata per il riscaldamento del 20-50 per cento. 

La copertura verde inoltre riduce di molto l’effetto isola di calore, ovvero quel fenomeno che porta a registrare temperature più elevate nelle aree cittadine, rispetto a quelle periferiche e rurali. Temperature elevate che hanno conseguenze importanti sulla salute: l’esposizione elevata al calore è stata infatti associata alla mortalità prematura, a malattie cardiorespiratorie e a molti ricoveri ospedalieri.

In una recente ricerca pubblicata su The Lancet il gruppo di studio ha stimato i tassi di mortalità dei residenti di età superiore ai 20 anni in 93 città europee (per un totale di 57 milioni di abitanti) nel periodo da giugno ad agosto 2015, mettendo in relazione i tassi di mortalità con i dati sulle temperature giornaliere negli ambienti più rurali o urbani di ogni città.

I risultati hanno mostrato che, nel periodo preso in considerazione, 6.700 morti premature si possono ricollegare alle temperature urbane più calde. Queste rappresentano il 4,3 per cento della mortalità totale durante i mesi estivi e l’1,8 per cento della mortalità riferita a tutto l’anno. Mortalità in eccesso che si sarebbe potuta evitare aumentando la copertura arborea in città del 30 per cento circa. «La tempesta del 25 luglio è stata un forte richiamo alla necessità di cambiamento» conclude Ferrini. «Dobbiamo riconoscere il valore degli alberi per le nostra città e investire nella loro cura e gestione».

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