Con l'Onu in una tale situazione di cronica difficoltà, la domanda che dobbiamo farci è qual è l'istituzione che oggi sta controllando la transizione, e in questo momento la risposta più accurata è: il Partito comunista cinese, con i suoi piani quinquennali, la sua capacità di spesa e controllo di quella spesa. Secondo i calcoli di Irena, Kiev potrebbe installare 16 GW di eolico e 4 GW di fotovoltaico
Secondo i nuovi dati di Irena, l'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, la crescita dell'energia pulita nel 2024 è stata del 15 per cento. Il punto, da tempo, non è più il ritmo di questa crescita energetica, ma la sua geografia: il mondo ha aggiunto 582 GW di nuova elettricità da fonti rinnovabili nel 2024, il problema è che il 71 per cento di questa crescita è avvenuto in Asia, il 12,3 per cento in Europa, il 7,8 negli Stati Uniti, mentre le briciole (2,8 per cento) sono divise tra Africa, Caraibi, America Centrale.
Come sottolineato dal presidente di Irena, Francesco La Camera, questo non è solo un problema di energia, transizione e clima, ma anche di sviluppo, e quindi di costruzione di futuro: chi parteciperà e chi sarà escluso dalla rivoluzione industriale dell'energia pulita.
Un altro dato, forse ancora più impressionante: la Cina sta attualmente costruendo il 74 per cento degli impianti utility scale, secondo un rapporto di Global Energy Monitor.
La prossima COP
Quello che era un divario, ora sta diventando una voragine: la sfida della prossima COP30 in Brasile sarà probabilmente anche questa, dimostrare che la transizione si può ancora governare politicamente in modo multilaterale, o se deve essere lasciata alle mire, ai conflitti, agli appetiti e agli umori dei singoli paesi o blocchi di nazioni.
In un recente incontro col suo gabinetto di governo, Trump ha detto che «i paesi furbi non usano l'energia eolica», era lo stesso incontro in cui veniva deciso il phase-out dei sussidi alle rinnovabili, parte del grande disegno di smantellamento della transizione iniziata con l'Inflation Reduction Act.
Con l'ONU in una tale situazione di cronica difficoltà (un mese fa abbiamo addirittura celebrato il fatto di aver trovato i pochi milioni che servono per far funzionare la convenzione Onu sul clima e le COP), forse la domanda che dobbiamo farci è qual è l'istituzione che oggi sta controllando la transizione, e in questo momento la risposta più accurata è: il Partito comunista cinese, con i suoi piani quinquennali, la sua capacità di spesa e controllo di quella spesa.
Dopo aver deciso il target di azzeramento emissioni al 2060 e il picco al 2030, dopo aver creato fin dagli anni '90 e 2000 un piano di emancipazione dalle fonti fossili che non possedeva (petrolio e gas), dopo aver visto gli USA lasciare il campo e perdere ogni reputazione climatica, ora il prossimo boccone cinese è proprio la COP.
In questi anni le rinnovabili stanno raggiungendo i combustibili fossili per capacità installata, 46,2 per cento contro 47,3 per cento.
La Cina ha di recente fissato il nuovo obiettivo: decarbonizzare i settori più difficili, in particolare la produzione di acciaio e cemento, che dovranno avere almeno un quarto di energia pulita per funzionare già nel 2026. Se la Cina riuscirà davvero a cambiare anche i settori hard to abate, avrà sfondato per prima un'altra frontiera.
Allo stesso tempo, Xi Jinping continua a promettere (in questo caso durante una visita allo Shanxi) che il carbone non deve e non sarà abbandonato, ma diventerà una fonte di energia per prodotti ad alto valore aggiunto. Sono modifiche di politica energetica che dimostrano qual è l'altro pezzo essenziale del funzionamento della transizione cinese: la sua enorme capacità di pianificare nel tempo e nello spazio.
Il futuro di Kiev
Da questa parte del mondo, il test per la capacità delle rinnovabili di diventare un nuovo standard dello sviluppo futuro è l'Ucraina. Questa settimana c'è stata a Roma la conferenza sulla ricostruzione del paese: non sappiamo ancora i confini, le condizioni, i tempi, le prospettive politiche di questa ricostruzione, ma il fatto che già se ne parli è la prova che quel processo sarà davvero una sorta di test di conflitto tra modelli e sistemi.
Secondo Irena, una ricostruzione che punti sulle rinnovabili sarebbe la soluzione più efficace e realistica. Secondo i calcoli dell'agenzia, l'Ucraina potrebbe installare 16 GW di eolico e 4 GW di fotovoltaico, e potrebbe diventare parte integrante della transizione europea, grazie alla piena sincronizzazione tra le rete che c'è stata nel 2022.
La decarbonizzazione dei settori più difficili da portare nella transizione, gli stessi su cui la Cina può già pianificare il futuro rinnovabile, per l'Europa passa anche dal trasformare l'Ucraina in hub continentale per l'idrogeno verde.
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